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PECCATI GOLOSI DA COMPIERE ASSOLUTAMENTE – La pastiera napoletana

Tempo di Pasqua, tempo di dolci.

Ma, a parte la prossima festività ormai alle porte, qual’è la ricorrenza che non viene celebrata anche attraverso vagonate di dolciumi?

A mio parere nessuna, almeno qui in Italia, patria della buona cucina, della buona pasticceria, delle ottime materie prime, del buon tutto insomma! Certo glicemia e colesterolo diventano a rischio ma, d’altra parte, come si può resistere alle nostre ricette artigianali, casalinghe e “nonnaiole” come cioccolata, torte, biscotti, pandolci e quant’altro?

La risposta è semplice: non si resiste affatto e si mangia liberamente e senza alcun senso di colpa! E perché mai privarsi del piacere di condividere cibi gustosi e “goduriosi” in allegria? La vita è una sola, tutto si può mangiare con criterio, e poi ci si mette a regime i giorni successivi. Più che altro per ridare il giusto equilibrio all’organismo. La prova costume tutto sommato, è relativa, esistono bellissimi caftani unisex, di ispirazione mediorientale, freschi, larghi e assai… coprenti.

A parte gli scherzi, voglio continuare a trattare seriamente riguardo alla nostra tradizione dei dolci pasquali, scrivendo su colei che ne rappresenta sicuramente la Regina: la prelibata Pastiera napoletana.

Esiste dolce casareccio più buono? Sicuramente, ma bisogna cercare bene…se non altro per la ricchezza di ingredienti, profumi e sapori.

Tanta opulenza e fantasia fanno pensare che le sue origini appartengano ad una cucina destinata alla corte.

Esistono leggende in merito, una delle quali narra di come la Sirena Partenope (colei che fondò Napoli, sempre secondo il mito) si fosse stabilita nel Golfo di quella città ove amava cantare con la sua voce dolcissima. Gli abitanti del luogo, per ringraziarla, la celebravano attraverso un culto, durante il quale venivano ad essa donati sette alimenti: la farina, simbolo di ricchezza; la ricotta, (abbondanza); le uova (fertilità); il grano cotto nel latte, a simboleggiare la fusione di regno animale e vegetale; i fiori di agrumi (profumo della terra campana); le spezie, omaggio di tutti i popoli; lo zucchero, per sottolineare la dolcezza del canto della sirena. Pare che Partenope apprezzasse molto questi regali, tanto da mescolarli sapientemente, creando il prelibato dolce di cui ci stiamo occupando.

A parte questa leggenda, per quanto riguarda i cibi tradizionali pasquali, sappiamo per certo che le sacerdotesse di Cerere (Demetra, dea delle messi) usavano portare in processione l’uovo come rito propiziatorio della vita nascente. Tale rito fu poi trasformato dal Cristianesimo in momento di rinascita e Resurrezione, conservando l’uovo come simbologia. Il pane di farro (altro alimento usato a Pasqua), potrebbe invece essere stato preso dalla tradizione delle nozze romane in cui esso veniva mescolato alla crema di ricotta.

Altra possibilità riguardo alle origini della nostra pastiera potrebbe essere la sua derivazione dalle focacce a base di latte e miele che si preparavano durante la veglia pasquale. Il latte e il miele, infatti, venivano offerti ai catecumeni durante il Battesimo nella notte di Pasqua.

Tante belle storie affascinanti e che fanno viaggiare la fantasia.

Il chiostro del convento di San Gregorio Armeno

Storicamente, invece, è assai più credibile la tesi secondo cui la pastiera sia nata intorno al 1500 in un convento, come è tradizione per la maggior parte dei dolci partenopei. Probabilmente il convento fu quello di S. Gregorio Armeno. Lì, chissà in quale giorno e in quali circostanze, una suora decise di dar sfogo alla sua creatività culinaria abbinando le uova, la ricotta e il grano alle spezie orientali e coronando poi il tutto con il profumo dei fiori d’arancio (che all’epoca erano molto diffusi negli orti dei conventi) presi dal proprio giardino.

Possiamo arguire che si trattasse di un convento di S. Gregorio Armeno Napoli in quanto quelle suore erano famose per la straordinaria abilità nel preparare le pastiere, che poi venivano regalate alle famiglie nobili della città.

Pare che perfino Maria Teresa d’Austria – consorte del goloso “Re bomba” Ferdinando II di Borbone- notoriamente “musona”, avesse sorriso dopo aver assaggiato una deliziosa pastiera!

Per quanto riguarda la ricetta, inutile dire che ce ne sono tantissime in quanto ognuno “se la canta e se la suona” come più gli piace.

Al di là di questo, comunque, la ricetta classica è una sola:

Per la pasta: preparazione di una frolla a base di farina, uova, strutto (o burro) e zucchero semolato da sistemare sul “ruoto” (tortiera in alluminio) Per il ripieno: latte, zucchero, ricotta di pecora, chicchi di grano, burro, frutta candita, uova, vaniglia, vanillina, scorza d’arancia e di limone, acqua di fiori d’arancio e cannella in polvere. Si fa cuocere in forno e dopo si spolvera con zucchero a velo.

Passaggio fondamentale sono i chicchi di grano messi a bagno in acqua tiepida per diversi giorni. Dopo di che si fanno cuocere insieme a latte, alla scorza di limone, zucchero, cannella, vaniglia e un cucchiaino di burro, fino a quando il grano non avrà assorbito tutto il latte (per i particolari della procedura cercare libri di culinaria).

Grano precotto o frullato, eventuale crema pasticcera al posto di uova e ricotta, sono tutte varianti sopraggiunte, da utilizzare o meno a seconda del gusto personale. Importante, invece, rispettare la tradizione nella tempistica: la pastiera va preparata il Giovedì Santo per la Domenica di Pasqua, in modo che le numerose e complesse mescolanze di sapori degli ingredienti si armonizzino fra loro per “esplodere” finalmente nel gusto unico ed inconfondibile che ben conosciamo.

Buona Pasqua!

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Data:

13 Aprile 2025

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