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Piano Junker: un New Deal per l’Europa?

La Commissione europea guidata da Jan Claude Junker ha finalmente presentato le linee guida del piano di investimenti da 300 miliardi per rilanciare la crescita e l’occupazione del vecchio continente. Siamo di fronte ad un New Deal europeo? Certamente no. Ne sono certi i gruppi politici dei socialisti francesi ed italiani, molto scettici sulla reale capacità di invertire la rotta alla rigida Europa dell’Austerity.

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Il piano Juncker per gli investimenti non piace per niente ai socialisti di Hollande e di Renzi, tanto da mettere in difficoltà i precari equilibri da larghe intese all’interno del Parlamento Europeo. La delegazione degli eurodeputati francesi non le ha mandate certo a dire al neo Presidente della Commissione Ue.

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Signor Juncker, tutto questo non è sufficiente”- hanno scritto in una nota i rappresentanti transalpini della “gauche”. “E’ chiaro che il piano è sotto dimensionato dal punto di vista delle risorse per poter apportare quello di cui l’Europa ha tanto bisogno”. Insomma, “sappiamo che questo primo piano Juncker non sarà sufficiente, e dovrà essere completato e migliorato”.

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A fare sponda dalle coste del Belpaese ci pensa il capo delegazione del PD al Parlamento Europeo Patrizia Toia: “Nel piano – lamenta – c’è un grande limite di cui dobbiamo essere consapevoli: il nucleo di risorse che metterà l’Europa è troppo piccolo per far partire il tutto”. Si tratta, rimarca Toia, di risorse “a nostri giudizio troppo poche per costituire un pacchetto di garanzie sufficienti per far scattare una leva significativa”, e dunque questa parte del piano “va corretta e aggiustata se vogliamo davvero dare una scossa e far partire ciclo espansivo investimenti”.

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Junker, però ha rimarcato che l’Europa sta girando pagina dopo anni di sforzi per promuovere la credibilità fiscale e le riforme“. Scuola, trasporti, sanità e efficienza energetica. Sono alcuni dei campi su cui interverrà il Piano di investimenti che il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker ha presentato a Strasburgo: “Penso a un bambino di Salonicco che deve entrare in una scuola moderna, con i computer, penso – ha detto Juncker – ai servizi ospedalieri, penso al pendolare francese che potrà andare al lavoro in tram, risparmiando la benzina, migliorando la qualità dell’ambiente“.

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I contributi degli stati saranno fuori dal deficit e dal debito”. Il piano di investimenti europeo basato sulla Bei mobiliterà 315 miliardi perchè “ogni euro investito ne genererà 15“, aggiunge Juncker. Il presidente della Commissione indica che dovrà essere “operativo entro giugno 2015” e che la scelta dei progetti sarà affidata a “esperti” con lo scopo finale, afferma Juncker, di “drenare denaro verso i paesi che più hanno sofferto per la crisi”.

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Dall’Italia il Ministro Pier Carlo Padoan ha reso note tutte le sue perplessità: “Confesso che devo ancora vedere i dettagli del disegno del fondo di Juncker”, aggiungendo che “il Governo italiano non ha ancora esaminato ipotesi di conferire risorse al fondo perché non sappiamo come funziona”. Secondo Padoan ci sono soprattutto “due questioni che devono essere chiarite al cento per cento”. Per prima cosa, secondo il responsabile del Tesoro, bisogna capire “quale sarà l’implicazione dal punto di vista del rispetto del patto di stabilità e crescita dei bilanci nazionali degli Stati che contribuiranno al fondo”. Juncker ha già chiarito, anche oggi davanti al Parlamento europeo, che i finanziamenti dei Paesi membri al fondo non saranno computati al fine del calcolo di deficit e debito ma sulla “questione che va sotto il nome di flessibilità io non ho visto nessun documento, né ufficiale né ufficioso”, ammette Padoan.

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29 Novembre 2014