Salvini: “Rischio 30 anni di galera? Sorrido e tiro dritto”
Nuove accuse per Salvini. “Rischio 30 anni di galera per avere difeso il diritto alla sicurezza degli Italiani? Sorrido, lavoro ancora di più e tiro dritto” scrive sui canali social il ministro dell’Interno, commentando l’aggravarsi della sua posizione e di quella del suo capo di gabinetto Matteo Piantedosi, indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla nave ’Diciotti’ della Guardia costiera. Oltre ai reati, già contestati, di sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio, Salvini e Piantedosi devono rispondere anche dei reati di sequestro di persona a scopo di coazione e omissione di atti di ufficio. “Oggi ho scoperto che ho altri due capi di imputazione, però per me sono medaglie“, commenta Salvini. “Leggo ora – continua – che sono accusato di un nuovo reato: ricatto all’Unione europea. Stanno modificando il codice penale ad uso e consumo del ministro dell’Interno. Se è così, rivendico bonariamente di aver ricattato l’Unione europea“.
“Non vedo l’ora di essere interrogato: sarò il primo indagato pronto ad ammettere tutte le sue colpe, mi costituisco“. “Se mi chiederanno, ma lei ha tenuto gli immigrati su quella barca perché voleva che l’Europa alzasse il sedere? Sì, e lo rifarei e se arriverà un altro barcone lo rifaro’, mi pagano per difendere i confini del Paese. Arrestatemi”, ha aggiunto il ministro dell’Interno.
“Ho chiesto di condividere i porti di sbarco. Se anche a fronte di questa nuova richiesta – annuncia – otterremo un “no” dovremo valutare se continuare a spendere soldi per una missione che sulla carta e’’ internazionale ma di fatto è tutta a carico di 60 milioni di italiani e di un solo Paese”. “Al momento – osserva – abbiamo ricevuto un sacco di no da Macron e da altri abbiamo quasi esaurito tutti i “bonus dei no” e poi faremo da soli, di sicuro non ci manca la fantasia e le capacità”.
“Gli sbarchi rispetto all’anno scorso – sottolinea poi – si sono ridotti da 100mila a 19mila, ora sto lavorando per aumentare le espulsioni facendo quegli accordi che i miei predecessori non hanno fatto. In Europa dormono o, se è peggio, sono complici. Per questo stiamo cercando alleanze esterne per eventuali nuovi arrivati. Di sicuro l’ultimo che può dare lezioni all’Italia e agli italiani è il signor Macron che ha respinto quasi 50 mila persone compresi donne e bambini ai confini con l’Italia: quindi lezioni di bontà e di generosità non le prendiamo”. Già stamattina su Facebook il ministro era tornato all’attacco del presidente francese definendolo “ipocrita”.
LE NUOVE ACCUSE – Ma quali sono le nuove accuse a cui devono rispondere il titolare del Viminale e il suo capo di gabinetto? Il sequestro di persona a scopo di coazione, come scrive oggi Repubblica, in quanto secondo la Procura di Agrigento che coordina l’inchiesta, Salvini avrebbe impedito lo sbarco per fare pressione sull’Unione europea per la ridistribuzione dei migranti e l’omissione di atti d’ufficio perché i due indagati avrebbero ignorato la richiesta della Guardia costiera di un porto sicuro, indicando Catania solo come scalo tecnico.
L’INVIO DEGLI ATTI – Intanto verranno inviati domani dalla Procura di Agrigento ai pm di Palermo, come apprende l’Adnkronos, gli atti del fascicolo contenente l’iscrizione nel registro degli indagati del Salvini e il capo di gabinetto del Viminale. La trasmissione del fascicolo ha subito il ritardo di qualche giorno perché ieri il Procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, che coordina l’inchiesta e la segue in prima persona, ha chiesto l’identificazione dei migranti per assicurare loro la piena tutela legale e un contraddittorio. In particolare, si tratta dei migranti che avevano diritto a fare il proprio ingresso sul territorio italiano, come gli eritrei, ma anche dei minori e delle donne violentate e che sono state trattenute illegalmente, secondo l’ipotesi del pm, a bordo della nave per diversi giorni. Sarà poi la Procura di Palermo, dopo avere ricevuto gli atti dal Procuratore Patronaggio, a inviare gli atti al Tribunale dei ministri, che è la sezione specializzata del tribunale ordinario competente per i reati commessi dal presidente del Consiglio e dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni.
Caos pensioni d’oro
“Se qualcuno vuol dire che il contratto di governo non si deve attuare lo dica chiaramente, altrimenti si va avanti”. Così il vicepremier Luigi Di Maio in conferenza stampa nel corso della sua visita in Egitto sottolinea di non voler “entrare in uno scontro” con chi chiede di rallentare sui tagli alle pensioni. Ma, ricorda, in quel contratto “abbiamo scritto che vogliamo tagliare le pensioni d’oro. “Sia chiaro – ha aggiunto – che agiamo su persone che prendono dai 4mila euro netti in su, se non hanno versato i contributi” relativi agli assegni eppure, ha osservato Di Maio, “si stanno trattando queste persone come disperati che adesso dobbiamo andare a salvare”.
“Non mi risulta ci sia nessuno contrario a taglio delle pensioni da 5mila euro, come previsto dal contratto di governo “, replica Claudio Borghi, deputato della Lega e presidente della commissione Bilancio della Camera e sottolineando che “se qualcuno vuol dire che il contratto non si deve attuare lo dica chiaramente, altrimenti si va avanti”. Per l’economista della Lega “sulle pensioni la posizione mi risulta essere sempre la stessa: per i trattamenti sopra i 5mila e non coperti da contributi l’obiettivo è riportarli al montante contributivo, come previsto”. “Smentisco chi parla di tassazione a partire dai 2mila euro, come sostiene Brambilla: è una cosa che non è prevista da nessuna parte”, conclude Borghi.
In un studio di Alberto Brambilla, presidente di Itinerari previdenziali, anticipato da ’Repubblica’, viene bocciato “il ricalcolo contributivo delle pensioni d’oro sopra i 4mila euro netti al mese, 80mila euro lordi all’anno, contenuto del progetto di legge depositato alla Camera il 6 agosto scorso dai capigruppo di Lega e Cinque Stelle Molinari-D’Uva” e nel quale “Brambilla spiega perché è meglio procedere chiedendo ai pensionati italiani un contributo straordinario di solidarietà di tre anni per sostenere la non autosufficienza e l’occupazione di giovani, over 50 e donne. Anziché procedere con un taglio secco e permanente”.
Borghi, intervenendo nuovamente a SkyTg24, ha sottolineato che “Brambilla è una persona che sicuramente conosce molto bene la materia e terremo in conto la proposta”. “Non pensiamo nemmeno di chiedere qualcosa a chi ha una pensione pari a 2mila euro lordi, che significherebbe 1500 netti, quanto scritto nel contratto è chiaro, ovvero il ricalcolo contributivo avverrà per la parte eccedente i 5mila euro” ha detto Borghi, aggiungendo che “dare un sussidio a chi già riceve una pensione superiore ai 5mila euro netti non mi sembra esattamente equo, per questo noi nel contratto di governo abbiamo detto semplicemente, senza nessun intento penalizzante, che le pensioni superiori ai 5mila euro netti devono essere riparametrate, per la parte eccedente questi 5mila euro netti, ai contributi versati. Quindi significa che se uno ha una pensione altissima ma ha versato tutti i contributi non avrà nessuna penalizzazione”.
’Ponte non è sicuro’, spunta una lettera
Una lettera “che mette in guardia il ministero delle Infrastrutture sui rischi per il ritardo nell’approvazione del progetto esecutivo di rinforzo del ponte“. A portarla alla luce, a circa due settimane dal crollo del ponte Morandi a Genova, è stato il settimanale L’Espresso sul proprio sito online. Lettera firmata dal direttore della manutenzione di Autostrade, Michele Donferri Mitelli.
“Si tratta di una ordinaria comunicazione con cui la competente direzione del ministero delle Infrastrutture viene sollecitata per l’approvazione del progetto di miglioramento delle caratteristiche strutturali del viadotto Polcevera, per il quale era già stato prodotto il parere favorevole da parte del Provveditorato Interregionale delle Opere Pubbliche, tenuto conto che il tempo di approvazione da parte del ministero si stava protraendo oltre il termine dei 90 giorni. Il progetto aveva l’obiettivo di migliorare la vita utile dell’infrastruttura”, fa sapere in una nota Autostrade per l’Italia. Quindi, sottolinea la società, “risulta assolutamente fuorviante e non veritiera l’interpretazione del settimanale secondo cui si sarebbe trattato di una ’lettera d’allarme’ che metteva in guardia sulla ’non sicurezza’ del viadotto”.
“La lettera di allarme del direttore di Autostrade – scrive ancora L’Espresso – è la seconda di cinque scritte al ministero tra il 6 febbraio e il 13 aprile 2018. In quella del 28 febbraio, protocollata dalla società con il numero 5003, il manager è esplicito. ’Si fa riferimento a quanto in oggetto’, scrive Michele Donferri Mitelli, ’alla nostra precedente corrispondenza e alle interlocuzioni intervenute presso il Comitato tecnico amministrativo del Provveditorato alla presenza del vostro funzionario Uit Genova nella seduta del 1.2.2018’. Quella del primo febbraio è la riunione presieduta dal provveditore Ferrazza, alla presenza del rappresentante genovese della Direzione generale per la vigilanza, l’ingegner Carmine Testa, capo del Uit, l’Ufficio ispettivo territoriale”.
“Al riguardo, continua il direttore di Autostrade, ’dal momento che non abbiamo più avuto evidenza se siano necessari ulteriori approfondimenti e/o elementi integrativi Vi significhiamo… di restare a Vostra disposizione qualora siano necessari chiarimenti e integrazioni in relazione agli aspetti tecnico-economici del progetto rappresentando, ancora una volta, l’urgenza che riveste la conclusione dell’iter approvativo dell’intervento’”, riferisce ancora il settimanale.
“’Vista l’importanza strategica dell’opera e la natura dell’intervento’, aggiunge Donferri Mitelli, tenuto conto che il completamento delle procedure di affidamento può essere stimato in 13-15 mesi, ’si ritiene, in considerazione del protrarsi dei tempi di approvazione, che l’intervento non possa essere in esecuzione prima del secondo semestre 2019 o inizio 2020. Tale circostanza comporterebbe una serie di ripercussioni sia per la pianificazione economica che’, e proprio qui viene lanciato l’allarme, ’per l’incremento di sicurezza necessario sul viadotto Polcevera. Per quanto sopra, Vi preghiamo di portare avanti l’iter autorizzativo quanto prima’”, scrive ancora il settimanale.
Nel frattempo la Guardia di Finanza di Genova ha eseguito un decreto di sequestro di tutta la documentazione relativa al ponte. Le fiamme gialle hanno operato a Genova, Roma, Firenze e Milano, nelle sedi del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nell’Ufficio Ispettivo territoriale di Genova del Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per il Piemonte, la Valle d’Aosta e la Liguria e nella sede della società Spea Engineering spa.
Il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli, scrive su Twitter: ’’Sono ben felice che si faccia chiarezza su quanto successo in passato. Il @mitgov è a totale disposizione delle autorità che stanno indagando sul crollo del #PonteMorandi. Buon lavoro a Gdf e magistrati’’.
Crolla cassa integrazione: -57,4%
A luglio 2018 il numero di ore di cassa integrazione complessivamente autorizzate è stato pari a 14,5 milioni, in diminuzione del 57,4% rispetto allo stesso mese 2017 (34,1 mln). Lo indica l’Inps in una nota.
L’Inps rende noto inoltre che nel mese di giugno 2018 sono state presentate 139.390 domande di Naspi e 2.081 di Discoll. Nello stesso mese sono state inoltrate 714 domande di Aspi, mini Aspi, disoccupazione e mobilità per un totale di 142.185 domande, il 5% in più rispetto al mese di giugno 2017 (134.756 domande).
In arrivo la stangata d’autunno
Tra rincari e spese di stagione, è in arrivo una dura prova per i bilanci familiari degli italiani. Federconsumatori fa sapere infatti che le voci di spesa con cui le famiglie dovranno fare i conti sono molte: il materiale scolastico per bambini e ragazzi che si apprestano a rientrare tra i banchi di scuola, l’appuntamento con la seconda rata della Tari, le spese per il riscaldamento, per non parlare delle bollette, con il gas che come ogni autunno-inverno si prevede in aumento e l’energia elettrica.
Ad aggiungere un elemento di allarme in questo contesto vi è il completamento della riforma tariffaria per l’energia elettrica, che già ha determinato molti aumenti a causa dell’abolizione della tariffa progressiva (che prevedeva prezzi crescenti al crescere dei consumi), e che, da gennaio 2019, sarà applicata anche agli oneri generali di sistema.
Tutti questi aumenti (fatto salvo quello appena citato per la riforma tariffaria) determineranno una stangata a carico delle famiglie di 1.694,60 euro. “A parità di voci, rispetto al 2015, si riscontra un aumento del 3%”, fa sapere Federconsumatori che aggiunge come “a tutto ciò si associa una ulteriore preoccupazione relativa al costo dei prodotti alimentari: dalle notizie relative all’andamento delle commodities emerge una forte riduzione della produzione di grano Europa, -10% per il grano tenero (per pane e biscotti) e -4% per il grano duro (per la pasta). Già stiamo monitorando i costi dei prodotti interessati, per verificare che, oltre agli aumenti prevedibili, non si verifichino anche effetti speculativi, come avvenuto esattamente 10 anni fa con il cartello di pane e pasta”.
Stangata autunnale (settembre-novembre 2018) – Prime stime
– Scuola (libri, dizionari, parte del corredo): 808,60 euro
– Bollette (acqua, luce, gas, telefonia): 468 euro
– Tari (seconda rata): 147 euro
– Riscaldamento (prima rata): 271 euro
TOTALE: 1.694,60 euro