Non molto tempo fa, nel 2017, sui giornali italiani veniva alla luce una macabra storia che raccontava di un finto dottore nigeriano che aiutava ad abortire la ragazze di strada. Non erano queste ultime a richiedere l’interruzione di gravidanza, bensì i loro papponi e le “madame”, che non volevano perdere i guadagni prodotti dalle ragazze sfruttate. In Italia questo “rito”, l’interruzione della gravidanza dopo il terzo mese, viene condannato secondo gli articoli 18 e 19 e la legge n. 19478 in materia di interruzione della gravidanza.
Ma esiste un’altra pratica, oggi adottata molto spesso soprattutto negli ambienti malavitosi della comunità romena, la cosiddetta “Rezolvam”. Abbiamo raccolto al riguardo la testimonianza di Michelangela Barba, funzionario giuridico-pedagogico, Presidente dell’Associazione Ebano ed esperta in materia di prostituzione, specialmente di quella est europea.
Che cosa vuol dire Rezolvam, Michelangela?
Si tratta di una sinistra parola romena, la prima che ho pensato leggendo l’articolo sul neonato morto e gettato tra i rifiuti. Originariamente essa non assumeva accezioni negative, in quanto significa letteralmente “risolviamo”: è sulla strada che riveste un significato terrificante. Le ragazze che popolano le strade – non tutte, ma tante – hanno un desiderio struggente di maternità. Un desiderio che non può vedersi concretizzato sul piano della realtà, poiché le loro condizioni sono disastrose, ma che è tanto profondo e tenero da commuovere. Un figlio costituirà per loro l’unica ragione valida per smettere di prostituirsi, un motivo per cui lottare. Un figlio sarà il coronamento di quell’ “amore” che il lover boy dà e toglie a suo piacimento per tenerle legate a sé. Un figlio sarà il riscatto del loro corpo umiliato. Per quanto siano abbastanza matte da uscire in strada in gravidanza, passata la fase letto devono smettere subito, perché gli sguardi che si posano sulle loro pance sono qualcosa di straziante. Perciò, nonostante ci si affanni a distribuire materiale sulla contraccezione, le ragazze rimangono incinte di frequente. A quel punto si apre lo strazio.
Gli albanesi old style avevano in genere una donna di mezza età che si occupava di risolvere con manovre da macelleria. I lover boy no. I papponi 2.0 sono molto più sottili. Di solito fingono di accogliere la gravidanza, premettendo però che la ragazza deve lavorare ancora per un po’. Per mettere via i soldi per il bambino, ovviamente. Poi elargiscono raccomandazioni: “Dì a quegli str**** di fare piano e se non lo fanno arrivo io”, ma in realtà non arrivano mai. La ragazza va in strada con gli occhi pieni di luce e di sogni. Ma la realtà arriva. Con un po’ di fortuna (del lover boy), i clienti fanno tutt’altro che piano e la gravidanza finisce. A quel punto, può succede che lui riferisca “carinerie” del tipo: “Si vede che con una madre t**** come te non ha voluto nascere”, oppure “se è finita così era solo un handicappato”, o ancora “almeno adesso sai che puoi restare incinta, è buono, no?”. Se invece la gravidanza continua e il tempo inizia a passare, il lover boy, guarda caso, torna a casa ubriaco e viene colto da un attacco di gelosia: “Chi dice che il figlio sia mio, put****? So che lavori scoperto per tenerti i soldi!” e giù botte. Se va bene (al lover boy) la gravidanza finisce, se no non ci vorrà molto a convincere la ragazza che, con le botte, chissà quali danni avrà subito il bambino…quindi REZOLVAM, risolviamo. Basta procurarsi il “cytotec”, il malefico anti-ulcera abortivo, et voilà. Capita che il lover boy si sprechi in lacrime di coccodrillo, a modo suo: “Guarda cosa mi hai fatto fare! Tutta colpa del tuo lavoro! Se tu non fossi la pu***** che sei…”.
Ma capita anche che la ragazza, troppo pesta dopo le botte, finisca in pronto soccorso, dove, fregandosene allegramente della situazione, le danno rassicurazioni sulla salute del feto, quindi il consiglio del cytotec potrebbe essere sospetto. Il pappone 2.0 è sottile, l’ho detto. Passa altro tempo, se clienti e botte non quagliano, esiste anche la sceneggiata del “nuovo disastro economico”, cioè: “Ho-perso-tutti-i-soldi-per-colpa-del-bast****-del-mio-amico-tu-sei-incinta-e-tra-poco-non-lavorerai-come-faremo-non-vorrai-mica-che-tuo-figlio-cresca-nella-miseria-come-te”. Se la ragazza ha ancora dubbi arriva la mazzata finale: “E se è femmina magari fa la tua fine…”. La ragazza, con la morte nel cuore, inizia a chiedersi come fare, la gravidanza magari è ormai giunta ai 6 mesi abbondanti…REZOLVAM, dice il lover boy, cytotec a manetta, per bocca e in vagina. Non è detto che il feto non respiri, ma guarda un po’, appena lo toccano le mani del paparino smette. Secchio dei rifiuti come sempre. Il giorno dopo in strada.
Talvolta le ragazze, magari dopo aver subito uno o più di questi trattamenti, se ne stanno ben zitte, rinviando il momento in cui comunicano la gravidanza. Se sono robuste di costituzione, tenuto conto che non mangiano un granché e sono sempre in piedi, la pancia non si vede fino a quando è troppo tardi (per il lover boy). Quindi il bast**** 2.0 deve organizzare il parto. Che qualche volta è un parto in ospedale con l’obbligo di lasciare lì il nascituro (“Se non me lo hai detto chissà di chi è figlio, put****!”), qualche volta finisce in Romania, nelle amorevoli mani di qualche parente di lui. Dio solo sa dove finisce il bambino, oppure sì, si sa. Resta lì e sarà il miglior strumento di coercizione possibile per la madre: “Lo andiamo a prendere/lo riporto da mia madre”, questo il binomio promessa/minaccia con cui piegare l’ultimo pezzo di volontà.
A volte invece, semplicemente, un giorno vedi la ragazza e non è più incinta. Cosa è successo? Qualcuno ha “rezolvat”.