L’uovo… questo illustre sconosciuto, pur umilmente noto ai più! Uovo… un mondo si apre nel nostro immaginario al solo pronunciare tale termine: la vita dell’essere umano comincia, si custodisce e si sviluppa nel grembo materno, dalla forma di un uovo, generata proprio, nel suo incontro complementare, dall’ovum, principio di tutto. Nel pensare all’uovo sembra di sentire l’armonia che emana il movimento delle rotanti sfere celesti dantesche, in cui si colgono il fine, il culmine dell’incontro dei mondi dell’universo, il finito e l’infinito, il mobile e l’immobile, i tre regni (animale, vegetale e minerale) per il soffio vitale che insieme sprigionano.
L’uovo è dunque il principio dell’esistenza; pur sotto fattezze diverse, anche il mito, esemplificativo del pensiero umano ai primordi, parla di uovo cosmico in seno alla cosmogonia, interpretazione dell’origine e formazione dell’universo, il cielo e la terra che danno vita a un unico uovo. Secondo gli Egizi l’uovo era il nucleo vitale degli elementi dell’universo: acqua, aria, terra, fuoco. Gli Indù lo ritenevano quale anima del mondo, grembo d’oro. Molte varianti si conoscono, presenti in tantissime civiltà. È fuor di dubbio che l’uovo riveste una funzione simbolica, quella di rimandare alla vita, alla nascita, con un significato semantico di fertilità, fecondità, prosperità, attesa gioiosa. Proprio per augurare simbolicamente tutto ciò, in tempi ancora pagani, si scambiavano uova anche semplicemente all’avvento della primavera, per omaggiare il risveglio, la rinascita della natura con un elemento sacrale del medesimo significato. In moltissimi sepolcri sono state trovate delle uova, quale segno di ritorno alla vita.
Nel periodo cristiano l’uovo assurge ad una prospettiva di riferimento a Cristo. Il guscio solido, senza apertura, è il sepolcro di pietra, chiuso per sempre a custodire Cristo, che all’interno risorge, diventando così l’uovo il simbolo della resurrezione. La vita sboccia dentro il sepolcro, dentro il grembo, dentro l’uovo. Millenaria dunque l’usanza dello scambio delle uova, che attraverso la porosità del guscio ha assorbito in sé il senso del mutare delle civiltà nelle varie ere pur sempre mantenendo fermo l’archetipo della vita. L’uovo donato, in principio uovo di gallina, a partire dal Medioevo, nel corso dei secoli, è diventato di cioccolato. Il primo fu ordinato nel Settecento dal re Sole, Luigi XIV, al maestro chocolatier di corte. Nella lentissima divulgazione popolare, col passare dei secoli, nasce la tradizione nel 1925 di inserire dei regali al suo interno, mentre il primo uovo non commestibile perché fatto di materiali preziosi fu realizzato da Fabergè per lo zar Alessandro III.
Non si è mai interrotta fino ad oggi l’abitudine del dono dell’uovo di cioccolato dalle multiformi varietà in occasione della Pasqua, a cui si tiene da parte di tutti, immancabile nelle case con o senza la presenza di bimbi. L’uovo per Pasqua è l’albero addobbato per Natale e il dono in tali festività è legato comunque alla gioiosità dell’animo, alla reciprocità, alla solidarietà, alla bontà a cui il sentore della sacralità induce. Ecco che donare diventa un tutt’uno, pur non necessariamente con la partecipazione alle cerimonie liturgiche, con il sentire in tale periodo del rinnovarsi per tutti noi la consapevolezza della vile esecrabilità del tradimento di un Giusto, della vergognosa ignavia, colpevole di astenersi, impedendo che si condannasse un Innocente, della disumanità del sacrificio, della passione di chi si prende sulle spalle il male gigante dell’umanità, indifferente, banale, immeritevole di essere salvato.
Cristo è messo sulla croce, e muore solo senza macchia di peccato. Simbolo, tutto questo, di ciò che continua ad avvenire nel mondo, che dovrebbe essere come un immenso uovo, che custodisce al suo interno la vita, per proteggerla e donarla al respiro vitale. Oggi la guerra sembra farci rivivere la Passione, con la distruzione, la cecità, il sacrificio di innocenti, per la prepotenza e l’arroganza di chi non vuole cedere il potere, ergendosi a re dei re e chiamando, oggi non certo per trenta denari, chi è disposto a tradire il proprio fratello, condannandolo alla morte. I bambini di tutto il mondo dovrebbero gioire nel ricevere uova di cioccolato e doni, invece di bombe distruttive della loro vita, costretti a migrare, a diventare orfani, a perdere la loro infanzia, a versare per sempre lacrime che rigano i loro volti e marchiano di dolore il loro cuore. Compare così anche la consapevolezza che la forza bruta ti toglie la vita, la serenità, la casa, la famiglia, la tua identità, il diritto di essere liberi.
Cristo risorge, ma per la devastazione che la caratterizza oggi sembra lontano il periodo di resurrezione in Ucraina.
Noi tutti possiamo aiutare nel cammino di Cristo con la croce, ad alleviare la sua sofferenza, con gli aiuti, con l’accoglienza, con il non demordere a cercare di fermare la guerra, senza mai lavarcene le mani, come al contrario fece Ponzio Pilato. Essere sempre vigili, non indifferenti, scegliere, come spesso Liliana Segre ha ammonito. Fu l’indifferenza, a suo dire, a favorire il progredire del male. Occorre non abbassare la guardia, perché nella democrazia, l’indifferenza è un atteggiamento molto grave. Finora la paura di una guerra atomica è stata rimossa, basandosi sull’etica della responsabilità che al momento sembra essere sostituita da quella dell’indifferenza. La detenzione di bombe micidiali, capaci di uccidere gli uomini, dovrebbe allertare le menti umane sulla possibilità del loro annientamento, data l’attuale aria minacciosa. Bisogna credere nella possibilità che possa avvenire la catastrofe, per evitarla. Come scrive Zygmut Bauman, “Occorre convincersi che l’impossibile è possibile”. Bisogna svegliarsi, disobbedire, come ci invita a fare Carlo Bordoni, nel suo saggio Il paradosso di Icaro. Ovvero la necessità della disobbedienza, per evitare l’autodistruzione a cui si sta votando l’umanità. Smettiamo di non partecipare, nel cammino pseudoprogressista che ha fatto passare l’uomo, secondo Martin Heidegger, da “creatore del mondo” a “parassita del mondo” col suo ruolo passivo di “osservatore e consumatore del mondo”.
Salviamo quel grande uovo che è il nostro pianeta con la vita che vi pulsa dentro, facciamo risorgere come Cristo la vita nella terra martoriata dalla Passione e operiamo lo scambio dei doni, elargiamo doni materiali o immateriali nel segno della rinascita e della Resurrezione; ci accorgeremo, così, che non saremo più ricchi o più poveri economicamente ma più ricchi della cultura dell’anima, grazie alla solidarietà. Se asciugheremo le lacrime, se faremo tornare il sorriso anche di un solo bambino, festeggeremo la Pasqua con la pace nel cuore.