Reddito, il giorno della card
“Nonostante in questo anno dicevano che non ci saremmo riusciti, in sette mesi abbiamo trovato i soldi e scritto il decreto. Oggi è una giornata di orgoglio”. Così il ministro dello Sviluppo economico e il vicepremier, Luigi Di Maio, annunciando in conferenza stampa l’avvio del sito ufficiale del Reddito di cittadinanza. Per farlo, Di Maio cita una frase di Albert Enstein : “Chi dice che è impossibile non dovrebbe disturbare chi ce la sta facendo”.
“Le domande per il reddito di cittadinanza – spiega il ministro – non devono essere presentate solo il 6 marzo ma entro il 31 marzoper accedere al programma e avere la card ad aprile”. Un reddito “che è un diritto ma che comprende anche dei doveri”, aggiunge, “che è stato costruito intorno alle imprese italiane”. Ricordando i requisiti per poter partecipare al programma, Di Maio sottolinea che si è arrivato ad oggi grazie “ad un lavoro di squadra” con Inps e Poste Italiane.
“La Card per il reddito di cittadinanza sarà come una normale PostePay perché nello Stato sociale che vogliamo chi accede ad un programma non deve essere riconosciuto o discriminato”, dice Di Maio presentando alla stampa la card ’numero uno’. La presentazione della carta sul reddito di cittadinanza “è la prova che le card esistono, questa è la prima di 3 milioni, è un’operazione verità“. E ancora: “Ce l’abbiamo fatta. Ora bisogna mettersi a lavoro” per rispettare le altre scadenze, “e sono fiducioso rispetteremo la tabella di marcia“. “Vi avevo detto che a febbraio sarebbe partito il sito” del reddito di cittadinanza, ha aggiunto, “così è stato. E sono molto fiducioso che potremo rispettare tutta la tabella di marcia”. Intanto, “entro i 12 mesi dal lancio del reddito – promette Di Maio – arriverà almeno un’offerta di lavoro entro 100 chilometri dal luogo di residenza, entro i 250 km o in tutto il territorio nazionale. Non si tratta di una misura assistenzialistica – ribadisce il vicepremier – è anche una misura che ha dei doveri”.
Poi la precisazione: “In questi giorni per denigrare il reddito di cittadinanza si citano sempre i posti di lavoro mancanti in Italia, come a dire ’tanto non hanno voglia lavorare’. Non è questa la verità. La verità – prosegue Di Maio – è che domanda e offerta non si sono mai incrociate, che è quel che stiamo facendo noi” attraverso un “software unico, che creerà l’incrocio tra domanda e offerta”. L’obiettivo del reddito, dice ancora il ministro, “è quello di reinserire lavorativamente le persone e formarle“.
Del reddito di cittadinanza, rimarca il presidente del Consiglio Giuseppe Conte intervenendo alla presentazione, “siamo tutti orgogliosi. Tu, Luigi, ma anch’io e tutto il governo. Ma è importante che orgogliosi lo siano gli italiani, non solo i beneficiari” del sussidio “ma tutti, perché è una conquista di civiltà”. Lo dice, al fianco del vicepremier Luigi Di Maio, “un evento – rimarca il premier – a cui tenevo perché è un momento importante”.
Quella che ha dato via al reddito di cittadinanza “è una riforma complessa – sottolinea ancora Conte – progettata in modo corale. E’ fondata su un patto di lavoro” e su un “meccanismo di inclusione sociale. Abbiamo faticato tanto, abbiamo studiato tanto e guardato” anche all’estero, a realtà dove il reddito è già realtà, “cercando di far di meglio”. L’auspicio di Conte è che “da ora in poi gli altri studieranno la nostra” riforma.
ANCHE URP ONLINE – Da oggi, oltre al sito www.redditodicittadinanza.gov.it, è online l’urp online dedicato al Reddito di cittadinanza, un supporto a portata di clic per gli interessati a saperne di più: cosa è e cosa offre, quali le modalità e quali i requisiti necessari per richiederlo. Tra le numerose Faq già a disposizione, si segnalano quelle rivolte alle imprese intenzionate ad assumere i cittadini beneficiari della misura e quelle per gli interessati a avviare un’impresa imprenditoriale.
Diciotti, Salvini in Giunta per vedere le carte
Matteo Salvini, apprende l’Adnkronos, è stato in Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato per consultare le carte del caso Diciotti, come suo diritto e nel rispetto della procedura. Il ministro dell’Interno e leader della Lega, a quanto si apprende, non avrebbe ancora comunicato se verrà in Giunta di persona (per l’audizione relativa alla richiesta di autorizzazione a procedere inoltrata dalla Procura di Catania nei suoi confronti per la vicenda della nave Diciotti) o manderà una memoria scritta.
Savona alla Consob, ok del M5S
(Ileana Sciarra) – Ci sarebbe, a quanto apprende l’Adnkronos, l’ok del M5S alla nomina del ministro Paolo Savona alla presidenza della Consob. Per Marcello Minenna, finora in corsa per la più alta carica della Commissione, si profila invece un piano B, ovvero la poltrona di segretario generale della Consob.
Per Savona, tuttavia, ci sarebbe un problema procedurale: oltre all’attuale incarico di ministro, la legge Madia sulla Pa prevede che non si possano ricoprire incarichi dirigenziali o direttivi per chi è in pensione, se non per un solo anno e a titolo gratuito. La presidenza Consob ha invece una durata settennale. A questo nodo starebbe lavorando il premier Giuseppe Conte per risolvere una impasse che va avanti ormai da settembre, dopo l’addio di Marcello Nava alla presidenza dell’autorità di vigilanza.
SI APRE FRONDA INTERNA – La mediazione per risolvere il nodo Consob apre una fronda interna al M5S, l’ennesima. Una scelta che serviva anche a rassicurare i malpancisti del Movimento, non escludendo dalla partita l’ex assessore al Bilancio del Campidoglio. Ma il piano b studiato a Palazzo Chigi, con il premier Giuseppe Conte impegnato in prima persona per risolvere i cavilli giuridici che ostacolerebbero la scelta di Savona, a quanto apprende l’Adnkronos non ha convinto affatto i sostenitori di Minenna, per il quale si era addirittura speso nei mesi scorsi Beppe Grillo in persona. Il lancio di agenzia con la notizia della mediazione in piedi -ovvero del ticket Savona-Minenna in corsa- rimbalza in tempo reale sui telefonini dei pentastellati. “Altro che zio Paperone -sbotta una senatrice citando Di Maio sul palco della presentazione della card sul reddito di cittadinanza e chiedendo lumi ai cronisti sulla novità sul fronte Consob – qui ormai manca solo che arrivi la banda Bassotti…“.
“La nomina a segretario generale non compete la politica – ragionano i ’falchi’ del Movimento – spetta alla Consob a garanzia della sua indipendenza. Quindi spendere il suo nome in un accordo politico equivale a prenderlo per i fondelli…”. Non solo. Non piace ai pro-Minenna il lavorio dietro l’eventuale nomina dell’82enne Savona. Una indicazione ’scivolosa’ visti i problemi procedurali: oltre all’attuale incarico di ministro -il no a ’doppie poltrone’ è uno dei mantra dei 5 Stelle- la legge Madia sulla Pa prevede che non si possano ricoprire incarichi dirigenziali o direttivi per chi è in pensione, se non per un solo anno e a titolo gratuito. La presidenza Consob ha invece una durata settennale.
Ma a Chigi si starebbe lavorando per risolvere tecnicamente la questione, forti anche di vecchi pareri ’rispolverati’ per uscire dall’impasse. Si tratta tuttavia di un modo di procedere che risulta indigesto ai cosiddetti ’duri e puri’ del Movimento. “Siamo stati sempre per il rispetto delle regole – ricorda una deputata, volto noto del M5S – ma ora le regole vanno a farsi benedire, le aggiriamo pur di accontentare Salvini e mettere a tacere il malcontento interno”. E nel mirino dei malpancisti, oltre a Di Maio, ci sarebbe anche il premier Conte, ’reo’ -l’accusa mossa- di non aver tutelato la corsa di Minenna ai vertici alla presidenza Consob.
Parisi: “Congresso Pd reticente”
(Mara Montanari) – “Reticente”. E’ questo l’aggettivo che Arturo Parisi, prodiano e tra i fondatori del Pd, usa per definire il congresso dem che ieri ha chiuso la prima fase, quella degli iscritti. Un congresso in cui finora, spiega all’Adnkronos, “più che tra linee diverse e tra soluzioni da dare ai problemi presenti” si è limitato ad “una scelta tra persone: tutte rispettabili ma definite dal personale passato remoto e più spesso recente, piuttosto che dal futuro proposto al partito”. “Mi auguro che quello che non è accaduto finora possa ancora accadere, e che la grigia e rituale Convenzione di ieri rappresenti la chiusura della prima fase più che l’annuncio della seconda”. Nonostante le perplessità, Parisi non farà mancare il suo voto alle primarie. Non fa endorsement tra i tre candidati in lizza – Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti – al momento: “Diciamo che l’unica cosa sicura è che andrò a votare e inviterò il maggior numero di persone a recarsi ai seggi“. Perché il “patrimonio” democratico delle primarie va difeso. “In un passaggio nel quale siamo finiti, privati delle procedure democratiche come ancora accade per la maggior parte delle formazioni del centrodestra, a cominciare da Forza Italia, o alla mercé di oscuri algoritmi alimentati dalla partecipazione di invisibili minoranze, come capita tra i 5S, la democrazia del Partito Democratico deve essere difesa e rivitalizzata come patrimonio della Democrazia di tutto il Paese”.
“SU EUROPEE NO PRESE IN GIRO” – Parisi si rivolge così ai tre candidati: “Basta capirsi evitando di prendersi in giro. Almeno su una scadenza così vicina e una scelta così importante come quella imposta dalle prossime elezioni europee, mi farebbe piacere sentire ognuno dei tre candidati pronunciarsi con parole chiare e forti. Non è proprio quello che è accaduto nella convenzione di ieri”. Una mancanza di chiarezza, secondo Parisi, anche sul Manifesto di Carlo Calenda: “Limitarsi a definire la proposta di Calenda come un utile contributo non è sufficiente. Chi voterà il 3 marzo ha diritto di sapere cosa ne sarà del suo voto, almeno su una scelta come quella europea associata nientedimeno che alle elezioni del 1948, una scelta che dovrà essere dichiarata a immediato ridosso del voto”. “In un tempo ordinario anche questa scelta potrebbe essere affidata agli organi ordinari. Ma, a congresso aperto, mi sembra inconcepibile sottrarre dall’ordine del giorno una decisione così importante”.
Quanto al Manifesto di Calenda, “è una proposta che allude alla apertura di una nuova fase, come fu appunto nel 2004 la scelta di ’Unirsi nell’Ulivo’ pensando alle elezioni nazionali che ormai bussavano alle porte? O è invece pensata per l’Europa e soltanto per l’Europa?”. “E in questo caso come coniugarla con la decisione, ormai alle nostre spalle, di rafforzare la legittimazione della scelta della guida della Commissione da parte del Parlamento vincolando quindi i parlamentari eletti nella lista al sostegno del candidato socialista che il Pd si è già impegnato a sostenere?”, osserva Parisi. “Grazie al suo perfetto italiano, alla convenzione Pd, Frans Timmermans, presentato e salutato come candidato Pse e quindi Pd alla Presidenza della Commissione è stato chiarissimo. La sua candidatura è alternativa a quella Ppe che non solo lui ma altri ritiene sempre più vicina all’estrema destra, dentro una dinamica, certo ancora incipiente, che anche in Europa viene intravista e incoraggiata in vista della affermazione di un bipolarismo europeo. Qual è al proposito la posizione di ognuno dei tre candidati alla segreteria?”, conclude Parisi.