La decisione commerciale che ha diviso l’Europa contro la Cina
Il 4 ottobre 2024 si è tenuto il Comitato di difesa commerciale dell’Unione Europea. I rappresentanti dei 27 Stati membri hanno votato per approvare la proposta della Commissione europea di imporre nuovi dazi sulle importazioni di veicoli elettrici (EV) prodotti in Cina. Per l’approvazione diretta dei nuovi dazi serviva la maggioranza qualificata del 55% degli Stati membri [15 Stati] e il 65% della popolazione dell’Unione (art. 238 TFUE). La stessa maggioranza era però necessaria per respingere la proposta.
Purtroppo la maggioranza assoluta non è stata raggiunta per nessun esito. Infatti, tra i 27 Stati, 10 hanno votato a favore, 5 contro e 12 sono astenuti. Sebbene i voti non siano stati pubblicati, le posizioni di alcuni di questi sono state notificate. Tra i paesi a favore dei nuovi dazi, sono presenti l’Italia, l’Olanda e la Francia, mentre tra i contrari sono presenti l’Ungheria e la Germania. Dunque, si può affermare che il 4 ottobre l’Europa si sia divisa. Di conseguenza, la decisione finale adesso dovrà essere presa, entro il 30 ottobre 2024, dalla Commissione europea nell’ambito della politica commerciale esclusiva dell’Unione (art. 207 TFUE).
Ma come si è arrivati al 4 ottobre?
Si è arrivati al culmine di una tensione commerciale tra Cina e UE. La tensione è sorta con la Cina dopo che i veicoli elettrici prodotti dalle Compagnie cinesi (principalmente) sono arrivati a costituire un quarto del mercato europeo (al 2023, gli EV cinesi occupavano il 25% del mercato). Considerato l’output gap (mancanza di competitività) che caratterizza l’Unione rispetto a paesi come gli Stati Uniti e la Cina, una tale presenza nel mercato unico è stata considerata un rischio strategico. La Commissione europea ha dovuto valutare il rischio concreto di concorrenza sleale per l’industria automobilistica europea (con circa 14 milioni di impiegati) che si trova a competere con imprese cinesi sussidiate dal governo del Dragone.
Allora, il 4 ottobre 2023, la Commissione ha disposto un’investigazione per valutare l’esistenza e il pericolo di eventuali sussidi. L’investigazione ha concluso che le industrie cinesi beneficiano di sovvenzioni statale, il cui risultato è un danno economico per i produttori europei di “prodotti simili” (cioè i concorrenti). Inoltre, la Commissione ha sottolineato che tali sussidi rientrino tra le pratiche di concorrenza sleale, condannando la Cina. Infine, dal 4 luglio 2024 la Commissione ha disposto dazi compensativi provvisori, mentre ha richiesto agli Stati membri, e in via residuale a sé stessa, di adottare misure compensative definitive entro il 30 ottobre, 12 mesi dopo la sua apertura. Contestualmente, l’Unione ha contattato la Cina per negoziare una soluzione, senza far scoppiare una guerra commerciale, sia bilaterale che nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).
Effetti sulla situazione commerciale tra UE e Cina
La Cina già aveva condannato l’investigazione iniziata dall’UE come un atto protezionistico, negando la presenza di sussidi. Anzi, aveva anche minacciato contromisure nei settori agroalimentari (nello specifico di prodottilattiero-caseari, brandy e carne di maiale). Adesso che il rischio di dazi compensativi è accertato, la situazione si aggrava ulteriormente.
Infatti, i dazi che la Commissione potrebbe integrare entro il 30 ottobre determinerebbero un aumento significativo delle tariffe da pagare per tutti quegli esportatori di EV in Europa, seppur in maniera eterogenea, per i prossimi 5 anni: per esempio Tesla dovrebbe pagare il 7,8%, BYD il 17%, Geely il 18,8%, SAIC il 35,3%. Queste percentuali già particolarmente elevate andrebbero però sommate all’aliquota presente su tutti i prodotti che vengono importati nel mercato europeo, già il 10% del valore.
In principio, sembrerebbe allora che l’Unione voglia mantenere una politica di contenimento del pericolo costituito dalla concorrenza cinese con un approccio rigido. La dichiarazione della von der Leyen sul non voler accettare che prodotti cinesi sussidiati creino delle distorsioni sul mercato è piuttosto chiara ed esplicita. Pragmaticamente, però, bisognerebbe considerare che la concorrenza delle imprese cinesi risulta pericolosa perché più competitiva. Allora, questa situazione dovrebbe sottolineare ulteriormente uno dei temi più cruciali di cui si deve occupare l’Unione oggi, cioè la competitività europea. Riprendendo il recente rapporto di Draghi, l’Unione deve colmare l’output gap e rendersi più competitiva sui mercati internazionali. Tuttavia, raggiungere quest’obiettivo ha un costo, sia in termini di bilanci che di consenso.
Cosa succede nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio?
In risposta all’indagine sui sussidi e i dazi compensativi decisi dall’Unione nel settore dei veicoli elettrici, il 14 agosto 2024, la Cina ha presentato un reclamo presso l’OMC, iniziando la procedura di risoluzione delle controversie dell’OMC. Normalmente, questa prevede una prima fase di consultazioni tra le Parti, eventualmente mediate dal direttore generale, seguita poi da una fase contraddittoria dinanzi un Panel di esperti (di commercio internazionale). Il Panel adotta un rapporto che diviene vincolante per le parti della controversia non appena viene adottato dal Dispute Settlement Body (una riunione con i rappresentanti di tutti gli Stati membri). Dunque, è positivo che entrambe le parti si sono dichiarate aperte a individuare una “soluzione alternativa ed efficace” conforme ai principi OMC, riducendo i tempi collegati all’intera procedura (tra i 6 e gli 11 mesi).
Sorprendente è però il fatto che il 23 settembre, l’Unione abbia a sua volta presentato una richiesta per delle consultazioni con la Cina presso l’OMC (art. 4 Dispute Settlement Understanding – DSU WTO). Questo è avvenuto subito dopo che Pechino ha disposto un’indagine anti-sovvenzioni per quanto riguarda i prodotti lattiero-caseari europei (che come abbiamo visto sono stati il primo obiettivo delle contromisure cinesi) interessando parecchi paesi (Italia compresa). A questo l’8 ottobre 2024 la Cina ha aggiunto l’imposizione di dazi sui Brandy provenienti dall’Unione a partire dall’11 ottobre, adottando per la prima volta una misura protezionistica concreta in risposta ai dazi nel settore dei veicoli elettrici. La Commissione ha comunicato che inizierà un ulteriore ricorso a Ginevra per “difendere l’industria dell’UE”.
Da un punto di vista giuridico, per adesso, la decisione dell’Unione di opporsi ad un’inchiesta anti-sovvenzioni nella sua fase iniziale, senza aver atteso neanche il risultato, è senza precedenti. Da un punto di vista politico, l’Unione sostiene che l’investigazione cinese, iniziata il giorno dopo la disposizione dei dazi compensativi provvisori, possa essere più una ripicca per le misure adottate nel settore di veicoli elettrici. Poi, adesso che la Cina ha adottato anche dei dazi su un prodotto che l’Unione esporta nel paese del Dragone, le tensioni continueranno a salire.
Insomma, sicuramente l’indagine che ha portato al voto del 4 ottobre ha rappresentato uno spartiacque nelle relazioni tra l’Unione e la Cina. Tuttavia, oggi è evidente che si è fatto un passo pericoloso: si è passati dalle minacce (politiche) all’avvio di investigazioni, da parte di entrambi, e all’avvio di procedimenti in sede OMC (strumenti giuridici). A differenza delle dichiarazioni, però, questi strumenti avranno un forte impatto concreto sui sistemi produttivi, sulle aziende e sui mercati.
Compatibilmente con il cambiamento di approccio con la Cina, allora, occorrere ricordare che in una guerra commerciale non ci sarebbero vincitori. Infatti, non solo si avrebbe una perdita secca di benessere, in termini economici, ma si rischierebbe aggiungere all’aumento dei prezzi per tutti i consumatori la riduzione degli scambi con i paesi extra-UE. Allora, per riprendere le parole del ministro italiano delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ci si auspica “l’adozione di una logica win-win basata sul principio della reciprocità per giungere a una soluzione condivisa”, risulti essa in sede bilaterale o di OMC.