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Perché il CBD non è uno stupefacente: dal produttore CBDMANIA al TAR del Lazio che salva la filiera nazionale

(Adnkronos) –
Latina, 27/09/2024 – Il braccio di ferro tra il TAR del Lazio e il Governo Meloni in merito al divieto di vendita della cannabis light non conosce fine. Risale al dicembre 2023 l’ultima sentenza governativa del Ministero della Salute che equiparava il CBD alle sostanze stupefacenti e, di conseguenza, ne vietava il commercio, ponendo un disastroso freno per l’intera filiera produttiva italiana. Fin da subito i produttori nazionali e più alti esponenti dei settori agricoli si sono sollevati contro questo decreto che attribuiva al cannabidiolo CBD gli stessi effetti psicotropi tipici, invece, del tetraidrocannabinolo THC. Fra questi c’era il produttore CBDMania, che da anni sul suo portale https://www.cbdmania.it chiarisce tutti i motivi per cui il CBD non può rientrare tra le sostanze psicotrope e psicoattive. Cannabis light: stop al divieto di vendita E finalmente, nei giorni scorsi, il Tar del Lazio ha sospeso, per la seconda volta in meno di un anno (la prima sospensione del provvedimento risale allo scorso ottobre), l’assurdo decreto che, di fatto, condanna il CDB e danneggia profondamente l’economia della filiera produttiva di canapa sativa in Italia. Dietro al provvedimento del Governo, secondo quanto argomentato e sostenuto dai coltivatori di canapa light ma anche dal collegio dei giudici del TAR, infatti, si nascondeva più una scelta ideologica che una cognizione di causa scientifica. Scelta che ha messo a rischio, bloccando la filiera per quasi un anno, centinaia di aziende impegnate nel settore e migliaia di lavoratori in Italia. 
Inserire le composizioni orali contenenti cannabidiolo CBD nella tabella dei medicinali con sostanze psicotrope o stupefacenti è un errore sotto vari punti di vista. Il primo, e quello che più hanno premuto a sottolineare i produttori di CBD, è il grave danno economico e sociale che l’applicazione del decreto Schillaci avrebbe comportato. Ritenendo lecita solamente la coltivazione delle parti meno pregiate della cannabis light, l’intero settore della canapa industriale in Italia avrebbe – ed ha, a causa del lungo blocco – subito una grossa perdita economica, con perdita di materie prime e posti di lavoro. Il secondo è legato alla natura stessa del cannabidiolo, che poi riguarda anche il fulcro della questione sulla legittimità del decreto, che verrà discussa il prossimo 16 dicembre al tribunale amministrativo del Lazio. Il CBD, infatti, non provoca effetti psicoattivi e non crea dipendenze, ma agisce sul sistema endocannabinoide regolando vari processi fisici e cognitivi. In pratica, il CBD non è psicoattivo, non nuoce alla salute dell’organismo ma, al contrario, è molto utile per ridurre episodi di ansia e depressione, per alleviare il dolore, attenuare i processi infiammatori, favorire il sonno e migliorare l’umore. Nella cannabis light è presente una percentuale di CBD fino al 20%, mentre la quantità di THC è ben al di sotto della soglia considerata rischiosa. Ostacolare la filiera della canapa e l’uso dei suoi derivati non psicoattivi, inserendo il CBD nella tabella dei medicinali del Testo unico sugli stupefacenti, senza fornire “una risposta chiara e diretta” in merito ai rischi associati al consumo di CBD – secondo quanto dichiarato nella relazione tecnica depositata dai coltivatori di canapa light – è un’azione troppo dannosa e basata su “affermazioni generiche”. Ed è impensabile accettare che un governo si riferisca a infiorescenze di canapa sativa a basso contenuto di THC (non superiore allo 0,2%) definendole “prodotti che favoriscono alterazioni dello stato psicofisico”. La stessa Organizzazione mondiale della Sanità si è espressa in merito alla “pericolosità” del CBD, ritenendolo “non psicoattivo e privo di evidenza di dipendenza o abuso”. L’OMS, inoltre, aveva già raccomandato alla Commissione droghe dell’ONU di chiarire che le “preparazioni farmaceutiche che contengono meno dello 0,2% di THC non devono essere sotto il regime di controllo delle convenzioni Onu”. CBD: i principali benefici Oltre alle già citate principali proprietà del CBD, questo cannabidiolo apporta notevoli benefici all’organismo. I benefici del CBD vengono sfruttati come integrazione alle terapie mediche. Quelli al CBD, infatti, non sono farmaci ma sono delle sostanze in grado di dare grande sollievo in molte circostanze mediche. Gli effetti benefici del CBD più noti sono associati al miglioramento del benessere della persona che lo assume. Infatti sono conosciuti i benefici legati all’attenuazione del dolore, alla riduzione delle infiammazioni, alla stabilizzazione dell’umore, alla stimolazione dell’appetito e al rilassamento del sistema nervoso. Il motivo è legato alla capacità del CBD di attivare percorsi molecolari cerebrali che danno sollievo e frenano il rilascio di alcuni ormoni come l’ossitocina e il cortisolo, rispettivamente responsabili dello stress e delle alterazioni del metabolismo. Il CBD è, dunque, una sostanza stimolante, energizzante, ma anche rilassante, che favorisce e regola l’equilibrio psico-fisico di chi lo utilizza. 
Per informazioni: 
https://www.cbdmania.it/contattaci
 —immediapresswebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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27 Settembre 2024

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