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Romney contro Trump

Romney contro Trump

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Mitt Romney non è ancora entrato ufficialmente in Senato e già attacca a testa bassa il ’suo’ presidente, “non all’altezza” dell’incarico. Donald Trump risponde con un tweet indirizzato all’ex candidato presidenziale repubblicano: “Io ho vinto, lui no. Dovrebbe essere felice per tutti i repubblicani. Dovrebbe fare gioco di squadra per vincere”.

Il botta e risposta, avviato dall’articolo che il neosenatore dello Utah ha affidato al Washington Post, non può essere archiviato come lo scambio tra due figure che, in fondo, non si sono mai apprezzate. “E’ noto che Donald Trump non fosse la mia scelta per la nomination presidenziale repubblicana”, scrive Romney ricordando il 2016 e, contemporaneamente, accendendo i riflettori sul 2020. Il rischio, per Trump, è ritrovarsi contro anche una parte dell’establishment repubblicano silenziato dal voto di 2 anni fa ma mai conquistato dal presidente. E’, in sostanza, il timore di un membro del Comitato nazionale repubblicano – Jevon O.A. Williams – che si è attivato per evitare un percorso ad ostacoli per The Donald.

In una email inviata agli altri membri, e visionata dall’emittente Cbs, Williams chiede modifiche alle norme che regolano l’iter per arrivare alla nomination. L’obiettivo è evitare che Trump si ritrovi invischiato in una corsa ad ostacoli che finirebbe per sottrarre risorse preziose e avvantaggerebbe solo i democratici. “Nessun presidente repubblicano, la cui nomination è stata contestata, ha mai ottenuto la rielezione”, osserva Williams, che definisce la posizione di Romney “un tradimento politico calcolato”.

Sulla stessa lunghezza d’onda si sintonizza Ronna McDaniel, presidente del comitato nazionale del partito repubblicano. “Il presidente – twitta – è attaccato e ostacolato dai mainstream media e dai democratici 24 ore al giorno. Un debuttante senatore repubblicano che attacca Donald Trump come primo atto dà ai democratici e ai media proprio quello che vogliono. Tutto questo è deludente e non produttivo”.

“Sono sorpreso da Romney. Mi aspettavo qualcosa, ma non così in fretta” risponde Trump alle domande sull’articolo di Romney. “Vorrei che fosse un membro di una squadra, mi sono schierato per la sua elezione. Se avesse combattuto così duramente contro Obama” nel 2012 “come fa con me, avrebbe vinto le elezioni”, dice Trump ai cronisti in apertura del meeting di gabinetto.

Lacrimogeni contro migranti al confine col Messico

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Gli agenti di confine americani hanno lanciato gas lacrimogeni contro un gruppo di 150 migranti che cercava di superare la barriera di filo spinato alla frontiera col Messico all’altezza di San Diego. Lo scrive il Los Angeles Times, aggiungendo che fra i migranti vi erano anche bambini piccoli. Secondo l’agenzia per la protezione dei confini, la U.S. Customs and Border Protection, gli agenti hanno fatto uso di lacrimogeni e spray al peperoncino per rispondere al lancio di pietre da parte dei migranti.

Un comunicato delle autorità americane, afferma che i migranti hanno tentato di oltrepassare il filo spinato avvolti in giacche pesanti, coperte e tappetini di gomma, issando oltre il confine i bambini più piccoli. Gli agenti, si legge, hanno usato lacrimogeni per contrastare i migranti che lanciavano pietre contro di loro. Nell’operazione sono stati arrestati 25 migranti, fra cui 2 minori, riusciti ad entrare in territorio statunitense, mentre altri sono tornati indietro.

Diversi migranti hanno raccontato al Los Angeles Times di essere venuti al confine dopo settimane di frustrante attesa nel campo di accoglienza messicano di El Barretal. Doveva essere un approccio pacifico per lanciarsi oltre confine “alla mercè” degli agenti di frontiera “Non mi piace la violenza di chi lancia pietre. La maggioranza della gente è venuta in pace. Il nostro obiettivo era di avanzare pacificamente”, ha raccontato l’honduregno Silvio Sierra. Il fumo dei lacrimogeni, ha aggiunto, “era molto forte, era dappertutto. La gente piangeva. Anche le donne e i bambini”.

Molti altri migranti – fra cui il salvadoregno Jose Alexander, al confine con il figlio di 4 anni – hanno dichiarato di non aver visto nessuno che lanciava pietre.

La minaccia della Cina a Taiwan

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Il presidente cinese Xi Jinping ha ribadito che Taiwan deve essere riunita alla Cina, in un discorso in cui non è stato escluso l’uso della forza se necessario. Pechino vuole una riunificazione pacifica, ma non intende lasciare spazio “ad attività separatiste”, ha affermato il leader cinese parlando nella solenne cornice della Grande Sala del popolo, sede del parlamento di Pechino.

I “cinesi non combattono i cinesi”, ha affermato Xi, sottolineando che la riunificazione pacifica è nell’interesse delle due parti. Tuttavia, ha aggiunto, “non promettiamo di rinunciare all’uso della forza e ci riserviamo l’opzione di adottare tutti i mezzi necessari”. La questione di Taiwan, ha rimarcato ancora Xi, “è un affare interno cinese e non saranno permesse interferenze esterne“. Sin dalla sua nascita nel 1949, la Repubblica Popolare della Cina considera Taiwan come una provincia ribelle. E Pechino impone a tutti i paesi con i quali intrattiene rapporti diplomatici di rompere le relazioni con Taipei.

Taiwan respinge l’esortazione alla riunificazione di Xi Jinping. In una conferenza stampa, la presidente taiwanese Tsai Ing-wen ha sottolineato che Taipei non ha mai riconosciuto il cosiddetto Consenso del 1992, che comprende il principio di una sola Cina. Secondo la Tsai, il discorso di Xi chiarisce che Pechino definisce tale Consenso come l’applicazione a Taiwan del principio “un paese, due sistemi”, introdotto a Hong Kong e Macao dopo il loro ritorno sotto la sovranità cinese. “Taiwan non accetterà mai il principio ’un paese, due sistemi’. La maggior parte dei taiwanesi è fermamente contraria. E questo è il Consenso taiwanese”, ha detto la presidente.

Nel suo discorso di Capodanno, la presidente di Taiwan aveva già dichiarato ieri che il suo paese non intende “rinunciare alla sua sovranità o fare concessioni sulla propria autonomia”.

Niente sbarco per Sea Watch, a Malta può solo avvicinarsi

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Le autorità maltesi hanno autorizzato la nave Sea Watch 3, che trasporta 32 migranti, ad avvicinarsi alle coste dell’isola per trovare riparo dal maltempo. Lo afferma il Malta Independent, che non fa però riferimento ad alcuna autorizzazione per lo sbarco dei migranti. La nave, gestita da un’ong tedesca, inizialmente si era arrestata a 24 miglia nautiche da Malta. Nelle ultime ore ha ricevuto l’autorizzazione ad avvicinarsi fino a 12 miglia. Le autorità maltesi hanno adottato un provvedimento analogo per un’altra nave, la Professor Albrecht Penck dell’ong Sea Eye, che trasporta 17 migranti e che ha trovato riparo al largo delle coste sudoccidentali dell’isola.

“Malta non era l’autorità competente” per gli interventi di soccorso alle navi Sea Watch e Professor Albrecht Penck, ha affermato in un tweet il ministro dell’Interno maltese, Michael Farrugia, pubblicando anche le immagini relative alle posizioni delle due navi nel momento in cui hanno soccorso rispettivamente 32 e 17 migranti al largo della Libia. L’Olanda ha annunciato la disponibilità ad accogliere alcuni dei 32 migranti della Sea Watch 3 a condizione che altri Paesi europei facciano lo stesso.

Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty International, ha lanciato un appello attraverso l’Adnkronos: “Non rimangano un minuto di più a bordo. E’ rischioso, fateli approdare“. “Sono molto preoccupato – ha detto – la situazione è drammatica e si aggrava sempre più sia dal punto di vista delle condizioni meteo, che sono in peggioramento, sia dal punto di vista sanitario: troppi giorni e troppe persone a bordo, anche donne e bambini, il rischio di epidemie è alto”. “Ciò di cui ho paura, e spero di sbagliarmi, è che questo gioco cinico sulla vita di esseri umanivenga portato fino all’estremo possibile perché, complice il clima, la distrazione per via delle feste e il fatto che non sono 300 ma 49, questa volta non si vede l’ombra di un governo disponibile”.

“Abbiamo operato per più di tre anni nel Mediterraneo e sappiamo cosa significa per persone vulnerabili affrontare questo tipo di viaggio – gli ha fatto eco in una nota Ruggero Giuliani, medico e vicepresidente di Medici senza frontiere – Con le condizioni meteo in peggioramento e considerando le rigide temperature invernali, è necessario trovare una soluzione rapida. Facciamo appello alle autorità europee ed italiane affinché si trovi al più presto un porto sicuro per questi naufraghi”.

Anche l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha espresso preoccupazione per la situazione dei migranti: “È inaccettabile lasciare per così tanto tempo in mare, senza un’assistenza adeguata, uomini, donne e bambini che hanno rischiato la vita a bordo di barche fatiscenti dopo avere affrontato le difficoltà di un viaggio che, dai paesi di origine in poi, è spesso caratterizzato da esperienze drammatiche e violente. E’ urgente e necessario che gli Stati europei dimostrino senso di responsabilità e di solidarietà per i migranti e rifugiati e offrano quanto prima un porto di approdo sicuro”.

Razzo contro blindato italiano in Afghanistan

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Un razzo Rpg è stato lanciato questa mattina contro un mezzo blindato italiano a circa 20 km a nord di Herat, in Afghanistan. Il ’Lince’ in dotazione al contingente non è stato colpito, ma alcune schegge hanno danneggiato la parte posteriore del veicolo. Nessun soldato italiano è rimasto ferito. I militari si trovavano sul posto nell’ambito di un’attività di formazione e addestramento della ’border police’ afghana.

“Nessun allarme, i nostri militari stanno bene e in sicurezza”, affermano fonti della Difesa. Dallo Stato Maggiore precisano poi che “il razzo non ha colpito direttamente il mezzo, esplodendo nelle vicinanze dello stesso, provocando leggeri danni. I militari italiani hanno eseguito le operazioni di messa in sicurezza per il rientro in base”.

Il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, è in contatto da stamattina con il comando. Il ministro, riferiscono fonti della Difesa, si è immediatamente sincerata delle condizioni dei militari, esprimendo a tutto il contingente la vicinanza del governo e del Paese.

Incidente ferroviario in Danimarca: 6 morti
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Sarebbero almeno 6 le vittime causate da un incidente ferroviarioavvenuto questa mattina sul ponte della Grande Belt, in Danimarca. Lo ha reso noto la polizia. Il ponte che collega le isole di Selandia e Fionia è stato chiuso dopo l’incidente. A provocare l’incidente potrebbe essere stato un camion privo di carico, trasportato da un treno merci. Il rimorchio del camion, secondo le prime ricostruzioni, si sarebbe rovesciato e avrebbe finito per colpire frontalmente e lateralmente l’altro convoglio coinvolto nel disastro. Non è chiaro se sulla dinamica abbia influito il forte vento.

A bordo del treno passeggeri, come confermato dalla polizia, erano presenti 131 viaggiatori e 3 membri dell’equipaggio. La compagnia ha finora rifiutato di commentare la causa dell’incidente, avvenuto alle 8 di mattina. Oltre ai sei morti, ci sono anche 16 feriti. Dalle immagini mostrate dai media danesi, si vede il telone di un treno merci, carico di casse di birra, strappato dai forti venti. Alcune parti avrebbero colpito un treno passeggeri che arrivava dalla direzione opposta, verso Copenaghen, spingendolo a frenare improvvisamente.

Conosciuto come ponte Est, il Great Belt Bridge, come il ponte di Oresund tra Danimarca e Svezia, era stato chiuso al traffico a causa dei forti venti portati dalla tempesta Alfrida. Da questa mattina era di nuovo percorribile almeno in una direzione. Nelle ultime ore il maltempo ha causato interruzioni di corrente e del traffico in gran parte della Scandinavia. E in Svezia più di 100mila famiglie sono rimaste senza luce.

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3 Gennaio 2019