Nell’aprile del 2006 (n. 204) due brevi saggi – uno di Aldo Nove (pseudonimo di Antonello Satta Cettanin) e uno di Daniele Piccini – rendevano omaggio ad Elio Pagliarani, ancora vivente l’autore. I “pezzi” non sono on line e non è certo semplice riassumerli. D’altronde non era certo la prima volta che il nome del poeta romagnolo compariva sulla rivista di Crocetti. Infatti La ragazza Carla e altre poesie di Elio Pagliarani furono pubblicate su POESIA nel settembre 1989 (n.9/ anno II) con un articolo di Giorgio Luzzi.
Il quale subito avvertiva l’esigenza, “a una fresca rilettura, di ridimensionare molto certe impressioni riferiteci dalla critica in modo troppo sospinto sul pedale neocrepuscolare, neoscapigliato, populistico-padano e così via. (…) Il verso narrativo, di impianto naturalistico e ottocentesco, è un puro involucro a sostegno di una intuizione di epica rovesciata (si faceva riferimento ai primi lavori di Pagliarani). Sanguineti definirà “sperimentalismo realistico” il lavoro di un poeta che comunque ha fatto parte del Gruppo 63. Quale fu il percorso biobibliografico di Elio Pagliarani?
Elio Pagliarani nasce a Viserba, Rimini, nel 1927 ed ha insegnato a Milano prima di trasferirsi nel ’60 a Roma, dove è morto nel 2012. I due «romanzi in versi», La ragazza Carla e La ballata di Rudi, sono stati pubblicati nel 1960 e nel 1995 (La ragazza Carla è stata più volte riproposta, anche a teatro e al cinema.) Dalla fine degli anni Cinquanta alla metà degli Ottanta è stato giornalista, all’«Avanti!» e a «Paese Sera», occupandosi prevalentemente di critica teatrale; una prima raccolta dei suoi pezzi, scelti da lui stesso, è stata pubblicata col titolo Il fiato dello spettatore, da Marsilio, nel 1972. L’ultima rubrica è stata quella di bibliofilia tenuta su «Wimbledon» dal ’91 al ’93. Da ricordare anche gli scritti su amici artisti come Perilli, Novelli o Scialoja. Compreso nell’antologia a cura di Alfredo Giuliani, I Novissimi (1961), ha fatto parte del Gruppo 63. Dai suoi corsi-laboratorio di poesia degli anni Settanta e Ottanta sono passati i principali autori attivi a Roma in quel tempo. (da: https://www.lormaeditore.it/catalogo/autore/112/elio-pagliarani). La poesia di Pagliarani (“non priva di toni populistici e crepuscolari”, anche se Luzzi c’invitava a riflettere su definizioni troppo schematiche) affronta temi quali il lavoro, la vita di tutti i giorni del proletariato e della piccola borghesia: la poesia si fa racconto in versi, peraltro volutamente frammentati e discontinui, dove l’endecasillabo è quasi mimetizzato all’interno di versi assai più lunghi.
D’altronde, numerose raccolte poetiche, saggi, opere teatrali, oltre a innumerevoli articoli usciti per L’Avanti e Paese sera sono a testimoniare lo spessore culturale di Pagliarani, che fu sì – come si diceva – tra i principali esponenti della neoavanguardia (comparendo tra l’altro nell’antologia I novissimi del 1961), quindi uno dei protagonisti del Gruppo ’63, ma occupando tuttavia una posizione autonoma e personale. Una curiosità: Luigi Pagliarani, un lontano parente di Elio, fu accusato e poi prosciolto dell’assassinio di Ruggero Pascoli, padre di Giovanni Pascoli, nella nota vicenda della tenuta Torlonia. Un’altra curiosità: nel numero successivo del nostro mensile (cioè il 10, sempre nel lontano 1989) una breve nota di Niva Lorenzini esordiva con “Circa le troppo sollecite rimostranze di Pagliarani vorrei precisare che la collocazione di una raccolta in un profilo storico risponde di volta in volta a esigenze di organicità e opportunità nel contesto, non a ragioni rigidamente cronologiche”. Vent’anni prima Pagliarani aveva polemizzato anche con Sartre circa la “definizione dell’avanguardia”, lo chiariva egli stesso in un’intervita: Avanguardia come opposizione e opposizione come modalità; progettazione e non fondazione, perché quest’ultima è opera della collettività, della società nella storia. Anche se la saccente Lorenzini mi definisce un “recuperato all’ultima ora” (al gruppo dei Novissimi, Nda). Dobbiamo dunque desumere che non tutte le note critiche erano accettate dall’autore, soprattutto laddove si osasse mettere in dubbio il contributo che sin dalla prima ora Elio Pagliarani diede alla neoavanguardia e al Gruppo ’63. A meno di non vederle definite “saccenti”.
A Carla suo cognato non le piace
dalla sera del dolce: fidanzato era stato a casa loro
a pranzo, e in fondo, quando c’era il dolce
e tre piatti da dolce e quattro bocche
toccò a Carla pigliarsi la sua parte
in cucina, nel fondo del tegame.
Da questo si capisce che la Carla
l’hanno cresciuta male,
quando mai
s’era vista una festa come quella
l’altr’anno, quindici anni, a carnevale?
A lei tutto il superfluo di affetti e di ricchezza
e la scuola serale
che se nasceva maschio, vuoi vedere
che la vedova lo faceva ragioniere?