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Processo penale,’alleggerite’ sanzioni a toghe (Altre News)

Processo penale, in ddl ’alleggerite’ sanzioni a toghe

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Una nuova formulazione delle previsioni di sanzioni disciplinari per i magistrati che non rispettano i tempi dei processi, che modifica i termini più severi contenuti nelle precedenti stesure. Il disegno di legge delega di riforma del processo penale, approvato ieri sera dal Consiglio dei ministri, contiene un generale ’ammorbidimento’ della previsione dei casi in cui si configura il rischio di incorrere in sanzioni per i magistrati.

In un caso, per il mancato rispetto dei “6 mesi previsti per definire il ricorso in Appello in caso si impugnazione di una sentenza di condanna” si configura un “illecito disciplinare” che però entra in vigore dal 2024. Si legge nel testo: “Il dirigente dell’ufficio giudiziario è tenuto ad adottare le misure organizzative idonee a consentire la definizione nel rispetto del termine”, il cui mancato rispetto “se il fatto è dovuto a negligenza inescusabile’” può configurare un illecito disciplinare. Una disposizione che però è previsto entri in vigore “in data non anteriore al 1 gennaio 2024, al fine di consentire la preventiva valutazione d’impatto delle modifiche introdotte con i decreti adottati”.

Nessun differimento dell’applicazione delle sanzioni, invece, nel caso dell’obbligo per il pm di depositare gli atti e avvisare l’indagato e la difesa, che possono prenderne visione e averne copia, se entro tre mesi dalla scadenza dei tempi non notifica l’avviso di conclusione delle indagini o non chiede l’archiviazione; e anche per il rispetto dei termini generali di durata dei processi, i 4 o 5 anni a seconda se siano davanti al giudice monocratico o collegiale. Nel primo caso si dice che “la violazione da parte del pubblico ministero integra un illecito disciplinare quando il fatto è dovuto a negligenza inescusabile”. Nel secondo il ddl prevede che “il dirigente dell’ufficio sia tenuto a vigilare sul rispetto” e “a segnalare all’organo titolare dell’azione disciplinare la mancata adozione delle misure organizzative quando imputabile a negligenza inescusabile”.

Strage Erba, appello ’Iene’ a Bonafede

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Le ’Iene’ tornano ad appellarsi al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per nuove incongruenze nel procedimento sulla strage di Erba, durante la quale, l’11 dicembre 2006, vennero assassinati a colpi di spranga e coltello tre donne e un bambino: Raffaella Castagna e suo figlio di due anni Youssef, la nonna del bambino Paola Galli e la vicina del piano di sopra Valeria Cherubini. Antonino Monteleone e Marco Occhipinti hanno infatti scoperto che, a “occuparsi per la Procura delle intercettazioni date alla difesa di Rosa Bazzi e Olindo Romano per la strage di Erba, c’è una società il cui 40% è costituito da una società anonima svizzera: una circostanza che sarebbe assolutamente vietata dalla legge”.

Tra l’altro, secondo le Iene, “a pesare ancora di più su tutta questa vicenda è l’assenza di un gran numero di intercettazioni”. “Un anno fa – ricordano – eravamo stati dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, portandogli i brogliacci che attestavano le mancanza di numerosi giorni di intercettazioni. Il ministro, esaminate le carte, aveva subito inviato gli ispettori alla Procura di Como”. Ma “le risposte date dagli ispettori al ministro non spiegano tutte le anomalie riscontrate in quelle intercettazioni, soprattutto quando si trovano dei brogliacci a cui corrispondono delle intercettazioni, cioè dei files audio che non si trovano più”. E poi “c’è un’altra questione che fa sorgere sospetti sulle intercettazioni mancanti di Rosa e Olindo: chi si è occupato, per conto della Procura di Como, di assemblare quelle intercettazioni in un cd da dare alla difesa in visto del processo?”

Da qui il nuovo appello a Bonafede: “Ministro perché una Procura si è avvalsa di una società che non sappiamo fino in fondo a chi appartiene nonostante sia vietato dalla legge? è possibile scoprire chi c’è dietro a quella società? era autorizzata ad operare nonostante il divieto di intestazione fiduciaria? Ma soprattutto che fine hanno fatto e cosa c’è su tutte quelle intercettazioni che ancora, nonostante l’ispezione del suo ministero, non si trovano?”.

“Ho fatto un figlio al 41 bis”, le rivelazioni del boss

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(Elvira Terranova) – “Non racconterò mai a nessuno come ho concepito mio figlio mentre ero al carcere duro, perché sono cose intime mie. Dico solo che non ho fatto niente di illecito, ci sono riuscito ringraziando anche Dio e sono rimasto soddisfatto. Non ho chiesto alcuna autorizzazione, ma ho approfittato della distrazione degli agenti del Gom…” A dirlo, collegato in videoconferenza, è il boss mafioso Giuseppe Graviano. Di più non vuole aggiungere il capomafia di Brancaccio. Dice e non dice. Ma ci sono le intercettazioni a raccontare quanto sarebbe accaduto nel 1996. “Io tremavo, lei era nascosta ni robi ( tra la biancheria, ndr). E dormivamo nella cella assieme, cose da pazzi. Tremavo, tremavo”, questo aveva raccontato Graviano al compagno di cella, non sapendo di essere intercettato in carcere dai magistrati del processo “Trattativa Stato-mafia”. Un figlio concepito mentre era al 41 bis, cioè al carcere duro.

“Vedi che fare il figlio nel carcere, questo per me è stato un miracolo”, aveva detto ancora come hanno registrato le cimici in carcere. All’epoca, il boss e il fratello Filippo Graviano erano detenuti all’Ucciardone, per partecipare ad alcuni processi. Ci furono complicità eccellenti? Non si è mai saputo. Oggi Graviano si limita a parlare di “distrazioni del Gom”. E ci tiene a sottolineare che “i politici non c’entrano niente…”.

Fino a pochi anni fa si pensava che Giuseppe Graviano e suo fratello Filippo avessero fatto ricorso all’inseminazione artificiale. Invece, erano riusciti a organizzare una notte d’amore all’Ucciardone. “Mi sentivo che tutti mi prendevano per pazzo. Pure mia moglie, con tutta la sua famiglia. Tutti, tutti che mi prendevano per pazzo. Ma quando ci sono riuscito ed è uscita incinta mi è finito quel tremolizzo…”, aveva detto nelle intercettazioni.

Anche Filippo Graviano è riuscito a diventare padre in carcere. Si chiamano tutti e due Michele i figli dei boss, come il nonno, ucciso a Brancaccio. E quando il pm gli legge alcuni passaggi si innervosisce e dice imbarazzato: “Dottò, ma perché mi deve leggere queste cose? Cosa c’entrano con il processo. Non interessa niente a nessuno…”. E aggiunge: “Si figuri se andavo a raccontare ad estranei quello che facevo con mia moglie”, e mette in dubbio le trascrizioni delle intercettazioni.

E oggi racconta al Procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo: “Sono venuti tanti colleghi a chiedere, non venivano autorizzati i permessi”. Insomma, ribadisce che ci è riuscito grazie a una “distrazione” di alcuni agenti del Gom. Poi racconta la sua storia d’amore con la moglie Bibbiana. “Quando cominciai a ricevere le ordinanze di custodia cautelare per gli omicidi di Salvo Lima e del procedimento Agate +59 con imputazione di stragi, Libero Grassi, ero con la mia allora fidanzata in barca sul lago. E le dissi: “Vatti a fare la tua vita”. Ma lei non ne ha voluto sapere niente. Anche quando venni arrestato le dicevo dal carcere di farsi la sua vita”.

“Invece lei è voluta restare con me e così le dissi di preparare i documenti e di sposarci – racconta ancora Giuseppe Graviano – E ci siamo sposati. Ma certo non dormivamo in cella assieme, come è stato scritto”. E spiega: “I miei figli non dovevano nascere in Italia e infatti sono nati in Svizzera”.

Muore investita da auto, alla guida figlia 15enne

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Potrebbe essere l’involontaria conseguenza di un litigio la tragica morte di una donna, investita da un’auto a Giulianova (Teramo). Alla guida in quel momento c’era la figlia di 15 anni. La ricostruzione della dinamica dell’accaduto ad opera dei Carabinieri di Giulianova e degli agenti della Polizia Locale è ancora in corso, ma sembra che madre e figlia stessero litigando e che la donna stesse cercando di far scendere la ragazza dall’auto.

La minorenne era al posto di guida e la madre vicino allo sportello aperto della vettura: era inserita la retromarcia e l’auto si è messa in movimento, la donna è così finita sotto le ruote della vettura. Inutili i soccorsi da parte del 118. La ragazza è sotto choc.

Pax mafiosa a Ostia, arrestati Salvatore Casamonica e l’avvocato Gargano

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Salvatore Casamonica, esponente apicale dell’omonimo clan e l’avvocato del Foro di Roma, Lucia Gargano “in concorso tra loro e con Fabrizio Piscitelli alias ’Diabolik’”, il noto capo ultrà ucciso il 7 agosto 2019 al Parco degli Acquedotti, “hanno contribuito concretamente al perfezionamento di un accordo finalizzato a stabilire la pace fra il clan mafioso Spada e un altro gruppo criminale operante a Ostia capeggiato da Marco Esposito, detto ’Barboncino’, contribuendo in tal modo a conservare la capacità operativa degli stessi Spada”.

È quanto emerso dalle indagini, coordinate dalla Dda e condotte dagli specialisti del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Roma, che all’alba ha fatto scattare l’operazione della Gdf che ha portato agli arresti di Salvatore Casamonica (già al 41-bis) e dell’avvocato Gargano per il reato di concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso.

Monitorando sul territorio l’evolversi di diverse trattative criminali, i finanzieri e i loro undercover hanno intercettato, in presa diretta, Salvatore Casamonica e ’Diabolik’ mentre concordavano la pax mafiosa tra il clan Spada e l’organizzazione che fa capo a Barboncino. Per siglare e mantenere l’accordo, i due ’garanti’, che intercettati dicono ’’io e te ci stiamo mettendo in mezzo per fare da garanti eh!…’’, avevano però bisogno del supporto di un professionista quale trait d’union con libertà di movimento, credibile agli occhi degli altri criminali e con possibilità di accesso alle aule di Tribunale e agli istituti carcerari.

Secondo quanto ricostruito la pace da imporre sul litorale di Ostia si inseriva in un momento storico particolarmente complesso per il clan Spada, dovuto allo stato di detenzione dei propri vertici: Ottavio Spada detto ’Marco’ e Roberto Spada (per il fermo conseguente all’aggressione del giornalista della RAI Daniele Piervincenzi), alle limitazioni cui era soggetto il capo indiscusso della consorteria, Carmine Spada detto ’Romoletto’ (sottoposto all’obbligo di dimora e vittima di due tentati omicidi nel novembre del 2016) e al fatto che i capi e numerosi sodali del clan Fasciani, federati agli Spada, erano detenuti da anni.

Proprio per il momento di difficoltà del clan Spada, l’organizzazione riconducibile a ’Barboncino’ aveva intenzione di ’’riprendersi’’ Ostia con atti di forza e di alto impatto sulla cittadinanza. In appena tre giorni sono stati eseguiti tre distinti atti intimidatori nei confronti di persone del gruppo criminale o vicine agli Spada. In particolare il 23 novembre 2017 sono stati gambizzati Alessandro Bruno e Alessio Ferreri, fratello di Fabrizio, cognato del detenuto Ottavio Spada. Due giorni dopo, il 25 novembre, alcuni colpi di arma da fuoco vengono esplosi contro la vetrina del bar ’Music’ a Piazza Gasparri a Ostia, riconducibile a Roberto Spada. Infine lo stesso 25 novembre altri colpi d’arma da fuoco sono stati esplosi in via Forni contro la porta di casa di Silvano Spada, nipote del boss Carmine detto ’’Romoletto’’ e di Roberto Spada, nonché organico al clan.

“Salvatore Casamonica e Lucia Gargano ricoprivano il ruolo di plenipotenziari del clan Spada con lo scopo, poi realizzato, di porre fine agli atti intimidatori perpetrati nei confronti del sodalizio, mentre Fabrizio Piscitelli rappresentava gli interessi del gruppo capeggiato da Marco Esposito detto Barboncino’’, scrive il gip Corrado Cappiello nell’ordinanza con cui ha disposto i domiciliari per Gargano e emesso un’ordinanza cautelare in carcere per Salvatore Casamonica, già detenuto. L’avvocato ’’svolgeva il ruolo fondamentale di trait d’union tra Carmine Spada detto Romoletto e Fabrizio Piscitelli, i quali non potevano incontrarsi perché il primo era sottoposto ad obbligo di dimora nel comune di Roma e il secondo a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Grottaferrata”.

Secondo gli investigatori, il 13 dicembre 2017, l’avvocato Gargano è giunta in un ristorante a Grottaferrata (Roma) dove, di lì a poco, sarebbe iniziata la riunione illecita, a cui erano presenti anche Salvatore Casamonica e Fabrizio Piscitelli, suscitando lo stupore di uno dei presenti, che intercettato dice: ’’Ho paura di tutti questi delinquenti che stanno a questo tavolino l’avvocato, mamma mia che coraggio che ha! Mamma mia in mezzo a tutti questi scatenati’’.

Ma, come riporta il gip di Roma nell’ordinanza, ’’la presenza dell’avvocato non era affatto casuale’’, tant’è che Casamonica e ’Diabolik’ iniziano a parlare della necessità di avviare il processo di pacificazione fra le due fazioni egemoni nel territorio di Ostia solo quando il professionista giunge nel locale. ’’Salvatore Casamonica e Piscitelli fungevano dichiaratamente da ’garanti’ dell’accordo che sarebbe stato raggiunto’’. Diabolik, intercettato dice: ’’Sui miei ti metto tutte e due le mani sul fuoco. Il sì deve essere sì e il no deve essere no!’’.

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15 Febbraio 2020