Dylan Thomas e Marica Roberto, pur provenendo da epoche e contesti distinti, condividono un’intensa esplorazione delle tematiche legate all’amore, alla perdita e alla lotta contro l’inevitabilità della morte. Entrambi gli autori affrontano la fragilità dei legami umani e l’impatto emotivo della separazione, anche se lo fanno attraverso lenti e stili poetici diversi.
La poesia di Thomas, “Non andartene docile in quella buona notte” rappresenta un appassionato invito a resistere alla morte, esprimendo una forte tensione emotiva e un desiderio di affermare la vita anche di fronte all’inevitabile. Questa tensione si riflette in un linguaggio ricco di immagini potenti e in un ritmo che incarna la lotta e la determinazione.
D’altra parte, “A mio padre” di Marica Roberto si concentra su un’esperienza intima e personale, in cui il tema della perdita si manifesta attraverso una vulnerabilità profonda. La poetessa, con un linguaggio delicato, riesce a esprimere la nostalgia e il desiderio di connessione, evidenziando come l’assenza di una figura amata possa lasciare una cicatrice emotiva duratura.
Mettere a confronto queste due poesie permette di mettere in luce come, in modi diversi, entrambe affrontino la complessità delle emozioni umane. Mentre Thomas si batte contro l’oscurità e l’inevitabilità della morte, Roberto esplora la dolcezza e il dolore della memoria. Questo dialogo tra le loro voci poetiche offre una riflessione profonda sulla resistenza e sulla vulnerabilità, sottolineando l’importanza dei legami e dell’amore in tutte le sue forme.
Dylan Thomas
Dylan Thomas è un poeta e scrittore gallese nato il 27 ottobre 1914 a Swansea, in Galles. È considerato una delle figure più influenti della poesia del XX secolo, noto per il suo stile lirico e musicalità unica. La sua opera esplora temi di amore, morte, natura e il complesso rapporto tra l’uomo e il divino.
Dopo aver lasciato la scuola all’età di 16 anni, Thomas iniziò a pubblicare poesie su riviste locali, guadagnandosi rapidamente una reputazione nel panorama letterario britannico. La sua raccolta di poesie più celebre, “18 Poems” (1934), presenta un linguaggio innovativo e immagini vivide che riflettono le sue esperienze personali e la sua visione del mondo.
La sua vita è stata segnata da una lotta costante con l’alcolismo e da difficoltà economiche, ma nonostante ciò, ha continuato a scrivere e a viaggiare, partecipando a letture e conferenze in tutto il mondo. Tra le sue opere più significative ci sono “Deaths and Entrances” (1946), che include alcune delle sue poesie più iconiche, e “The Poems of Dylan Thomas” (1957), una raccolta completa delle sue opere.
Thomas è noto anche per la sua prosa, con opere come “A Child’s Christmas in Wales”, che cattura l’essenza dell’infanzia gallese. La sua scrittura ha influenzato molti poeti e autori successivi, rendendolo un punto di riferimento fondamentale nella letteratura contemporanea.
Dylan Thomas morì prematuramente il 9 novembre 1953 a New York, ma il suo lascito poetico continua a ispirare lettori e scrittori in tutto il mondo.
La scelta
In “Non andartene docile in quella buona notte” Dylan Thomas affronta il tema universale della lotta contro la morte e il passare del tempo, offrendo un’intensa meditazione sulla condizione umana. Attraverso un linguaggio ricco e vibrante, l’autore invita il lettore a riflettere sulla fragilità della vita e sull’importanza di combattere fino all’ultimo respiro. Ogni verso si fa portatore di un messaggio di resistenza, esortando a non cedere mai alla rassegnazione. La figura del padre emerge come simbolo di autorità e vulnerabilità, rappresentando il legame indissolubile tra generazioni e l’eredità emotiva che ci lascia chi ci ha preceduto. Con la ripetizione della frase “non andartene docile,” Thomas crea un ritmo ipnotico che amplifica l’urgenza della sua richiesta. Le immagini di luce e oscurità si intrecciano, creando un contrasto potente che cattura l’essenza della lotta umana: da un lato, il desiderio di vivere intensamente; dall’altro, la consapevolezza dell’inevitabile fine. La poesia diventa così un canto appassionato, un invito a cercare la bellezza anche nei momenti più bui e a riconoscere il valore del combattimento per la vita.
La poesia di Dylan Thomas si conclude con una potente invocazione, un richiamo alla resistenza che trascende il semplice atto di vivere. “Non andartene docile in quella buona notte” non è solo una riflessione sulla morte, ma un inno alla vita e alla lotta per essa, sottolineando l’importanza di affrontare l’inevitabile con coraggio e dignità. Le immagini di stelle e meteore ci ricordano che, anche di fronte all’oscurità, c’è una scintilla di luce che può brillare intensamente. L’autore ci esorta a non cedere alla disperazione, ma piuttosto a trovare la forza di combattere con tutte le nostre forze. La sua poesia ci invita a riconoscere la bellezza e il significato che possono emergere anche nei momenti più difficili, trasformando il timore della fine in un abbraccio alla vita stessa. In questo modo, l’opera continua a risuonare nel cuore di chiunque abbia mai affrontato il proprio destino, rivelando che la lotta per la vita è, in definitiva, un atto di amore e di speranza, capace di connettere anime e trascendere il tempo.
Marica Roberto
Marica Roberto, siciliana di nascita e calabrese d’adozione, si trasferisce a Milano per intraprendere il percorso di attrice alla Scuola di Teatro di Strehler. Dopo otto anni di lavoro al Piccolo Teatro, dove affina il suo talento e la sua sensibilità artistica, si laurea in Architettura.
Nel 2011, fonda la Compagnia Attori&Musici, un collettivo nel quale scrive e mette in scena i propri testi, esplorando temi che riflettono la sua esperienza e la sua visione del mondo. La sua dedizione alla drammaturgia le vale il Premio Anima Mundi di Drammaturgia al femminile, e si distingue come finalista al Premio Tragos e al Premio internazionale La Clessidra.
Parallelamente, la poesia inizia a occupare un posto sempre più importante nella sua vita. Inizialmente vissuta come un fatto privato, si evolve attraverso letture pubbliche e partecipazione ai Poetry Slam, che la portano a competere alle finali regionali del Lazio nell’agosto 2022. Oggi Marica vive a Roma, continuando a esplorare la scrittura e l’arte come mezzi di connessione con le emozioni e le esperienze umane.
La scelta
L’autrice offre un’intensa riflessione sul legame tra genitori e figli, evocando emozioni profonde e complesse legate alla figura paterna. Attraverso una scrittura evocativa e personale, Marica Roberto esplora la vulnerabilità e la nostalgia, rivelando una vulnerabilità che risuona in ogni verso. La figura di Manfredi emerge non solo come un padre, ma come un simbolo di protezione e presenza che si fa sentire anche in assenza. L’immagine iniziale di “abbracciarti” introduce un desiderio inappagato, un bisogno di contatto che sottolinea la mancanza e il vuoto lasciato dalla sua assenza. L’uso di metafore forti, come quella della pinza incapace di chiudersi, suggerisce la difficoltà di gestire il dolore e l’amore, rappresentando una lotta interiore tra il desiderio di riunione e la realtà della separazione. La poesia diventa così un viaggio intimo, in cui il ricordo del padre si intreccia con esperienze di vita, rivelando il delicato equilibrio tra la memoria e il presente, tra il desiderio di possesso e l’impossibilità di afferrare il passato.
La poesia “A mio padre” ci invita a immergerci nella complessità delle relazioni familiari, mettendo in luce come l’amore possa persistere anche in assenza. L’immagine delle “braccia sfiorite di bambina” rappresenta una dolcezza nostalgica, un ricordo di un tempo in cui il contatto era possibile, ma anche un’amara consapevolezza della crescita e del cambiamento. Le “apparizioni senza carne” parlano di ricordi e visioni che si manifestano senza mai poter essere completamente afferrati, simbolizzando la fragilità della memoria e il modo in cui i legami affettivi si trasformano nel tempo. Attraverso la sua poesia, riesce a catturare l’essenza di una relazione che, pur essendo segnata dalla distanza, è intrisa di un amore eterno. La sua scrittura diventa così un omaggio poetico a chi ci ha preceduto, una celebrazione della bellezza del legame paterno che, nonostante la separazione fisica, rimane indelebile nel cuore. “A mio padre” è una riflessione su quanto possa essere potente l’amore che ci lega, anche quando sembra sfuggirci, sottolineando l’importanza di riconoscere e custodire quei legami che ci definiscono e ci accompagnano nel nostro cammino di vita.
La lontananza fisica necessaria da una persona che si ama così tanto è, a volte, inevitabile, ma qui si percepisce come una lotta con la realtà che non permette l’abbraccio. La difficoltà di accettare tutto questo traspare fortemente e quasi crudamente da questi versi. Colpisce molto. Davvero bella.