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Reddito, Ires e autonomie: prime mosse del 2019

Reddito, Ires e autonomie: prime mosse del 2019

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(Ileana Sciarra) – Innanzitutto reddito di cittadinanza e ’quota 100’. Ovvero restyling della legge Fornero sulle pensioni. Muove i passi da qui il 2019 del governo Conte, con il via libera alle due leggi bandiera volute da M5S e Lega. Il decreto per avviare il ’cantiere’ del reddito di cittadinanza era atteso già da dicembre ma è slittato a gennaio, e non è escluso che i due provvedimenti -dl su reddito, appunto, e quota 100- vengano varati nello stesso giorno, così da non scontentare le due anime della maggioranza.

IRES – Altro tassello da rimettere a posto nel nuovo anno, il ’pasticcio’ sull’Ires inserito in manovra, una stilettata al cuore delle onlus e del mondo del volontariato che ha indotto il premier Giuseppe Conte a fare pubblica ammenda nel corso della conferenza stampa di fine anno. La correzione di rotta annunciata dal governo prevede una modifica da inserire “nel primo provvedimento utile”.

AUTONOMIE – Altra partita che attende l’esecutivo giallo verde è quella delle autonomie: irremovibile la Lega – con il sottosegretario Giancarlo Giorgetti che lega la riforma alla sopravvivenza stessa del governo- la riforma per rafforzare le prerogative di Lombardia, Veneto, ed Emilia Romagna rischia di aprire un nuovo fronte di scontro tra i due soci di maggioranza. Ma la strada per realizzarla sembra già tracciata. E’ lo stesso Conte a dettarne il ’timing’: dopo una riflessione interna al governo, sarà lui stesso a febbraio ad aprire i negoziati coi governatori delle diverse regioni interessate.

LEGITTIMA DIFESA – Tra le prime mosse dell’esecutivo nel nuovo anno, c’è anche il varo del provvedimento sulla legittima difesa, vecchio cavallo di battaglia della Lega a cui il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, vuole dare una brusca accelerazione a inizio 2019. La riforma è già passata all’esame del Senato, che l’ha varata lo scorso 25 ottobre. La proposta di legge modifica alcuni articoli del Codice penale, del Codice civile e del Codice di procedura penale, rafforzando la difesa di chi “all’interno del domicilio, di un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale” si difende da un’azione di terzi “posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica”. Ma la riforma della legittima difesa potrebbe rallentare la sua corsa.

Almeno è quello che hanno evinto alcuni, nelle file del governo, sentendo le parole del premier alla conferenza di fine anno circa la volontà “riuscire a varare un progetto riformatore equilibrato tra l’esigenza della tutela dell’integrità fisica e quella di difendere se stessi e i propri familiari da aggressioni violente e ingiustificate nel proprio domicilio. Estremizzare in un senso o nell’altro il grumo degli interessi di disciplina significherebbe avere una disciplina incostituzionale”, le parole di Conte. Che lascerebbero intendere -il ragionamento che viene fatto soprattutto tra i 5 Stelle – la volontà di trovare un punto di equilibrio non semplice.

DL SEMPLIFICAZIONI – Altra priorità della maggioranza giallo verde, il dl semplificazioni. Approvato dal cdm il 12 dicembre scorso, va convertito entro sessanta giorni. Al suo interno, la ’legge Bramini’ che riequilibra le situazioni di credito e debito degli imprenditori con la Pubblica amministrazione; l’abolizione del Sistri e del Registro unico del lavoro mentre manca la riforma del codice degli appalti che andrà in Parlamento -altra urgenza dell’esecutivo-con una legge delega.

RIFORME COSTITUZIONALI – C’è poi l’iter, non semplice, delle riforme costituzionali chieste a gran voce dal M5S. Il taglio dei parlamentari e l’introduzione del referendum propositivo senza quorum sono contenuti in due testi base depositati al Senato. Le audizioni in commissione stanno per volgere al termine, a gennaio le misure dovrebbero arrivare in Aula. Su questo fronte il governo cede il passo al Parlamento: “Non credo che l’esecutivo debba intervenire con progetti di riforma costituzionale – ha rimarcato Conte – soprattutto se corposi, credo che il Parlamento sia la sede più indicata”. “Ho una convinzione personale, che ovviamente condividerò con i miei ministri – ha detto ancora il premier – che è bene che iniziative di questo tipo siano rimesse al Parlamento, mi sembra il luogo più appropriato per affidarle fin dall’inizio al dibattito”.

TAGLIO SPRECHI – Ma tra le sfide che attendono il governo Conte, c’è anche il taglio agli sprechi, con il cosiddetto team ’mani di forbice’ -neologismo coniato dal vicepremier Luigi Di Maio- da mettere in pista per sforbiciare gli sperperi che finiscono per ricadere sulle tasche dei cittadini. Questi ultimi potrebbero essere addirittura ’arruolati’: tra le idee di Di Maio, gradita a Conte, c’è quella di introdurre un numero verde che consenta ai cittadini di segnalare per primi gli sprechi.

LA PARTITA NOMINE – C’è poi la partita nomine che va portata avanti. Una su tutte, da chiudere nel più breve tempo possibile, quella ai vertici della Consob, una poltrona vacante dal 13 settembre scorso. Un ritardo di peso, come ammesso dallo stesso Conte. “Non abbiamo ancora completato questo dossier, me ne assumo le responsabilità – ha detto il premier – stiamo lavorando su tanti fronti anche se questa non è una giustificazione. Comunque mi ha rincuorato il fatto che ci siano commissari con un profilo di competenza ben riconosciuto e la funzionalità della Consob è garantita”. La promessa è di avviare nelle prossime settimane “l’iter di nomina: mi posso giovare degli autorevoli suggerimenti del Presidente della Repubblica e state tranquilli – ha rassicurato la stampa durante la conferenza di fine anno – che verrà nominata una personalità altamente competente”.

Reddito, Di Maio: “Sgravi a chi assume”

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“Gennaio è il mese in cui faremo il decreto per istituire il reddito di cittadinanza, per aumentare le pensioni minime a 780 euro incluse quelle di invalidità e quota 100. Le imprese che assumeranno coloro che prendono il reddito di cittadinanza avranno sgravi per 5-6 mesi”. Lo ha detto il vicepremier Luigi Di Maio a Stasera Italia su Rete4.

Orlando sospende dl sicurezza. Salvini: “Ne risponderà”

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Il sindaco di Palermo e presidente di AnciSicilia, Leoluca Orlando, lancia il guanto di sfida al ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Con una direttiva impartita agli uffici comunali, infatti, ha disposto la sospensione dell’applicazione del decreto Sicurezza nella parte che riguarda i migranti. E anche il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, avverte che la parte della legge sicurezza “in contrasto con la Costituzione non verrà assolutamente applicata”. Netta la posizione del vicepremier: “Ne risponderanno”.

Il primo cittadino di Palermo sceglie lo scontro con il capo del Viminale e chiede al responsabile dell’Anagrafe di “approfondire tutti i profili giuridici anagrafici” che deriveranno dall’applicazione della norma. In attesa di questo approfondimento, però, scrive il sindaco, “impartisco la disposizione di sospendere, per gli stranieri eventualmente coinvolti dalla controversa applicazione della legge, qualunque procedura che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alle procedure di iscrizione della residenza anagrafica“. Il sindaco di Palermo fa propri alcuni dei dubbi espressi nelle ultime settimane circa la costituzionalità del provvedimento, in particolare lì dove la mancata iscrizione anagrafica dei cittadini con permesso di soggiorno determinerebbe l’impossibilità di accesso a servizi fondamentali e garantiti quali ad esempio “la libertà di movimento, il diritto alla salute e alle cure tramite il Servizio sanitario e l’inviolabilità del domicilio”.

SALVINI – “E’ gravissimo, evidentemente, alcuni hanno mangiato pesante a Capodanno… I sindaci ne risponderanno personalmente, penalmente e civilmente, perché è una legge dello Stato che mette ordine e regole’’ sottolinea ai microfoni del Gr1 il ministro dell’Interno che in giornata aveva già risposto su Facebook all’iniziativa di Orlando. “Con tutti i problemi che ci sono a Palermo – si leggeva in un post – il sindaco sinistro pensa a fare ’disobbedienza’ sugli immigrati…”. E poco dopo ha rincarato: “Sarò presto a Palermo per consegnare ai cittadini una villa vista mare confiscata a un mafioso. Spero che nel frattempo il sindaco trovi il tempo di occuparsi dei tanti problemi della sua città, invece di disobbedire alle leggi sull’immigrazione approvate dal Parlamento”. Il titolare del Viminale è tornato sulla questione anche nel corso di una diretta Facebook: “Incoerenza classica degli amici di sinistra: hanno applaudito il discorso di Sergio Mattarella per la fine dell’anno, che a me è peraltro molto piaciuto, e contestano un decreto firmato e promulgato dallo stesso Presidente della Repubblica”. “Il decreto sicurezza dà un taglio all’enorme business dell’immigrazione clandestina – ha scandito – magari qualcuno di questi sindaci rimpiange il business miliardario legato all’immigrazione clandestina. Fate quello che volete: rispettate la legge, non rispettate la legge. No problem, non fate un dispetto a Salvini, fate un dispetto ai palermitani, ai napoletani, ai milanesi, agli italiani che vogliono semplicemente un po’ più di tranquillità”. “Immagino – ha insistito Salvini – che rinunciate anche a tutti i soldi che il decreto e il governo aggiungono per le vostre città. Solo per Palermo: più di mezzo milione per la videosorveglianza: più di un milione e duecentomila euro per la sicurezza urbana; duecentomila euro per il progetto scuole sicure. Cosa fate, prendete i soldi e boicottate il decreto?”.

ORLANDO – Il sindaco di Palermo oggi ha convocato una conferenza stampa per illustrare la direttiva. “Siamo davanti a una palese violazione dei diritti umani e a un provvedimento disumano e criminogeno, che – ha spiegato – eliminando la protezione umanitaria trasforma i legali in illegali”. Il sindaco ha messo in chiaro che non si tratta di un “atto di disobbedienza civile né di obiezione di coscienza ma la semplice applicazione dei diritti costituzionali che sono garantiti a tutti coloro che vivono nel nostro Paese”. “Su alcuni temi, e tra questi il rispetto dei diritti umani, io ho una visione e una cultura diversa da quella del ministro dell’Interno – ha sottolineato – ma qui siamo di fronte a un problema non solo ideologico ma giuridico. Non si possono togliere diritti a cittadini che sono in regola con la legge, solo per spacciare per ’sicurezza’ un intervento che puzza molto di ’razziale’“.

I SINDACI – Netta la posizione anche del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. “Dall’inizio abbiamo sempre detto che non si tratta di una questione nominativa di sospendere una legge che, in quanto tale non si può sospendere. Noi a Napoli abbiamo sempre dato una direttiva: le leggi si applicano solo in maniera conforme alla Costituzione. Più che un atto di disobbedienza civile è un atto di obbedienza costituzionale” afferma all’Adnkronos, ricordando la posizione presa dalla sua amministrazione sulla parte del decreto sicurezza relativa ai migranti. “Una legge in contrasto alla Costituzione a Napoli non sarà applicata, la nostra amministrazione si è sempre orientata in questo modo. Non abbiamo bisogno di nessun atto – sottolinea de Magistris – Io sono orgoglioso di un’amministrazione dove non c’è bisogno di una direttiva autoritaria politica, ma dove la direzione è condivisa. La parte della legge sicurezza in contrasto con la Costituzione, con i diritti come l’uguaglianza, l’asilo, il fatto di avere tutti gli stessi diritti e doveri, non verrà assolutamente applicata”.

Da sempre in prima linea sul fronte dei migranti e dell’accoglienza, il sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatuna, commenta così all’Adnkronos la posizione del primo cittadino di Palermo: “Ho grande stima per Leoluca Orlando che è un ottimo sindaco oltre che un amico, ma credo che questo atteggiamento non aiuti a rasserenare gli animi. Lo scontro tra le istituzioni non serve. Viviamo un brutto clima, è necessario dialogare e abbassare i toni”.

“D’accordo” con Leoluca Orlando, riguardo alla direttiva impartita agli uffici comunali per la sospensiva dell’applicazione del decreto sicurezza nella parte sui migranti, è il sindaco sospeso di Riace, Domenico Lucano, secondo il quale “bisogna disobbedire perché è un decreto contro i diritti umani e la dignità degli esseri umani – dice all’Adnkronos – Non è una novità: io l’ho già fatto e mi trovo in queste condizioni” rileva riferendosi all’inchiesta che lo coinvolge.

A parlare all’Adnkronos è anche il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti. “Dal punto di vista prettamente politico – afferma – non posso che condividere la volontà di affrontare un problema che il decreto sicurezza crea, ossia non poter dare determinati certificati e riconoscimenti anagrafici a persone richiedenti asilo e straniere. Il modo in cui il problema si affronta è da capire”. “Dalle dichiarazioni di Orlando non è chiaro come l’Anagrafe applicherà o non applicherà il decreto: io dubito che con una semplice richiesta del sindaco l’Anagrafe non applichi un provvedimento di legge”, osserva Pizzarotti spiegando che in merito sono necessari approfondimenti tecnici. “Sicuramente il problema va affrontato perché il decreto provoca problemi alle città – continua il sindaco di Parma – Va capito il modo più corretto per affrontarlo”. Secondo Pizzarotti i sindaci insieme dovranno discuterne. “Come Anci bisogna fare una riflessione – conclude – I problemi esposti sono di tutti, dei sindaci di centrosinistra, di centrodestra, dei 5 Stelle” poi magari “ci sono sindaci della Lega che non vogliono parlare del problema, ma la ricaduta nei Comuni ce l’hanno tutti i sindaci”.

Parlando con i giornalisti il sindaco di Firenze, Dario Nardella, spiega che la città “non si piegherà al ricatto che è contenuto nel decreto sicurezza, che espelle i migranti richiedenti asilo e che senza rimpatriarli li getta in mezzo alle strade, e fa di loro dei clandestini potenzialmente pericolosi per la comunità e prima di tutto esposti anche a rischi seri di malattie e di sopravvivenza”. “Il governo non sta facendo i rimpatri che aveva promesso di fare. Come Comune ci prenderemo l’impegno di non lasciare nessuno in mezzo alla strada – assicura – anche se questo comporterà per noi un sacrificio in termini di risorse economiche. Ma non possiamo permetterci di assistere a questo scempio umanitario: espellere persone dai centri di accoglienza, sulla base del nuovo decreto, lasciandoli in mezzo alla strada. Il fatto grave del decreto è che individua un problema ma non trova una soluzione. Allora ci rimboccheremo noi le maniche perché Firenze è città della legalità e dell’accoglienza; e quindi in modo legale troveremo una soluzione per questi migranti fino a quando non sarà lo Stato a trovare una soluzione in via definitiva”.

Alla luce delle dichiarazioni di alcuni sindaci, per il presidente dell’Associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci) Antonio Decaro “è evidente, a questo punto, l’esigenza di istituire un tavolo di confronto in sede ministeriale per definire le modalità di attuazione e i necessari correttivi a una norma che così com’è non tutela i diritti delle persone”. “Noi sindaci – continua – l’avevamo detto prima che il decreto fosse convertito in legge attraverso la posizione della commissione immigrazione dell’Anci che all’unanimità, indipendentemente dall’appartenenza politica dei singoli componenti, si era espressa negativamente sul provvedimento, ritenendo che i diritti umani non siano negoziabili”.

Sul tavolo di confronto chiesto dall’Anci replica all’Adnkronos il sindaco leghista di Novara, Alessandro Canelli: “L’Anci è il ’sindacato’ dei sindaci, mi sembra che su questi temi stia prendendo posizioni troppo ideologiche e di parte”. “Le leggi dello Stato sono leggi superiori e vanno rispettate – scandisce – anche io non ero d’accordo con le normative degli anni passati sui fenomeni migratori, ma le rispettavo”. “Noi daremo subito indicazione agli uffici dell’Anagrafe per ottemperare al decreto – sottolinea Canelli – ma nel suo complesso il decreto Salvini va nella direzione auspicata da tantissimi sindaci, a parte evidentemente quelli del Pd e di sinistra, che hanno subito sui propri territori e nelle città gli effetti negativi di una politica migratoria fuori controllo”.

Anche “il Comune di Udine garantirà piena applicazione al decreto sicurezza varato dal governo e approvato dal Parlamento” fa sapere in una nota il sindaco di Udine, Pietro Fontanini. Mentre Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno, replica a Orlando e de Magistris che “il decreto sicurezza, in materia di immigrazione, contiene norme condivisibili e ampiamente attese da moltissimi sindaci italiani i quali, negli ultimi anni, hanno subìto gli effetti di una politica di accoglienza disordinata e irrazionale. Rispetto la posizione dei colleghi di Palermo e Napoli ma, per quanto mi riguarda, parlare del decreto 132/18 come di un provvedimento ’criminogeno e disumano’ è assolutamente fuorviante”.

IL COSTITUZIONALISTA – Sulla mancata applicazione della legge sicurezza, nella parte che riguarda i migranti, annunciata dal sindaco di Palermo, interviene il presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli, interpellato dall’Adnkronos. “E’ un atto politico. I Comuni sono tenuti a uniformarsi alle leggi – sottolinea – La pubblica amministrazione non può sollevare questioni di legittimità costituzionale e deve uniformarsi alla legge, a meno che non sia liberticida, che potrebbe essere un caso eccezionale, una rottura dell’ordinamento democratico. Bisogna vedere se si tratta di norme rispetto alle quali è prevista un’attività del Comune che ha carattere di discrezionalità, che la legge impone e che il sindaco ritiene di disapplicare. Non può essere una contestazione generale”. “Se ci sono atti che la legge prevede per i Comuni il sindaco non può disapplicarla. Se la disapplica, e in ipotesi interviene il prefetto o un’altra autorità, sorge un contenzioso e allora potrebbe essere sollevata una questione di legittimità costituzionale. Al momento – ribadisce Mirabelli – è un atto politico”.

MARTINA: RACCOGLIAMO FIRME – Intanto, sul fronte politico, il candidato alla segreteria del Partito democratico Maurizio Martina pensa a un referendum abrogativo. “E’ inutile che Salvini pontifichi via social – dice Martina – Con il suo decreto ci saranno 100mila nuovi irregolari in due anni. Questi sono i fatti. Quel decreto porta solo più insicurezza sulla pelle di tutti i cittadini ed è giusto contrastarlo per difendere le città dalla follia della propaganda leghista. Prima quelle norme verranno abrogate e meglio sarà e per me occorre anche lavorare alla raccolta firme per un referendum abrogativo”.

NUGNES: COMPRENSIBILE SOLLEVAZIONE SINDACI – “A quanto mi risulta, non solo Palermo, ma anche altri Comuni sono pronti a non applicare il decreto sicurezza – dice all’Adnkronos Paola Nugnes, la senatrice pentastellata sulla quale pende il procedimento disciplinare dei probiviri – Mi riferisco al comune di Napoli, quello di Quarto, ma ci sono state mozioni in altre città, come Roma e Torino… La sollevazione dei sindaci è assolutamente comprensibile, perché sono i primi che dovranno affrontare le conseguenze di questo provvedimento, che ho sempre considerato gravi, non solo per i migranti che sono in attesa di un rinnovo o avevano fatto domanda per il diritto di asilo, ma anche per i cittadini italiani’’. “Sicuramente il decreto – avverte – aggraverà la situazione sul fronte della sicurezza nei territori, aumentando il numero degli irregolari. Ci sarà un notevole aggravio per i territori comunali. Il programma ’Welcome’, formula nata nel 2014, aveva avuto dei risultati molto interessanti, perché consentiva un’affluenza migratoria ben gestita e una buona integrazione nel tessuto comunitario locale. Così si permetteva ai sindaci di avere una buona gestione di un fenomeno che esiste, piaccia o meno. Abbiamo, infatti, – spiega – oltre 500mila irregolari sul nostro territorio e se ne aggiungeranno – dal calco fatto in audizione in Commissione – almeno altri 120mila nel 2019”. “Non credo che un sindaco domani possa rispondere penalmente di questa’’ disapplicazione del decreto, “se non si mette mano al codice penale… Mi risulta strano – spiega Nugnes – che laddove si vuol portare avanti il federalismo e l’autonomia, adesso venga sbandierato un centralismo statalista di questo tipo. Vedo una forte contraddizione, non si può richiedere autonomia e federalismo solo quando ci conviene’’.

Espulsioni M5S, allarme sui numeri al Senato

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Scatta l’allarme numeri al Senato. Con le espulsioni decise dal M5S, infatti, si assottiglia sempre di più la maggioranza gialloverde a palazzo Madama, dove i numeri restano ballerini e a rischio. Pallottoliere alla mano, pesa la ’cacciata’ dei senatori Gregorio De Falco e Saverio De Bonis, che si erano opposti al decreto sicurezza targato Salvini. Allo stato attuale, quindi, al Senato l’alleanza M5S-Lega potrebbe avere solo un margine di 3-4 voti.

Ad alimentare i timori tra le fila pentastellate sulla tenuta dei gruppi anche l’espulsione degli eurodeputati Marco Valli (per la laurea falsa inserita nel curriculum) e Giulia Moi (per la vicenda rimborsopoli), oltre al richiamo nei confronti di Lello Ciampolillo. A peggiorare il quadro, poi, potrebbero arrivare le decisioni riguardanti Elena Fattori e Paola Nugnes, nei confronti delle quali i procedimenti disciplinari sono ancora pendenti.

Vi è poi il campanello d’allarme suonato alla Camera durante il voto finale sulla manovra, quando 10 deputati pentastellati sono risultati assenti e sono stati bacchettati dal direttivo del gruppo di Montecitorio. Un’altra insidia alla tenuta della maggioranza giallo-verde potrebbe essere rappresentata dalla cosiddetta ’operazione scoiattolo’, la strategia messa in atto da Silvio Berlusconi per stanare i grillini più delusi e formare un gruppo autonomo in grado di dare la spallata al governo Conte prima delle Europee.

Renzi: “Al governo posso anche tornarci”

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“Che cosa farò dopo la tv? Non mollo di un centimetro… Non lascio il futuro a quelli che contestano i vaccini e fanno i condoni, a quelli che dicono che la cultura non è importante, a quelli che fanno i sottosegretari alla cultura e si vantano di non aver letto un libro”. Lo dice Matteo Renzi in un’intervista a ’Oggi’.

“Sono orgoglioso di aver fatto il premier per più di mille giorni… Penso di aver sbagliato a sottovalutare la vergognosa mole di fake news, fango e bugie che ci hanno buttato addosso. Era qualcosa da combattere in modo professionale… Detto questo sono molto soddisfatto e molto tranquillo… Gli italiani hanno scelto di andare con questi e io spero che vadano bene. Perché sono italiano e spero che i risultati li portino a casa. Lo spero per l’Italia. Io penso che loro siano dei cialtroni”.

Dopo la sconfitta al referendum “ho fatto la scelta di rimanere non più al governo ma di restare in campo. Però la sensazione che ho provato andando a letto quella sera era per l’occasione persa dall’Italia. In fondo, alla fine al governo ci posso anche tornare… Io sono molto fiero, felice e contento delle cose che ho fatto, anche degli errori e dei limiti”.

Renzi mette poi in chiaro che “fare un nuovo partito non è una questione all’ordine del giorno. Roba da addetti ai lavori, fantapolitica“.

L’ex premier parla anche di Di Battista e di Salvini: “Dopo che per mesi sono stato massacrato, ora ho iniziato a dire le cose che penso. Di Battista ha detto che Obama è un golpista? Ho replicato che si deve far vedere da uno bravo. Ma molto bravo… Salvini nel giro di 12 ore è uscito tre volte su ’Firenze secondo me’…. Nello stesso giorno in cui io parlavo della Madonna del Cardellino, lui è andato ad abbracciare un ultrà con precedenti per droga e per aver sfasciato un occhio a un tifoso dell’Inter davanti a dei bambini piccoli. Ognuno faccia quello che crede: lui si tenga l’ultrà, io mi tengo la Madonna del Cardellino”.

Quanto al documentario ’Firenze secondo me’, “chi ha avuto da ridire sul programma lo ha fatto non sul merito del racconto, ma sugli ascolti, peraltro senza considerare il canale su cui va in onda. Invece i complimenti più belli me li hanno fatti al bar proprio i fiorentini, quando mi dicevano ’…’esta ’un la sapevo’… Questo lavoro su Firenze resterà. Sono entusiasta del fatto di aver realizzato qualcosa che mostrerò ai miei figli con molto più orgoglio di certe foto con i capi di Stato”.

“Ho fatto il presidente del Consiglio e il segretario del partito politico che ha avuto il miglior risultato degli ultimi 60 anni. Ho certamente avuto un ruolo e forse lo riavrò, vedremo – continua Renzi – Quando hai un ruolo tutti ti stanno intorno e ti considerano speciale, mentre tu sai di esser sempre il solito. Lo sai quando hai il 40 per cento e anche quando perdi il referendum”.

LA REPLICA DI BOCCIA – “Lega e 5 Stelle io li combatto, cerco di costruire un’alternativa ma non faccio il vedovo. C’è invece una parte del mio partito che ha la sindrome della vedovanza e Renzi ne è il principale esponente, è lui che alimenta questa sindrome” commenta Francesco Boccia all’Adnkronos. “Questi, Lega e 5 Stelle, stanno facendo sicuramente di peggio” rispetto a Renzi, “sono un partito di destra che restaura le peggiori pulsioni della destra” ma “se siamo finiti al 18 per cento è perché gli italiani hanno detto basta. Quindi niente vedovanza ma cambiamo rotta e riportiamo il Pd ad essere un partito popolare. Se stiamo stati percepiti come il partito delle elite qualcosa evidentemente non ha funzionato”, osserva Boccia.

Come il Jobs Act: “Riscrivere il Jobs Act che, al pari del decreto Di Maio, è una iattura e poi tenere le scuole aperte mattina e pomeriggio, il futuro passa dallo stato sociale. Di questo dovremmo parlare. Basta con il ’si stava meglio prima’ e basta con le ambiguità. Renzi esca dall’ipocrisia. Dico a Renzi: se stai dentro il Pd, allora schierati apertamente con il tuo candidato Giachetti. Volete restaurare il renzismo? Bene, si va nei circoli e ci si confronta. Ma Renzi non mi pare abbia il coraggio di metterci la faccia…“. Una mancanza di chiarezza che, secondo Boccia, indebolisce il Pd. “Nonostante i disastri dei gialloverdi, noi non siamo credibili e non lo saremo fino a quando il Pd non avrà una linea, finché non indicheremo un’altra rotta con una sola voce. Il mio nemico politico è chiaramente la destra di Salvini, mentre gli avversari principali sono i 5 Stelle che sono riusciti a convincere gli elettori di essere una forza che sta coi ceti popolari, coi poveri… Non so quanti ne avranno trovati Di Maio e Di Battista sui campi da sci il 1° gennaio. Io stavo alla Caritas”.

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3 Gennaio 2019