Il nome e la figura di Giorgio Manacorda non vanno confusi con quella di Giorgio Simonotti Manacorda, di cui abbiamo già parlato nella rubrica PROPOSTE DI LETTURA
onde evitare fraintendimenti simili a quelli avvenuti per la scomparsa di Mario Benedetti: in quel frangente anche grandi testate nazionali hanno preso qualche spiacevole cantonata.
Alcuni inediti di Giorgio Manacorda sono apparsi su POESIA, n. 31/anno III, nel luglio-agosto 1990.
Ecco qualche nota biografica (da: https://www.treccani.it/enciclopedia/giorgio-manacorda).
Poeta, saggista e critico letterario (Roma 1941). Già professore universitario di letteratura tedesca, ha collaborato come critico militante ad alcune delle maggiori testate giornalistiche. Grazie a P.P. Pasolini, nel 1963 pubblica i primi versi sulla rivista Paragone. Partecipa al movimento dei nuovi poeti degli anni Settanta con i libri poetici Iconografia (1974) e Tracce (1977). Intanto, nel volume Materialismo e masochismo. Il Werther, Foscolo e Leopardi (1973), oltre a fornire un rilevante contributo filologico, elabora il primo nucleo teorico di un’arte come radice profonda dell’uomo, in polemica con il nichilismo della modernità. Con i versi di L’esecutore (1981) si congeda dalla poesia, in un silenzio interrotto dalla silloge minore di Comunista crepuscolare e altre poesie (1989). Con Per la poesia. Manifesto del pensiero emotivo (1993) si fa più organica la riflessione attorno alla natura arcaica del fare poetico, in un percorso che culmina con il successivo La poesia è la forma della mente (2002), che sottrae la poesia alla sfera dell’estetica e la consegna a quella di un’ampia antropologia. Intanto fonda un annuario critico sulla produzione poetica contemporanea e torna a pubblicare versi nei volumi Soldato segreto (1999) e Il cielo delle parche (2002). Il poemetto Scrivo per te, mia amata (2003) costituisce poi la più alta sintesi del suo mondo poetico e insieme il nucleo dell’antologico Scrivo per te, mia amata e altre poesie (1974-2007), apparso nel 2009, opera che rilegge la produzione passata nell’equilibrio «di una vena al tempo stesso materica e onirica, lontana sia dal realismo narrativo che dalle eredità simboliste» (Marchesini). Recente è il suo esordio nella narrativa con il romanzo Il corridoio di legno (2012), ’controstoria’ di un’Italia dominata da una feroce dittatura militare e sconvolta dal terrorismo, ma anche riflessione sugli errori di un’intera generazione e in assoluto sul male. Manacorda è senz’altro più noto come germanista e come critico letterario che non come poeta, mentre come giornalista ha collaborato con La Stampa, La Repubblica, altri quotidiani e settimanali e ha condotto alcuni programmi radiofonici di Radio Rai. Per dovere di cronaca non possiamo tuttavia esimerci dal citare anche stroncature: la più rilevante è apparsa sul Foglio a firma Sergio Claudio Perroni nel 2003.
Ne dà conto anche il sito: http://www.poetastri.com/manacorda-giorgio.html, dove si legge, fra l’altro: si diletta di poesia, con risultati che egli stesso giudica orripilanti. Di identico parere sono i vari editori cui instancabilmente si propone. Con la differenza che loro, per rifiutare i suoi versi, impiegano aggettivi più riguardosi: perlopiù variazioni su metafora rurale, con netta prevalenza di “acerbi”. Mentre pubblichiamo una di quelle poesie allora inedite (che non ci sembra affatto brutta), siamo comunque d’accordo con Perroni quando dice: i poeti nuovi e veri non mancano: ma sono ridotti alla macchia, nell’ombra di riviste poco lette.
Un tempo, per pubblicare nella bianca di Einaudi, ad esempio, occorreva rasentare la perfezione. Quali sono i criteri del nuovo millennio?
Se nascere di nuovo
Se nascere di nuovo è nuovamente
precipitare, io non posso – cado
perché il me stesso che mi porto addosso
mi tenta e mi cattura, e ne risente
quest’involucro appena semovente
due contenuti in una forma sola,
questo succede a chi ritorna a scuola!