Levia Gravia, inediti di Silvio Raffo. Siamo dunque a presentare ai nostri lettori una personalità di tutto rilievo nel panorama letterario italiano, che appariva come autore nel giugno 1991 (n. 41/anno IV), ma che aveva già collaborato col nostro mensile con alcune traduzioni di poetesse anglofone.
Ecco alcune note biografiche
(da:http://www.italian-poetry.org/silvio-raffo/).
Silvio Raffo della Porta, nato a Roma nel 1947, vive a Varese. Ha pubblicato di poesia: I giorni delle cose mute (Kursaal editoriale, 1967), Invano un segno (Rebellato, 1976), Stanchezza di Mnemosyne (Forum, 1982), Immagini di Eros (Forum, 1984), Da più remote stanze (Hellas, 1984, prefazione di Daria Menicanti), Lampi della visione (Crocetti, 1988), L’equilibrio terrestre (Crocetti, 1991), Quel vuoto apparente (Edizioni del Leone, 1995), Vocative (LietoColle, 2003), Il canto silenzioso (Marna, 2005, prefazione di Maria Luisa Spaziani), Maternale (NEM, 2007), Al fantastico abisso (Nomos, 2011); di narrativa, i romanzi: Lo specchio attento (Edizioni Dello Zibaldone, 1987), Il lago delle sfingi (Marna, 1990), La voce della pietra (Il Saggiatore, 1996), Virginio (Il Saggiatore, 1997), Spiaggia Paradiso (Marna, 2000), I figli del Lothar (Ulivo, 2008), Dependance (Acar, 2009), Eros degli inganni (Bietti, 2010), Giallo Matrigna (Robin, 2011), La Sposa della Morte (Robin, 2012); in prosa, biografie e saggi: Guida alla letteratura contemporanea (Bonacci, 1977), Donna, mistero senza fine bello (Newton Compton, 1994, a cura), Gli specchi della Luna (Tettamanti, 1999). Ha curato opere di Ada Negri, Sibilla Aleramo, Amalia Guglielminetti, Antonia Pozzi, Platone, Seneca, Marco Aurelio. È inoltre autore di traduzioni: Emily Dickinson, Oscar Wilde, Christina Rossetti, Sara Teasdale, Wendy Cope, Emily Bronte. Ci preme aggiungere, inoltre, che Lo specchio attento è stato recentemente ristampato, con una splendida postfazione di Sacha Piersanti (Elliot ed., 2020) e che l’antologia Muse del disincanto (poesia italiana del Novecento – un’antologia critica, Castelvecchi, 2019) dovrebbe essere adottata come libro di testo nelle scuole superiori (almeno quelle a indirizzo letterario), per la chiarezza, la precisione, l’amore nei confronti della poesia, il rigore delle scelte. Silvio Raffo ha collaborato con radio, televisioni svizzere e italiane, e periodici. Nel 1997 è stato finalista al Premio Strega con il romanzo La voce della pietra (Il Saggiatore, 1996) dal quale è tratto il film Voice from the Stone, con Emilia Clarke e Marton Csokas, regia di Eric D. Howell, uscito nel 2017.
Esordisce giovanissimo come poeta con I giorni delle cose mute (op. cit.). Agli stessi anni risale l’amicizia con figure di primo piano nel panorama letterario italiano, quali Natalia Ginzburg, Maria Luisa Spaziani e Daria Menicanti, oltre a Margherita Guidacci e Paola Faccioli. Numerosi sono anche i suoi interventi su YouTube e – prima del lockdown – la sua agenda era fitta d’impegni: scolaresche, incontri pubblici, conferenze. I suoi amici e alcuni ex allievi (ha insegnato al liceo sino al 2014) hanno costituito un “gruppo pubblico” su Facebook: Silvio Raffo Fans Club Public Group. Ha un fratello più grande, Mario, a sua volta scrittore e saggista. La sua poetica è raffinatissima, metricamente perfetta, così come lo sono anche le sue traduzioni. La Tradizione costituisce per lui una bussola e una mappa: nessuna concessione alle mode. Solo poesia, e grande poesia. Meriterebbe ben più di una rubrica, radiofonica, televisiva o sulle pagine della cultura di qualche quotidiano o settimanale a tiratura nazionale, perché è un grande divulgatore e le sue lectio non annoiano mai. Il problema è che, per qualcuno, la noia deve giocoforza coincidere con qualsivoglia attività culturale. Soprattutto laddove abbonda l’aggettivo “impegnata”.
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Distanza che lo sguardo non misura,
non abita lo spazio-lineamenti
che nessuna magia può scandagliare-
tracciati senza inganno di natura
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La fiaba della Vita mi nutriva
di cibi e di bevande affatturate
Arcana vocazione agl’incantesimi
m’incatenava inerme a streghe, a fata
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Incompiuto finisce il mio poema
da giorno a giorno, l’incantata piena
non trabocca dall’argine silente.
Non che la foce,ignota è la sorgente
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Nulla di mio possiedo sotto il sole
se non quest’ombra amica. O grave stella,
che mi segui e mi guidi fra le aiole,
o casta solitudine sorella
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Inseguivo dei versi ritornando
dal muto borgo a casa nella sera
Di là dal lago cantò una campana,
m’innamorò quella voce leggera
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Mondi amati, sognate beatitudini,
giardini del ridente desiderio
vi ritrovo al bagliore di riverberi
nel cerchio opaco delle solitudini