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QUAL E’ LA MALATTIA DEL SECOLO?

cms_289/01_aosta_ospedale_gente_in_attesa.jpgMilano, istituto nazionale dei tumori fondazione IRCCS. Senza alcun dubbio uno dei poli d’eccellenza nel settore visto che funziona egregiamente sin dal lontano 1928. La sala prenotazioni è gremita di gente che attende fiduciosa. Per mia fortuna sono qui esclusivamente per svolgere il mio lavoro. Leggo sul volto degli astanti una sensazione di malcelato terrore. Sulla professionalità della struttura medica nulla da eccepire, racconta qualcuno, ma per quanto concerne i rapporti con l’utenza vi sarebbero diverse cose da dire. Una signora cinquantenne, in fondo alla fila, mi fa segno di avvicinarmi. Ha il volto paonazzo e, vedendomi intabarrata e con diverse macchine fotografiche professionali, intuisce quale possa essere la mia professione. Mi fa cenno di avvicinarmi a lei e si lascia andare in uno sfogo amaro ma legittimo. Mi racconta della sua disavventura. Mi spiega la drammaticità di chi vive questa amara condizione e mi descrive la paura che attanaglia il paziente in attesa degli esiti delle biopsie. Tra donne, spesso, ci si capisce con lo sguardo, metto in funzione il registratore, l’ascolto con molta attenzione e riporto “testualmente” quanto riferitomi.

cms_289/images.jpgNon sono pazza, non sono ubriaca, non sto scherzando ed è tutto vero.Una premessa obbligata: quello che mi è successo riguarda direttamente qualcosa come due milioni e mezzo di persone e indirettamente circa sette milioni e mezzo di esseri umani. Tanti, infatti sono gli italiani “coinvolti” nell’incubo di un tumore. Dunque non è una questione personale. Ma vengo ai fatti..Ai primi di novembre mi sono sottoposta ad esami che faccio quasi ogni anno, avendo subito, dal 2005 al 2009, due interventi di tumore: uno al seno e uno al colon. Ultimamente, mezz’ora dopo un esame di controllo, mi danno il referto che risulta, per mia fortuna, negativo. Mi consigliano, per maggior tranquillità, di attendere il risultato definitivo della biopsia. A tal proposito mi consegnano un foglietto con un numero di telefono al quale rivolgermi dopo una decina di giorni e più precisamente dal lunedì al venerdì dalle 14,00 alle 16,00 per avere la conferma della disponibilità del referto istologico. Psicologicamente sono giù di morale. L’attesa è snervante e ogni attimo mi sembra un ora, ogni ora un giorno ed ogni giorno…lungo più di un secolo. Faccio passare i terribili e fatidici 10 giorni e un martedì alle 15,50 chiamo e mi viene detto che il mio referto è pronto. A questo punto chiedo se il mattino successivo potrei passare a ritirarlo. Mi rispondono che per “motivi amministrativi” fino alle ore 14 del lunedì successivo non potrò ritirarlo. Ancora sei giorni di lunghissima attesa. Perchè mi impediscono di sapere se ho di nuovo un tumore? Vorrei almeno una spiegazione, Non dico logica ma almeno di buonsenso. Cerco di spiegarle che il disagio e la paura che affliggono l’esistenza di una mamma ammalata di tumore rappresenti una spada di Damocle per tutta la famiglia.Chiedo, cortesemente, alla signora che mi ha risposto al telefono se potesse quanto meno comunicarmi l’esito del referto. Giustamente mi vien detto che questa operazione a lei non è permessa. Ha ragione, ed io non posso che mettere giù la cornetta e fare delle semplici e amare riflessioni. Vuoi vedere, mi chiedo, che il ”responsabile” di questo ospedale non sia al corrente di quello che succede nella sua azienda? Oppure che non si preoccupi di controllarne gli sviluppi. Forse il “soggetto” lo sa, ma non si renda conto che una persona malata di tumore, fino a quando non ha tra le mani un referto, vive, si fa per dire, giorni di tensione e di terrore. Tutti lo capirebbero, tranne il “burocrate” in questione..! Mi creda non ce l’ho con nessuno in particolar modo, a meno che, questo “istituto di ricerca” non stia studiando gli effetti che ha ” la crudeltà mentale “ sui poveri malati tumorali? Mi perdoni se l’ho disturbata, ma avevo necessità di raccontarlo a qualcuno. In famiglia devo continuare a dimostrare una forza ed un coraggio che, per onor del vero, mi hanno abbandonato da parecchio. Purtroppo devo sorridere e dimostrarmi tranquilla agli occhi dei miei figli, ma in cuor mio…Con gli occhi arrossati per le lacrime si allontana incupita. Anche se mi volge le spalle, posso immaginare il suo volto pieno di rabbia contro le stramaledette formule burocratiche italiane. Altri pazienti in attesa, fanno cenno con la testa e sembrano condividere lo sfogo ma, per paura, abbassano semplicemente lo sguardo. I regolamenti hanno valenza reciproca. Non vorrei che alcuni diligenti-dirigenti antepongano le necessità personali al senso di civile umanità. A volte accade.

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Data:

1 Giugno 2014