Abitudini, comportamenti, stati emotivi influenzati da una quotidianità tecnologica sempre più pervasiva, un’immensa infosfera formata da segni mediali inequivocabilmente composti per attirare la nostra attenzione. L’iperconnessione è diventata un habitus e un habitat dei giorni nostri, tempi che sono definiti di “benessere digitale”. È lo spazio social più di altri a costituire il mondo all’interno del quale il soggetto consulta il medium e si fa nel contempo medium, un’oggettivizzazione insita nella stessa fattispecie digitale autoreferenziale e simulacrale. Siamo schiavi di una lotta mediatica per accaparrarci visibilità e presenza online, un lavoro continuo fatto di presenza, aggiornamenti, rapidità, continua connessione. Il benessere dovuto al digitale, all’essere sempre disponibili, collegato alla miniaturizzazione dell’hardware e al parallelo potenziamento della rete di comunicazione, ha di fatto reso possibile uno stato di iperconnessione, in cui le comunicazioni devono sottostare a quelle che sono le regole dei tempi e delle modalità del digitale, opposte a quelle biologiche. Il continuo invio di notifiche e di informazioni trasmettono non solo dati ma costituiscono anche l’instaurarsi di un rapporto molto più ansiogeno. La possibilità di avere hic et nunc a disposizione un accesso comunicativo estremamente facilitato e capillare, ha modificato la normale gestione del nostro tempo, nel quale lo spazio vitale è sostituito da uno spazio dedicato al digitale.
L’approccio multitasking, di cui molti tessono elogi, è stato trasposto dall’ambito informatico a quello umano condannandoci a dover processare sempre più informazioni in parallelo ad altre azioni svolte contemporaneamente. Ci sono studi dove è stato possibile dimostrare che i soggetti che utilizzavano frequentemente il multitasking attraverso l’uso dei media, presentavano una minore densità di materia grigia nell’area cerebrale coinvolta nel pensiero e nel controllo emotivo, rispetto a coloro che invece utilizzavano un solo dispositivo per volta. Siamo diventati una specie, evoluta o involuta dipende dai casi, nella quale coesiste sia una natura fisiologica che una digitale, i cui risvolti sociali e di benessere non sono immediatamente determinabili. La mancanza di una valutazione del cambiamento in corso riguarda le interazioni tra uomo e digitale, un rapporto che si sta trasformando, come accade con gli animali da addestrare, in un processo di condizionamenti che includono tutti l’attesa di una forma di ricompensa (un sistema pavloniano classico di comando-azione-ricompensa, utilizzato per addestrare gli animali). Nella pratica l’uso dello smartphone si sta trasformando in un sistema di controllo/verifica attivato da un bip (uno squillo, una vibrazione, una notifica) che solo dopo fa scattare la ricompensa. A un’analisi più attenta delle fasi del nostro comportamento (per esempio quando ci arriva una notifica), si prende atto che, in modo automatico, scatta una pausa obbligata di ciò che in quel momento stavamo facendo a seguito della quale parte una ricompensa (vedere la notifica, rispondere al messaggio).
Si instaura così nelle nostre vite una specie di continuo stato di allarme capace di frammentare in ogni momento qualsiasi attività in atto, causando distrazione e uno stato di stress. Il risultato è il non riuscire a concludere mai ciò che stavamo facendo prima dell’interruzione “digitale”, una perdita continua della concentrazione, uno stato di distrazione causato dal rispondere alle varie tipologie di messaggi giuntici sullo smartphone. Stiamo progressivamente perdendo così il controllo e il dominio del nostro benessere fisico, un aspetto fondamentale della nostra salute che lascia spazio a una serie di atteggiamenti compulsivi che interferiscono con il nostro tempo biologico. La pseudo sensazione di sentirci nel pieno controllo di ciò che accade attorno a noi è controbilanciata da una forma di incapacità nel capire quando fermarci, facendo scattare un cortocircuito comportamentale che si ripercuote sulla qualità della vita. Benessere biologico e benessere digitale potranno viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda solo nel momento in cui avremo la facoltà di gestire i tempi, ovvero quando saremo in grado di passare dalla fase di richiamo/comando e ricompensa a una in cui il tempo verrà diluito tra le varie necessità e incombenze senza forzose sovrapposizioni e interruzioni di sirene tecnologiche.