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Quando ad assumere droghe è nostro figlio. Di chi è la colpa?

Da quando è morto Lorenzo Toma, non si parla altro che dell’uso occasionale o abuso di droghe da parte degli adolescenti. Lorenzo di soli 19 anni è deceduto alla fine di una nottata passata al Guendalina di Santa Cesarea, nel Salento, dopo aver assunto una bevanda definita “killer”. L’autopsia pare abbia rivelato problemi cardiaci congeniti e ancora non è certo se la causa del decesso sia stata completamente naturale o se alimentata dal consumo di quella bevanda contenente droghe.

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Di soli pochi giorni prima era stata la notizia sconvolgente di Lamberto Lucaccioni, il 16enne morto per ecstasy al Coccoricò di Riccione, un’altra tragedia in discoteca. Tema scottante quello delle pasticche capaci di sballare e far perdere il controllo come scottante è stato il commento del sindaco di Gallipoli che sui social network rimprovera con parole dure i genitori , che, secondo lui, se non sono capaci di controllare i figli, non dovrebbero neanche procrearli.

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Ma è proprio così? Sono davvero i genitori a non sapersi occupare dei loro figli o sono i figli tanto fragili quanto astuti da eludere i controlli fornendo false informazioni personali e sui loro amici? Quello di allevare e guidare i figli è un compito gioioso e difficile che non s’impara e non si studia, ma che si tramanda con l’esempio ricevuto dalla famiglia e dall’ambiente che ci circonda. Ogni epoca porta in serbo le sue trasgressioni, dall’alcol all’abbigliamento scomposto, dalla violenza all’uso di droghe, leggere o pesanti che siano.

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Il comune denominatore di tutte le trasgressioni è il bisogno di non sentirsi soli, di essere integrati in un gruppo che accolga, e che faccia sentire parte di una piccola comunità. La trasgressione è solo il passo successivo , e allora bere, o assumere pasticche , specie quando a consigliarlo sono persone che si ritengono di fiducia, come proprio gli amici, diventa naturale o addirittura emozionante.

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Ma certe trasgressioni hanno piacere un amaro retrogusto di dipendenze, malumori, conflitti con la famiglia, e danni fisici di diversa entità. Giochi pericolosi in cui si sfida la sorte, si pensa di essere invincibili e di poter diventare adulti prima del tempo. Il bisogno di compagnia a volte supera l’amore incondizionato e le regole di un genitore che spesso sono sufficienti a coprire la necessità di complicità e intimità con ragazzi e ragazze della propria età.

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Ogni genitore desidera il meglio per il proprio figlio e le attribuzioni di colpe, come quelle del sindaco di Gallipoli, sono da calibrare molto saggiamente prima di essere pronunciate, specie quando non si conosce una famiglia e non si comprende gli sforzi che ci sono dietro per allevare, probabilmente nel miglior modo possibile, uno o più figli. D’altro canto, ognuno è artefice del proprio destino, delle proprie scelte e delle conseguenze che ne derivano. L’amore e la cura di un genitore non hanno molto a che vedere con scelte sbagliate o bravate spesso interpretate per sentirsi leader fra gli amici. Non esistono colpe se non quelle individuali di chi consuma volontariamente prodotti rischiosi per la propria salute.

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Per tanti ragazzi che si perdono in leggerezze o percorrono strade pericolose, ricordiamo tutti quei ragazzi che inoltre aiutano, soccorrono, creano, si impegnano e continuano ad offrirci motivi di esempio e fierezza. I giovani vogliono sentirsi unici, speciali e capaci di realizzare i loro primi e significativi sogni. Diamo loro l’opportunità di concretizzarli, puntando sui loro talenti e capacità. Questa allora può essere una concreta soluzione per scoraggiare atteggiamenti auto-lesionistici. Opportunità che possono e non devono essere offerte solo dalla famiglia ma soprattutto dalla società, in cui un giorno gli stessi ragazzi potranno portare benefici e vantaggi.

Data:

15 Agosto 2015