(Federica Mochi) – Se ne è andato in Belgio, facendo le valigie assieme ad alcuni esponenti del suo governo orami destituito, lasciando Madrid in sospeso, in attesa di intercettare le sue prossime mosse. Carles Puigdemont, l’ex President della Generalitat catalana, secondo i media spagnoli, avrebbe lasciato Barcellona per volare a Bruxelles, dove nel corso del pomeriggio dovrebbe intervenire pubblicamente. Una tattica per evitare il carcere? O solo l’ennesima strategia per prendere tempo? Ufficialmente, Puigdemont dovrebbe essersi recato in Belgio per incontrare alcuni esponenti dei partiti fiamminghi, ma questo viaggio a sorpresa ha dato a molti l’impressione di una fuga.
Oggi sono state formalizzate le accuse di ribellione, sedizione e appropriazione indebita dal procuratore generale José Manuel Maza, che ha chiesto per Puigdemont ed esponenti del suo governo l’incriminazione. Che sia questo ad averlo indotto a recarsi in Belgio? Certo, le accuse nei suoi confronti sono pesanti, e prevedono pene detentive dai 15 ai 30 anni di carcere. Non è ancora chiaro quali saranno le prossime pedine che Puigdemont deciderà di muovere sul complicato scacchiere spagnolo. Quel che è certo, però, è che per il leader catalano destituito, il percorso inizia a diventare pieno di ostacoli.
La sedizione, scrive ‘El Pais’, è disciplinata dall’articolo 544 e seguenti del codice pensale spagnolo ed è punibile con una pena fino a 15 anni di carcere per chi si ribella “tumultuosamente e pubblicamente” prevenendo con la forza o fuori dai canali della legalità l’applicazione della legge. La reclusione, da quattro a otto anni per qualsiasi cittadino che commette questo tipo di reato, aumenta fino a 15 anni per le autorità che guidano la rivolta pubblica.
L’accusa di ribellione, invece, comporta pene detentive fino a 30 anni di carcere per i leader di insurrezioni “pubbliche e violente” che hanno come obiettivo quello di abrogare, sospendere o modificare la Costituzione. Stessa pena per chi dichiara l’indipendenza di una parte del territorio nazionale. Un reato, scrive il quotidiano spagnolo, per il quale nel 1981 furono puniti guardie civile e militari accusati del colpo di Stato.
Mentre Madrid nel frattempo sceglie la linea del “minimo intervento” per gestire la giornata, potenzialmente esplosiva, del commissariamento del governo catalano, Puigdemont sembra continuare a sfidare il governo centrale. Prima di recarsi in Belgio, stamattina su Instagram il President destituito aveva postato la foto del cortile di un palazzo gotico, facendo credere a molti che si trovasse nel Palau de la Generalitat.
Russiagate, ai domiciliari l’ex capo campagna Trump
Sono rispettivamente da dieci e cinque milioni di dollari le cauzioni, fissate per Paul Manafort e Rick Gates, incriminati oggi nell’ambito dell’inchiesta sul Russiagate e per i quali sono stati disposti gli arresti domiciliari. Lo riferiscono i media americani.
Sono 12 i capi di imputazione contro Manafort, compreso quello di cospirazione contro gli Stati Uniti ha riferito l’ufficio del procuratore speciale, Bob Mueller, che ha anche fornito una copia, con diversi omissis, dell’atto di incriminazione dell’ex manager della campagna di Trump e del suo ex socio Rick Gates, che lo scorso aprile è stato rimosso dalla guida del gruppo pro Trump America First Policies. Accuse definite ridicole dall’avvocato di Paul Manafort che sostiene non ci sia “alcuna prova di collusione con i russi“. “Penso che tutti oggi si sono resi conto che quello che Donald Trump ha detto è corretto, non vi è alcuna prova che Manafort ha agito in collusione con il governo russo,” ha detto l’avvocato Kevin Downing ai giornalisti fuori dal tribunale.
Dal documento emerge che i due sono stati incriminati per riciclaggio, per aver operato come lobbisti di Paesi stranieri senza essere registrati, per aver ingannato il governo riguardo alla natura della loro attività di lobbying in favore di Paesi stranieri e per aver rilasciato false dichiarazioni. Poi ci sono sette capi di imputazione per non aver presentato i documenti appropriati relativi a conti finanziari all’estero.
L’ufficio di Mueller ha rilasciato i documenti dopo che Manafort e Gates si sono consegnati all’Fbi.
Finito da subito nel mirino degli investigatori di Mueller per i suoi sospetti contratti di consulenza con l’ex presidente filorusso ucraino Viktor Yanukovych, l’ex manager della campagna di Trump ha in precedenza negato ogni irregolarità nei pagamenti ricevuti da Kiev, o nei conti aperti in paradisi fiscali off shore e nelle diverse transazioni immobiliari, che hanno anche attirato l’attenzione dell’Fbi.
A compromettere la sua posizione sarebbero stati i documenti emersi da un libro paga segreto del Partito delle Regioni che provano come la società di consulenze di Manafort ha ricevuto oltre 12 milioni dal partito filorusso tra il 2012 e il 2014.
Un segnale del fatto che l’attenzione degli inquirenti si stava concentrando intorno a Manafort era arrivato lo scorso 26 luglio quando, all’indomani quindi della sua deposizione, a porte chiuse, di fronte alla commissione intelligence del Senato, agenti dell’Fbi avevano condotto un plateale blitz all’alba nella sua casa di Alexandria per sequestrare documenti e altro materiale.
Questo sviluppo segna una svolta netta nell’inchiesta di Mueller, dal momento che per la prima volta finiscono agli arresti due ex membri della squadra elettorale di Trump. Un portavoce della Casa Bianca ha detto che l’amministrazione Trump “potrebbe non avere nulla da commentare” riguardo a queste incriminazioni. Oltre alle interferenze russe con le elezioni, e le possibili collusioni con il governo russo da parte della campagna elettorale di Trump, Mueller ha anche il compito di indagare su possibili azioni condotte dall’amministrazione per intralciare il corso della giustizia, in particolare riguardo al licenziamento del direttore dell’Fbi James Comey.
Donald Trump ribadisce che “non c’è stata collusione” fra la sua campagna e la Russia, dopo la formalizzazione delle prime accuse da parte dello ’special counsel’ che indaga sul Russiagate, Robert Mueller. “Mi dispiace ma sono cose relative ad anni fa, prima che Paul Manafort facesse parte della campagna di Trump”, ha scritto il presidente americano.
“Non siamo preoccupati”. Le accuse contro Paul Manafort e Rick Gates sono “gravi” ma non riguardano la campagna elettorale di Donald Trump. Lo ha affermato alla Cnn Jay Sekulow, avvocato del presidente americano, commentando gli sviluppi del Russiagate. “Non credo che qualcuno sia sorpreso delle accuse siano arrivate oggi. Le aspettavamo da mesi”, ha aggiunto il legale, ribadendo di essere “completamente convinto” che non c’è nessuna collusione e nessuna ostruzione. “Trump non interferirà” con l’indagine del Procuratore Speciale Robert Mueller. Quanto a George Papadopolous, ex collaboratore volontario della campagna di Trump, il legale ha sottolineato che nel suo caso “il reato è stato quello di aver mentito sui tempi” delle sue conversazioni con i contatti russi, piuttosto che sulle conversazioni stesse.
Intanto un altro consulente della campagna presidenziale di Donald Trump, George Papadopoulos, ha ammesso di avere mentito all’Fbi riguardo ai suoi contatti con la Russia. In particolare l’ex consigliere per la politica estera ha incontrato un professore con legami con il governo russo per avere informazioni che avrebbero potuto danneggiare la rivale democratico Hillary Clinton di Trump. Papadopoulos si è quindi dichiarato colpevole per aver reso false dichiarazioni e di aver omesso del materiale durante un interrogatorio con gli agenti dell’FBI avvenuti nel mese di gennaio nell’ambito delle indagini sul Russiagate del procuratore speciale Robert Mueller. Papadopolous ha mentito all’Fbi “sui tempi, l’estensione e la natura dei suoi rapporti e della sua interazione con certi stranieri che aveva capito avere strette connessioni con alti dirigenti del governo russo”, si legge negli atti giudiziari.
’Hitler fuggito in Sudamerica’, file Cia apre il caso
L’ex dittatore tedesco nazista Adolf Hitler sarebbe sopravvissuto alla Seconda Guerra Mondiale e fuggito in Sud America. E’ quanto rivela uno dei file della Central Intelligence Agency (Cia) desecretato nei giorni scorsi e ora disponibile online per tutti.
Secondo quanto riportato dal documento in questione, un agente della Cia in Sudamerica, nome in codice Cimleody-3, avrebbe avuto notizie abbastanza certe della presenza in Colombia del dittatore tedesco nella metà degli anni cinquanta.
“Cimelody-3 – si legge – è stato contattato il 29 settembre 1955 da un amico di fiducia che ha servito sotto il suo comando in Europa e che attualmente risiede a Maracaibo. L’amico di Cimelody-3 ha affermato che durante l’ultima parte del settembre 1955, Phillip Citroen, ex ufficiale delle SS, gli ha detto in via confidenziale che Adolph Hitler è ancora vivo. Citroen ha sostenuto di aver avuto un contatto con Hitler in Colombia durante un suo viaggio da Maracaibo verso quel Paese come impiegato della Knsm (Royal Dutch) Shipping Co. Ha poi sostenuto che Hitler ha lasciato la Colombia per l’Argentina introno a gennaio del 1955”.
Al memo è allegata una fotografia, nella cui didascalia sul retro si legge testualmente ’Adolf Schrittelmayor, Tunga, Colombia, America del Sud, 1954’. Seduto accanto a lui quello che dovrebbe essere l’ex ufficiale delle Ss, Phillip Citroen.
Innegabile la somiglianza del volto nella fotografia con il leader nazista, che i libri di storia vogliono morto suicida all’interno del suo bunker di Berlino nel 1945 insieme alla moglie Eva Braun. Ad alimentare la tesi della cospirazione anche il fatto che nel continente sudamericano, e in Argentina in particolare, trovarono riparo decine di alti gerarchi nazisti fuggiti dalla Germania mentre il Terzo Reich cadeva in macerie.
Ci sono però i dubbi. Nel documento della Cia infatti, al primo punto, l’agente Cimelody-3 sottolinea di “non essere nella posizione di dare una valutazione d’intelligence dell’informazione, che è stata trasmessa perché di possibile interesse”.