La fiducia nel rapporto con il medico, l’essere certi che ci sarà e ci sosterrà in un percorso terapeutico, ci pone in una condizione di sicurezza e benessere emotivo, aumentando la fiducia nel futuro. Al contrario, una relazione discontinua, genera confusione, malessere, delusione e porta il soggetto all’inazione, alla paralisi. Non solo. Quando il rapporto è solido, si crea una relazione vera, empatica, reciproca, che rende la relazione con il medico un concreto elemento di cura, tanto quanto gli atti medici, come la diagnosi, le terapie, ecc.
Questi assunti psicologici, validi per ogni rapporto di comunicazione, ma tanto più veri nella relazione medico – paziente, hanno una precisa sostanza neuroscientifica. Cosa succede nel cervello del paziente quando la continuità di rapporto è garantita o, al contrario, viene meno?
È questo l’oggetto dello studio sperimentale F.I.O.R.E. 3 (Functional Imaging of Reinforcement Effects), svolto dalla Fondazione Giancarlo Quarta Onlus, da oltre 20 anni impegnata nell’indagine del rapporto medico paziente dal punto di vista psicologico, clinico e sociale, con lo scopo di alleviare la sofferenza dei malati. Le attività neuroscientifiche di FGQ sono realizzate in collaborazione con l’Università di Padova e con l’Università di Parma.
Lo studio, i cui risultati sono stati presentati e discussi il 3 dicembre 2024 a Milano, è la terza parte di un complesso lavoro di indagine neuroscientifica, condotto mediante risonanza magnetica funzionale, sui correlati biologici della relazione medico-paziente: la prima parte ha preso in esame due tipi di rinforzi positivi, indagando gli effetti a livello cerebrale di una comunicazione rispondente ai bisogni del malato; la seconda parte ha analizzato il suo contrario, ovvero gli effetti a livello cerebrale, del rinforzo negativo. Tutti gli studi sono stati svolti con lo stesso metodo del neuroimaging su un campione di soggetti ai quali è stato chiesto di immedesimarsi, di volta in volta, all’interno di situazioni che illustravano, con immagini e testi, varie interazioni tra interlocutori.
La ricerca
A 30 soggetti sani sono state sottoposte, in scansione cerebrale, una serie di vignette raffigurati varie situazioni sociali di interazione tra due persone nelle quali viene messa in risalto l’idea di continuità del rapporto e il suo contrario. Per esempio: situazione in cui un giovane ragazzo, all’ultimo anno di liceo e prossimo all’esame di maturità, è ricoverato per un infortunio traumatico da sport ed è a colloquio con il medico. L’interazione presenta sempre un andamento tripartito: descrizione della situazione (infortunio sportivo); presentazione del bisogno del paziente (prospettiva futura di recupero dall’infortunio); risposta dell’interlocutore, che può fornire sostegno e continuità, oppure no.
Sulla base dei dati raccolti, lo studio ha misurato e analizzato: le risposte di attivazione, ovvero quali aree cerebrali risultano maggiormente attivate dagli stimoli di continuità e discontinuità, le risposte di connettività, ovvero come dialogano (o non dialogano) le diverse aree del cervello nelle due opposte situazioni e le correlazioni cervello-comportamento-personalità. Nella condizione di continuità, vengono maggiormente reclutati, tra l’altro, il network di elaborazione visuospaziale e il giro fusiforme, connessi rispettivamente: all’elaborazione della prospettiva del sé e della teoria della mente, in particolare alla proiezione del sé nel futuro; al riconoscimento visivo dei volti in modo personalizzato, perché l’interlocutore di fiducia conta tanto quanto il contenuto dello scambio. In sintesi, il soggetto percepisce di poter contare su un legame solido e guarda al futuro con sicurezza.
La ricerca mostra anche come il rinforzo positivo di continuità ingaggi aree associative, sensomotorie, emotive e cognitive: le diverse aree risuonano all’unisono, in armonia, segno di benessere del soggetto. Diverso è lo scenario che emerge quando viene meno la fiducia nel rapporto e manca il sostegno del medico. In questo caso, la connettività di alcune delle regioni individuate precedentemente si modifica significativamente, evidenziando una maggior frammentazione del network e di disaccoppiamento top-down/cognitivo-emotivo: la mancata corrispondenza alle attese genera dissonanza e frizione emotiva, cosa che richiede una forte mediazione di tipo cognitivo per giustificare la violazione del rapporto di reciprocità. A livello psicologico, la ricerca mostra che la continuità di rapporto determina una situazione di sicurezza e benessere generale, di fiducia nella relazione, mentre, al contrario, la possibile interruzione del rapporto genera un senso di abbandono e “distress” o fatica.
La Fondazione Giancarlo Quaranta
Prima di concludere sul tema della ricerca di cui ho tracciato le linee essenziali desidero soffermarmi sulla figura di Giancarlo Quaranta e sull’attività meritoria della Fondazione che porta il suo nome.
Giancarlo Quarta, nato a Fano nel 1940 ma cresciuto professionalmente a Milano, ha sempre mantenuto un legame profondo con la sua città natale alla quale ha ancorato i suoi valori e il suo stile di vita.
Con le sue doti di bonomia e riservatezza, Giancarlo Quarta, a Milano, ha creato il proprio successo professionale, nella consulenza strategica per le Risorse Umane, nella ricerca diretta di top manager e nella selezione del personale.
Pur essendo molto impegnato, chiunque avesse bisogno di parlargli veniva ascoltato: clienti, uomini d’azienda in cerca di alternative professionali, manager che volevano verificare la propria strategia.
Ascoltando, è stato presenza riservata, oltremodo generosa per molte persone; parenti, amici e tantissimi conoscenti hanno ricevuto il suo aiuto prezioso e tangibile, elargito sempre con il massimo rispetto e con l’attenzione a non creare dipendenza.
Determinato, solido, serio si è rivelato capace di impegno, amore profondo e di una dedizione non comune anche nei momenti difficili in cui è stato più volte e seriamente provato da problemi di salute.
La Fondazione Giancarlo Quarta Onlus nasce nel 2004 per ricordare Giancarlo Quaranta nella finalità di dedicare il proprio impegno alla vita che scorre parallela alla malattia, privilegiando il tema delle relazioni, in ambito sia clinico che sociale. In sintesi si dedica al Corpo Biografico delle persone che soffrono.
L’attività della Fondazione è rivolta allo studio, alla promozione e alla realizzazione di ricerche scientifiche di particolare interesse sociale e alla progettazione e realizzazione di iniziative sociali, sociosanitarie ed assistenziali in favore di soggetti svantaggiati, connesse ai risultati delle ricerche scientifiche svolte.
In particolare l’attività si articola prioritariamente in Ricerca (attraverso il finanziamento o cofinanziamento di progetti di propria ideazione, realizzati in proprio e/o in partnership con altri enti che condividano il progetto) e Convegni (con l’obiettivo di dibattere su temi connessi all’attività di ricerca e proporre modelli e soluzioni applicative, divulgare e accrescere le conoscenze su tali argomenti).