Un articolo su Daniele Ventre e un buon numero di inediti apparvero nell’aprile 2019 (n. 347 del mensile POESIA).
L’articolo era intitolato Nuga Remake, corredato di qualche breve nota biografica e di alcune note tecniche che proviamo a riportare, sperando di non annoiare il nostro pubblico. Ma certe precisazioni – a nostro avviso – vanno fatte perché il lavoro di Daniele Ventre è veramente importante. “ Nuga è una raccolta di poesie in falecei (endecasillabi con accenti di terza, sesta, ottava e decima posizione sempre piani). Remake è un’altra raccolta in cui si ricalcano tutte le altre forme principali della lirica greco-latina. Il criterio con cui sono strutturate queste forme metriche è lo stesso che è alla base delle traduzioni dei classici e delle elegie pubblicate da Oedipus nel 2017. I ritmi dei versi greco-latini vengono ricalcati in versi italiani, tuttavia in modo totalmente diverso dalla metrica barbara di Carducci, il quale orecchiava il ritmo approssimativo derivante dalla tipologia metrica verbale del verso antico in modo parzialmente diverso dalla metrica neoclassica alla tedesca di Pascoli, il quale introduceva in italiano il criterio tipico della metrica delle moderne lingue germaniche di considerare lunga una posizione con accento di parola primario o secondario e breve una posizione senza accento. La struttura di queste poesie in metro greco latino traspone gli andamenti ritmici delle forme antiche in strutture accentuarli pure e semplici, allo stesso modo in cui la versificazione bizantina e neogreca ricalca su base puramente accentuarle alcuni versi greco latini.” Proviamo a spiegarlo in modo un po’ grossolano, ma speriamo comprensibile per tutti. Prendiamo ad esempio un endecasillabo classico: Nel mezzo del cammin di nostra vita: in neretto abbiamo evidenziato la posizione degli accenti e tutti possono notare che il primo accento è sulla seconda sillaba. Prendiamo ora un endecasillabo (feliceo) di Daniele Ventre: Dopo tutto l’oroscopo è lo stesso. Qui invece il primo accento cade in terza posizione. Sembra semplice, a dirlo così, ma è evidente la non comune capacità di Ventre nell’uso della versificazione.
Alcune sue note biografiche sono su http://frequenzepoetiche.altervista.org/. Daniele Ventre è nato a Napoli nel 1974. Vive e lavora a Napoli come docente di lingue classiche. Nel 2010 ha pubblicato una versione in esametri italiani dell’Iliade, che ha vinto il premio Marazza per la traduzione poetica. Nel 2012 ha pubblicato una raccolta dal titolo E fragile è lo stallo in riva al tempo; nel 2015, per Edizioni d’if, un romanzo in versi: Verso Itaca; nel 2017, per Oèdipus Edizioni, Elegia. Fa parte della redazione del blog letterario Nazione Indiana. Di prossima pubblicazione, una sua traduzione poetica del Ciclope di Euripide e una versione in esametri dell’Odissea. Delle sue letture suo lavoro ha affermato: “Un poeta che per me agli esordi ha contato molto è stato Gabriele Frasca. Quanto ai classici, dobbiamo mettere in conto tutta la poesia antica greca e latina; nel mare magnum delle letterature, un ruolo peculiare rivestono per me le epiche medievali dall’area ibero-romanza all’area slava, il teatro tragico francese classico, Baudelaire, Verlaine, Rimbaud e più ancora Mallarmé e ovviamente Eliot e Pound; pochi autori del secondo Novecento americano (Beat generation) e francese/francofono (Luca); la tradizione italiana fino al primo Novecento, e nel Novecento in specie Montale, le neoavanguardie & dintorni (Fortini, Sanguineti e Pagliarani, più che Pasolini), Luzi, il tanto (inopportunamente) disprezzato Quasimodo, Gatto o Sinisgalli, Zanzotto e Giudici; importantissimi sono stati per me anche Michele Sovente e Emilio Villa. La domanda è spinosa; gli incontri nella lettura di poesia sono molteplici e tutti influenti: un elenco che li comprenda rischia di suonare pletorico, monco, ridicolo (https://www.sololibri.net/).” E ancora: “La poesia contemporanea italiana è piuttosto vitale, perfino nelle sue pulsioni suicide. Per diffondere l’interesse verso la poesia, sarebbe opportuna la creazione di una rete stabile, di una rete vera, meno vittimismo, meno autoritarismo residuale. Quanto ai grandi nomi, sono restio a farne, visto che le classifiche suscitano risentimento. Dirò che per me sono importanti personalità che appartengono a ambiti assai differenti: penso a Mariagrazia Calandrone, Antonella Anedda, Andrea Inglese, Marco Giovenale, Gilda Policastro, Michele Zaffarano, Andrea Raos, Lidia Riviello, che pure sento meno vicini alla mia maniera (alla quale alludo per mera necessità di orientamento), a Gabriele Frasca e Franco Buffoni; a poeti più in vista, come Franco Marcoaldi e Franco Loi; a poeti più defilati come Roberto Carifi, Mariano Bàino, Mimmo Grasso, Ariele D’Ambrosio, Bruno di Pietro, Viola Amarelli, Bruno Galluccio, Franz Krauspenhaar, Mariapia Quintavalla, Roberta Durante, Ferdinando Tricarico, Eugenio Lucrezi, Claudio Finelli, Carmine de Falco, Giovanna Marmo… Un altro canone umorale in ordine sparso.” Un autore che fa parte della redazione di Nazione Indiana non dovrebbe essere così poco citato nei blog e nei siti letterari principali. Incomprensibilmente, invece, è così.
Ricordo un tempo liquido di gioie
e geometrie sincere, in trasparenza
sull’orizzonte di cristallo antico.
Ed era dolce, allora, in nodi alterni
scomporre il passo incerto, divinare
un turno amico delle carte, un battere
di dadi sulla via del necessario
nel vortice degli astri. Ormai ricade
in mosse ambigue il calcolo spezzato
per beffe d’un’età di similoro.