Sono serviti otto anni, l’impegno di centinaia di addetti ai lavori e circa dodici milioni di investimenti, ma alla fine sembra che l’Aquila potrà finalmente riavere il suo monumento più conosciuto.
“Uno dei simboli identitari più importanti della città, (…) la riapertura della Basilica è il simbolo vero della rinascita dell’Aquila” ha dichiarato Pierluigi Biondi, sindaco del capoluogo abruzzese, durante la cerimonia di riapertura. “Un bellissimo segno di rinascita” gli ha fatto eco il Ministro dei beni e delle attività culturali Franceschini.
Data l’importanza e l’imponenza dei lavori, non c’è da stupirsi se alla cerimonia di apertura hanno partecipato attivamente decine di rappresentanti del mondo ecclesiastico, politico e aziendale, tutti portando in dote la propria più sincera soddisfazione.
Sarebbe banale attribuire l’entusiasmo delle autorità e della popolazione aquilana soltanto al valore architettonico della struttura: la verità è che, nel corso degli anni, la Basilica di Collemaggio ha assunto un valore in grado di andare oltre qualunque visibile parvenza, arrivando a diventare il simbolo di una città colpita da un dramma violentissimo, ma anche del desiderio di rinascita di una popolazione incapace di rassegnarsi. Una Basilica che nelle sue antiche mura racchiude non solo un inestimabile tesoro artistico, ma soprattutto una lunga e tormentata storia che, nel corso degli anni, si è più volte intrecciata con quella della sua città. La ristrutturazione prima e la riapertura poi della Basilica, non sono dunque che l’ultimo capitolo di una lunga epopea cominciata ormai otto secoli fa, un’epopea dove la realtà fattuale si è spesso confusa con le leggende popolari e della quale, forse, non conosciamo tutt’ora l’epilogo definitivo …
Tutto ebbe inizio nel corso del XIII secolo, quando un monaco scarsamente istruito ma assai incuriosito dal misticismo e dalle faccende spirituali raccontò di aver sognato la Vergine Maria, e di averle giurato in sogno di costruire una maestosa Basilica. Occorsero alcuni anni e tutta la collaborazione dei monaci celestini, ma alla fine quell’uomo riuscì a realizzare il suo sogno.
Costruita la Basilica, l’umile prete di campagna non sembrava avere altro desiderio se non quello di trascorrere il resto della sua vita in preghiera; il fato, tuttavia, aveva ben altri progetti per lui. Ben presto, infatti, la sua fama di asceta si diffuse in tutta Italia, al punto che in maniera del tutto sorprendente il conclave arrivò a nominarlo Vescovo di Roma, cosa più unica che rara per chiunque non fosse un porporato. Il 29 agosto 1294 dunque, Papa Celestino V venne incoronato nella Basilica di Santa Maria Collemaggio, la stessa Basilica che aveva fatto erigere solo alcuni anni prima.
Il nuovo incarico si rivelò assai più difficile del previsto, al punto che il Papa (malgrado i tentativi di dissuaderlo da parte di Carlo d’Angiò) giunse ben presto a rassegnare le proprie dimissioni. Fu proprio ispirandosi a tale decisione che Dante scrisse i famosi versi del III canto dell’Inferno:
“vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto”
Ad ogni modo, durante il breve periodo trascorso a Roma a Celestino non mancò l’occasione di organizzare il primo Giubileo annuale della storia, il quale ebbe sede, ovviamente, a Santa Maria Collemaggio.
È del tutto superfluo evidenziare come la vita del Papa sia stata strettamente collegata a quella della Basilica, al punto che, dopo la sua morte, le sue spoglie vennero portate lì per riposare in eterno, divenendo presto oggetto di culto.
Nel corso dei secoli, la basilica è stata vittima di una serie di terremoti, da quello del 1315 che provocò il crollo dell’Abside, fino al “Grande Terremoto” del 1703, che invece danneggiò principalmente l’area presbiteriale, passando per il sisma dell’Italia centrale del 5 dicembre 1456, a seguito del quale crollò il transetto. Per non parlare dei numerosi furti subiti nel primo rinascimento, di cui non si è mai scoperto il responsabile, o dei discussi lavori di ristrutturazione avvenuti non più tardi degli anni 70, accusati da molti di aver quasi completamente privato la Basilica del suo aspetto barocco riconsegnandola ad uno stile assai più primordiale. Insomma, vari sono stati i rimaneggiamenti e i danni che la struttura ha dovuto subire nel corso dei secoli, ma nulla, probabilmente, ne aveva messo in discussione la sopravvivenza come il sisma del 2009. Possiamo dire che, quella notte, il terremoto non ha rappresentato per l’Abruzzo solo una drammatica perdita in termini di vite umane, ma anche una tragica dispersione di bellezze artistiche.
Quella maledetta notte, l’intera navata centrale della Basilica crollò su se stessa, causando tra le altre cose il totale abbattimento di uno degli organi a canne più belli d’Europa, nonché dei bassorilievi cinquecenteschi su di esso raffigurati.
I primi tentativi di mettere in sicurezza la Basilica, forse per il troppo ottimismo o più probabilmente per un’eccessiva fretta, diedero vita solo a una riapertura temporanea della struttura, la quale ben presto venne nuovamente dichiarata inagibile per ragioni di sicurezza.
Fu proprio nel corso di quegli anni che Benedetto XVI decise di recarsi nel capoluogo abruzzese per rendere omaggio al corpo di Celestino V ponendo il palio sulla sua tela. È curioso pensare che di lì a poco Papa Ratzinger si sarebbe dimesso dal proprio incarico, esattamente come, ormai molto tempo prima, aveva fatto lo stesso Celestino …
Ad ogni modo, se la sacralità della Basilica non è mai stata messa in discussione, non pochi sono stati in questi anni i problemi logistici attinenti alla riqualificazione della stessa. È stato necessario l’impegno dell’Arcas Spa di Torino, e un generoso aiuto da parte dell’Eni per far sì che la struttura venisse messa in sicurezza secondo le nuove norme antisismiche. Per non parlare degli sforzi atti a ricomporre la Basilica dei propri elementi decorativi e a ricostruirne almeno alcune fra le parti crollate. La Basilica, inoltre, potrà ora godere di un costante e moderno sistema di monitoraggio, di un impianto geotermico per riscaldare i fedeli che andranno a messa e, più in generale, di un sistema di tecnologia innovativo ed efficiente.
Al di là degli aspetti tecnici, ciò che più conta e che maggiormente deve renderci orgogliosi è la soddisfazione della gente comune. Persone che, col tempo, hanno imparato ad associare la cattedrale ad alcuni dei periodi più belli e più significativi della propria vita, fino a considerarla come parte imprescindibile della propria terra. Persone che in questi anni hanno dovuto tristemente prendere atto del fatto che probabilmente la Basilica avrebbe subito danni irreversibili, e non sarebbe più tornata quella di prima. Persone che, forse, per un istante hanno pensato che le disgrazie che continuavano a perseguitare la propria città fossero destinate a non aver mai fine. Bene, oggi quella gente, può finalmente vedersi restituita non solo una Basilica, ma anche e soprattutto l’emblema di una città che non si è mai arresa.