Quanto importa avere ragione? Cosa si fa o dice pur di dimostrare di averne? Quali meccanismi si animano nella mente solo per non ammettere di avere torto? Nel confronto quotidiano, soprattutto via social, anche nelle più banali affermazioni noi diamo per scontate un mucchio di cose che non lo sono. Facciamo passare dei concetti come assoluti, verità incontrovertibili e lapalissiane secondo cui si parla per parlare. In una normale discussione abbiamo almeno due soggetti che comunicano o tentano di farlo. In questo caso A esprime un’opinione che naturalmente è diversa da quella che può avere B, in quanto in gioco ci sono background differenti.
Esiste un punto di incontro? Dovrebbe essere sempre raggiunto fra persone ragionevoli. Come? Non imponendo mai la propria visione. Essere aperti, accogliere il parere altrui, non con lo scopo di farlo diventare nostro ma solo per accettare e discorrere da una prospettiva contraria. Solo così si cresce. La maturità giunge attraverso il rispetto delle opinioni degli altri a patto che non ledano diritti sacrosanti. Allo stato dei fatti si tende a chiudersi a riccio, ci si arrocca dall’alto della propria supponenza; le asserzioni così diventano ultimatum e non vengono contemplati bivi, lati o angolazioni ma ci si aggrappa ad un rettilineo che parte dal nostro ego e finisce in un punto cieco. Quindi, non esistono orizzonti, le parole sono molliche di pane da raccogliere in sequenza, non è dato soffermarsi uscendo dalla comfort zone.
Il sonno della ragione genera mostri, Francesco Goya
In particolare sono le superstizioni, le paure, i pregiudizi e più di tutti l’indifferenza a generare il buio della mente. Se è vero che l’ape ha il pungiglione, il toro le corna e così via, l’uomo come arma di difesa possiede la ragione. Secondo A. Einstein “la mente è come un paracadute: funziona solo se si apre”. E sarebbe auspicabile un intimo connubio fra estro creativo e razionalità capaci di donare quell’indipendenza di pensiero che porta a schierarci, lasciandoci liberi di scegliere con la consapevolezza tipica di chi salda bene i propri piedi a terra ma allo stesso tempo volge lo sguardo all’infinito. Si dovrebbe ricercare il vero dibattito, quello non fine a se stesso. Allora non ci saranno una serie di parole innamorate del loro suono perché è schiudersi il più grande sacrificio, uscire finalmente da se.