Pubblicato lo scorso 26 maggio il Rapporto Istat 2025 fotografa la situazione socio-economia dell’Italia analizzando, tra punti di forza e di debolezza, il trend dell’evoluzione del sistema produttivo, dell’impiego delle tecnologie e della sostenibilità ambientale.
Nei quattro capitoli in cui è strutturato (Economia e ambiente; Popolazione e società; Una società per tutte le età; Sistema economico e generazioni) notevoli sono gli spunti per comprendere il presente e progettare un futuro con consapevolezza.
Nel primo trimestre del 2025 si è confermata l’espansione dell’attività economica, ma sono anche aumentati i rischi per la crescita e per il contenimento dell’inflazione, soprattutto di origine esterna. Le prospettive per l’anno in corso sono quindi molto incerte e condizionate dall’evoluzione delle tensioni internazionali sul piano politico e commerciale. Restano da affrontare sfide importanti che da tempo limitano la crescita economica e le opportunità di benessere nel nostro Paese, come confermato dalla dinamica debole della produttività: tali temi sono trattati in questo Capitolo e approfonditi nel Capitolo 4 con una prospettiva di lungo periodo e un approccio microfondato. Si affrontano anche i temi della fragilità dei territori e della vulnerabilità degli insediamenti produttivi ai rischi climatici, nonché la necessità di rendere più sostenibile l’attività economica. Fatti, questi, che rappresentano un’altra sfida chiave per il futuro.
La dinamica demografica e sociale dell’Italia continua a riflettere trasformazioni profonde, che attraversano generazioni, territori e gruppi sociali. Nel contesto di un ricambio generazionale sempre più debole, il contributo migratorio si conferma determinante. La popolazione straniera residente e i nuovi cittadini italiani rappresentano le uniche componenti in crescita. Gli ingressi dall’estero raggiungono 435 mila unità nel 2024 e anche le acquisizioni di cittadinanza raggiungono nuovi massimi. Tuttavia, aumenta anche l’emigrazione, in particolare tra i giovani italiani qualificati. Negli ultimi dieci anni, il Paese ha avuto una perdita netta di circa 97 mila laureati di età compresa tra 25 e 34 anni, con un forte impatto sul capitale umano disponibile per lo sviluppo. I cambiamenti demografici si intrecciano con quelli familiari. Le famiglie diventano sempre più piccole: cresce il numero di persone che vivono da sole, aumentano le libere unioni, le famiglie monogenitore e quelle ricostituite, mentre si riduce la presenza dei nuclei familiari con figli. Le famiglie monopersonali rappresentano oltre un terzo del totale, mentre le coppie con figli si attestano al 28,2 per cento. Quasi il 40 per cento delle persone di 75 anni e più vivono da sole, nella maggior parte dei casi si tratta di donne. La formazione di nuove famiglie e la genitorialità sono sempre più posticipate, riflettendo sia cambiamenti nei modelli culturali sia difficoltà strutturali di accesso all’autonomia economica e abitativa dei giovani.
L’aumento straordinario della sopravvivenza ha trasformato radicalmente la struttura della popolazione italiana, dando origine a una società in cui oggi convivono insieme più a lungo diverse generazioni. I loro percorsi di vita hanno contribuito a ridefinire il contesto demografico, sociale ed economico del Paese. Le analisi per generazione confermano un cambiamento profondo nel modo in cui si entra nella vita adulta. L’uscita dalla famiglia avviene sempre più spesso attraverso la convivenza informale, mentre il matrimonio e la genitorialità sono rimandati, o talvolta evitati del tutto. La nuzialità mostra una tendenza alla diminuzione e alla posticipazione, con una crescente diffusione di unioni libere e famiglie ricostituite. Il calo della fecondità, il più marcato degli ultimi decenni, e la crescente instabilità coniugale completano il quadro di una transizione demografica in cui i legami familiari si diversificano e si ridefiniscono nel tempo.
A due anni dall’uscita dalla crisi sanitaria il nostro Paese ha superato i livelli di attività pre-pandemici, realizzando un costante ampliamento dell’occupazione e, nell’ultimo anno, un parziale recupero dei salari reali. Nel nuovo millennio, il ridotto tasso di crescita economica ha limitato in Italia, più che in altri paesi dell’UE27, le prospettive di maggiore benessere economico: dal 2000 al 2024, il Pil reale del nostro Paese è cresciuto meno del 10%, mentre ha registrato incrementi intorno al 30% in Germania e Francia, e superiori al 45% in Spagna. Nello stesso periodo, l’occupazione è cresciuta a un tasso più sostenuto (+16%) e comparabile a Francia e Germania. Tuttavia, la crescita delle opportunità di occupazione è stata favorita dall’espansione delle attività dei servizi ad alta intensità di lavoro e bassa produttività e, poiché la produttività del lavoro è cresciuta anche negli altri settori meno che nelle altre principali economie europee, in Italia si è registrato un ristagno del Pil reale per ora lavorata e, di conseguenza, della dinamica salariale di medio-lungo periodo.
Il rapporto nella versione integrale al link:
https://www.istat.it/wp-content/uploads/2025/05/Rapporto-Annuale-2025-integrale.pdf
Tutto va nella direzione giusta: contenimento demografico, integrazione tra popoli e culture, ridistribuzione ricchezze, mentalità elasticizzata… Salvaguardia ambiente. I grandi cicli non guardano col microscopio. Impariamo dal passato: dove sono gli imperi di Gengis Kan? Degli Assiri, dei Babilonesi? Dei Romani? Dei Maya?…