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PERCHE’ GLI ITALIANI SI SENTONO IMPOVERITI – La mancanza di fiducia nel futuro ha radici ben concrete

Parlando con le persone, ascoltando le conversazioni sull’auto e al mercato, si ha la chiarissima sensazione che gli italiani si sentano sempre più poveri rispetto al passato. Qui intendiamo per  italiani non coloro che hanno la cittadinanza italiana bensì   coloro che sono di origine italiana e quindi vivendo in Italia già prima dell’ondata migratoria hanno potuto valutare i cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni già avendo un punto di confronto iniziale. Si ragiona “in media” perché milioni di persone hanno invece la percezione di stare meglio perché sono effettivamente più ricchi o perché l’inflazione ne crea l’illusione.

Prendiamo ad esempio il valore reale delle case, al netto dell’inflazione. Un  articolo del 26 maggio 2023 su  soldiexpert.com è chiarissimo: il valore reale delle case in Italia negli ultimi 15 anni si è dimezzato!

La diminuzione del valore delle case non è dovuta solo all’aumento delle tasse sugli immobili, ci sono anche altre cause. Per evitare la bancarotta dell’Italia, i governi Monti- Letta- Renzi (Silvio Berlusconi ha lasciato appena in tempo, ma questa fu una ulteriore prova della sua genialità) hanno provocato un vero e proprio stravolgimento sui patrimoni degli italiani; hanno eliminato un secolo di sicurezza, con il mito della ripresa attraverso la deregolamentazione, i licenziamenti, la flessibilità. Un’azione era inevitabile per non far crescere ulteriormente il debito pubblico, anche se ancora non inizia a ridursi, ma gli ultimi governi e anche nel 2024 si sono scaricati i costi di questa frenata  sulle solite vittime, le classi povere.

Nel giro di qualche anno la proprietà di un immobile si è trasformata, ieri un elemento  di sicurezza, un investimento il cui valore non poteva che crescere, oggi un bene “da reddito”, e se il reddito è negativo lo stesso bene diventa un fardello di cui liberarsi prima possibile, da ciò la crescita delle case passate a “rudere”.

La stessa imposta di registro, che un tempo era una barriera alla vendita, viene confrontata con le imposte annuali e se risulta minore di quanto si verrebbe a spendere nei prossimi anni, non lo è più. Il “mattone” era la sicurezza d’Italia, è stato la leva scelta dai partiti di centro per “de proletarizzare” gli italiani e quindi togliere voti alla sinistra di allora ma, se “il mattone” si sgretola, si torna proletari e i proletari non spendono, non consumano, sopravvivono.

Secondo alcune stime della Banca d’Italia una variazione di 1.000 miliardi del patrimonio immobiliare basta a provocare una variazione di 20-25 miliardi nei consumi annui, e tale variazione è tendenzialmente più pronunciata se è una perdita (come negli ultimi anni) piuttosto che un guadagno (come prima del 2007). È come dire che la riduzione dei consumi legata al crollo dei prezzi delle case supera il cosiddetto “bonus” di Renzi. Commette un errore  chi crede che il “prezzo di mercato” abbia un valore sempre crescente: se nessuno vuole più comprare case allora il

prezzo scenderà fino al prezzo di costruzione, e poi non si costruiscono più case (basti guardare i moltissimi borghi abbandonati che stanno lentamente crollando). Esistono certo differenze di

zona: nelle zone densamente popolate le case servono ancora, ma nelle zone spopolate, dove la percentuale di case vuote è altissima, è già arrivato il crollo dei prezzi e del numero di vendite.

Né, se si vuole che gli italiani riprendano coraggio e tornino a spendere, si può portare avanti la soluzione semplicistica di ridurre in modo radicale e ovunque l’impianto complessivo della tassazione sulla casa,  perché bisognerebbe prima capire  “dove” compensare il mancato gettito.

Sembra quasi assurdo, ma ogni soluzione che sia apprezzata proposta da tanti “economisti” sui media si riduce a togliere il prelievo da una parte,  senza preoccuparsi mai di dove recuperare da un’altra (le classi oggetto del maggior prelievo potrebbero innervosirsi…), e ogni soluzione

proposta trascura le differenze, ragionando sempre “in media”, aggiungendo provvedimenti grossolani a provvedimenti irriflessivi, cercando di aggirare gli ostacoli della decisione complessa e dello scontento degli elettori che dovrebbero pagare di più.  I continui tagli reali alla sanità pubblica hanno portato a una situazione esplosiva, ma hanno consentito di non aumentare quanto sarebbe stato necessario il prelievo fiscale complessivo.

Anche per questa ragione gli italiani non hanno fiducia in questa classe dirigente.  Non è che non abbiano “fiducia nella politica”, affermazione vaga che ha solo l’effetto di trasformare in sentimento immotivato ciò che invece è un comportamento molto razionale. No, gli italiani (coloro le cui famiglie da generazioni sono italiane, perché gli stranieri arrivati recentemente compiono altre valutazioni) non  hanno fiducia in un gruppo di persone  trasversali a quasi tutti i partiti.  Molti membri della  classe dirigente sono ovviamente politici, di partiti ben determinati, e ovviamente molti di questi politici sono stati, sono o saranno al governo. Esistono pur sempre persone in cui la gente ha fiducia; esistono politici onesti, laboriosi, preparati, che non si sono arricchiti e non hanno piazzato figli, nuore e nipoti, che meritano fiducia; ma sono percepiti come lodevoli eccezioni.

Se si vuole dare una speranza di uscita positiva da questa crisi, occorre passare al microscopio alcuni motivi “negativi”, e cercare di ricavarne motivi “positivi”; e occorrerebbe ridiscutere le scelte analizzando anche le opzioni più complesse, qui faremo solo una sintesi, con tutti i difetti delle sintesi, di cui ci scusiamo fin d’ora.

La crescita dei consumi si riflette in crescita economica interna solo nella misura in cui i consumi sono interni, relativi a merci prodotte in Italia, o servizi realizzati in Italia da italiani. Ogni euro  speso, inviato o trasferito all’estero è un danno, pertanto ogni azione tesa a ridurre il più possibile questo flusso è benefica. Si obietterà che l’Italia deve essere un’economia “aperta”, ma se quest’apertura complessivamente la danneggia (come l’ha già danneggiata) allora non è più nell’interesse degli italiani. La pressione fiscale deve quindi essere adeguatamente modulata.

Prendiamo ad esempio un settore quasi totalmente d’importazione: hardware informatico e

licenze software. Possiamo fare qualche ipotesi ma poi occorre tener conto dei vincoli internazionali che l’Italia si è impegnata ad osservare, spesso a suo danno. Per accordi presi in sede internazionale, l’Italia non deve ostacolare in modo esplicito la competizione commerciale ma … può farlo con gli stessi metodi usati da altri Paesi. Un’accisa pesantissima su questi prodotti di fatto danneggerebbe solo produttori esteri, né causerebbe un calo dell’occupazione interna. Idem per il settore auto: i veicoli fabbricati in Italia sono ormai una percentuale così ridotta che probabilmente sarebbe possibile finanziare la disoccupazione causata da un’accisa sulle auto di lusso con l’accisa stessa. Le rimesse  all’estero degli stranieri  sono generate dai rapporti di cambio, e possono essere tassate tanto pesantemente quanto possibile. E di esempi simili se ne potrebbero fare altri. Come per

il mare è fatto di gocce, così la  somma di tanti piccoli provvedimenti crea gettito.

La seconda causa di generazione di sfiducia, la riduzione del debito pubblico, è inevitabile. Anche se si volesse tornare alla lira, e alle svalutazioni competitive, ciò sarà possibile solo quando il ritorno di valuta da euro a lira sarà gestibile senza danni, il che presuppone un debito pubblico tremendamente più basso dei 3.000 miliardi di euri attuali e perfettamente sotto controllo. La stalla è stata aperta, i buoi sono scappati, e la stalla  non potrà essere richiusa finché non saranno stati riacchiappati, rimessi dentro, e ben legati con le catene. Se l’entità del rimborso del debito pubblico è tale da deprimere l’economia, la crescita potrà essere generata solo con la crescita delle esportazioni e la diminuzione delle importazioni, e la riduzione dell’esportazione di valuta. Provvedimenti fiscali sui prodotti d’importazione (prevalente) vanno in questo verso, così

come i provvedimenti fiscali sull’esportazione di valuta (ad es. le rimesse all’estero degli stranieri, o i viaggi all’estero). Agevolare le esportazioni invece richiede una serie di provvedimenti per

agevolare le imprese esportatrici che, non potendo essere sotto forma di aiuti di Stato,

dovranno essere di natura normativa; fino a includere provvedimenti tali da escludere

queste imprese dai normali controlli della UE e degli accordi commerciali internazionali, come già avviene per le industrie del settore Difesa.

E’ il libro dei sogni. Compensare la mancanza di fiducia nella classe dirigente richiede (richiederebbe) che la classe dirigente non fosse  composta dalle stesse persone di adesso, o degli ultimi 30 anni, e loro discendenti, e che agisca in modo da ispirare fiducia. Vale a  dire crei stabilità e non incertezza,

occupazione e non disoccupazione, tutele e non flessibilità, ostacoli all’immigrazione e

non facilitazioni, taglio dei redditi alti e non dei redditi bassi. Né deve angariare i contribuenti onesti attribuendo loro redditi impossibili in conformità a stime improbabili. Un politico disse  che “verso i dipendenti pubblici avrebbe voluto usare la mazza da baseball!“. Se fosse stato detto

da un qualunque cittadino a un altro cittadino il primo sarebbe stato passibile di denuncia per minacce, qui invece è solo sceso un silenzio imbarazzato; forse perché un serio silenzio era il commento migliore!

Se con quest’approccio alla comunicazione si crede di costruire un clima di fiducia che

faccia crescere la domanda interna, allora evidentemente oggi il significato della parola “fiducia” è stato rovesciato. Pensare di costruire un clima di fiducia, e rilanciare la domanda interna, spargendo

disoccupazione, miseria e minacce è talmente irrealistico che c’è da stupirsi non perché sia fatto (non tutti gli uomini hanno lo stesso quoziente d’intelligenza), ma perché nessuno sembra abbia il coraggio di esprimersi rilevando quanto sia assurdamente controproducente!  L’economia è una scienza che studia il comportamento degli uomini per soddisfare i propri bisogni, non studia atomi inerti, e gli uomini reagiscono in modo veramente prevedibile e coerente alle assurdità: per un

po’ le seguono, ma poi reagiscono. La soluzione per creare fiducia è agire al contrario di come i Governi stanno facendo da decenni. La  proposta di assunzioni nella scuola (anche se fossero state per i neoassunti con retribuzione inferiore all’attuale) era ottima: avrebbe dato una sicurezza a un milione di  persone. Il problema afferisce quindi  strettamente alle scelte di politica economica.

E’ anche non applicabile  “qualunque” imitazione di modello altrui, che sia spagnolo, tedesco,

francese o altro. Ad esempio esistono differenze insuperabili: nessun paese UE “gode”, come l’Italia, di ben cinque mafie di origine italiana. Nessuno dei  paesi europei evoluti “gode” del caos sociale italiano, dove è prassi assumere in nero e i controlli sono contemporaneamente troppi  (su chi non può sfuggire, perché di origine italiana  italiano residente in Italia e magari a reddito fisso) e troppo pochi. Nessuno dei paesi UE  ha una classe dirigente verso cui la sfiducia popolare sia alta come lo è in Italia, e se ce l’ha non ha certo brillanti prospettive . Nessuno di questi paesi ha zero

strategia e si atteggia contemporaneamente a “buoni sta” verso gli ingressi illegali come noi. L’Italia ha già copiato soluzioni di altri paesi, italianizzandole e spesso trasformandole in ulteriori problemi; i provvedimenti da prendere vanno allora presi e inseriti nel “modello italiano”, non ipotizzando di

essere in un altro paese. Entrare nell’euro, supponendo che “come negli altri Stati UE” questo avrebbe automaticamente comportato una maggior serietà dei politici italiani (fatte sempre salve le eccezioni) è stato per l’Italia un errore costosissimo.

I governi italiani hanno sfruttato per decenni la possibilità di creare debito pubblico (che avrebbe  poi dovuto essere restituito) e usare i contributi previdenziali (che sarebbero poi dovuto essere restituiti anch’essi, e come valore reale) per ottenere moneta da ridistribuire senza gravare sulla fiscalità generale.  Moneta che adesso deve essere ripagata (il debito) e ridistribuita (a chi ha versato

contributi previdenziali che ha diritto di ricevere la stessa moneta in termini di valore “reale”, non secondo indici d’inflazione  farlocchi). Ma non si fa perché questo implicherebbe un’operazione di “recupero” fondi gigantesca, con un sistema fiscale di una progressività mai vista finora.

Il clima di sfiducia è stato costruito con una sequenza  di scelte negative,  mentre le campagne mediatiche erano e sono sempre state piene di ottimismo; ma le scelte economiche “vere” si fanno

ragionando sui fatti, non sulle emozioni.

Un clima di “vera” fiducia non si costruirà con altre campagne di comunicazione mediatica, né con parole e messaggi scelti da creativi di professione (ieri alcuni, oggi altri), né con proposte semplicistiche, ma con serietà, pacatezza, tenace concretezza e rispetto della verità.

Alberto Perotti

Data:

21 Novembre 2024

One thought on “PERCHE’ GLI ITALIANI SI SENTONO IMPOVERITI – La mancanza di fiducia nel futuro ha radici ben concrete

  1. Sui motivi del calo di valore del mattone ci aggiungerei il malfunzionamento del catasto, degli uffici tecnici comunali; oltre al fenomeno delle occupazioni illegali di appartamenti, senza che le forze giudiziarie e dell’ordine facciano abbastanza per garantire i proprietari.

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