Savona: “Ue non vede che andiamo contro iceberg”
Il ministro per le Politiche Ue Paolo Savona difende la scelta del governo di alzare al 2,4% del Pil l’asticella del deficit 2019. “Dicono che il 2,4% di deficit sia troppo? Cosa dobbiamo fare con una politica monetaria che inizia a diventare cautelativa e con il rallentamento della crescita internazionale?”, è la domanda retorica posta dal ministro nel corso di un incontro nella sede dell’associazione della stampa estera. “L’Unione europea tiene il pilota automatico in questa situazione, allora se rischia di andare contro un iceberg continua a tenere il pilota automatico?“.
La crescita del Pil potrebbe raggiungere il 2% nel 2019 e il 3% nel 2020. E’ quanto sostiene il ministro fornisce una stima ben più ottimistica di quella indicata nella Nadef, rispettivamente a +1,5% e +1,6%. Quelle ’’previsioni sono prudenti, sono molto cautelative’’, osserva Savona aggiungendo che il suo collega all’Economia Giovanni Tria “affronta il più difficile dei compiti e richiede rispetto”.
Il programma economico del governo ’’è moderato e con tutte le cautele necessarie’’. ’’La nostra politica è cauta e moderata rispetto alle condizioni reali del paese’’, ha aggiunto, riferendosi ai piani del governo prefigurati con la Nota di aggiornamento al Def. Il ministro si è soffermato sull’importanza di rilanciare in modo incisivo il Pil. ’’Senza crescita -ha sottolineato ancora Savona – la situazione di difficoltà di debito e banche aumenta. Gli investimenti sono cruciali per la crescita’’.
Se l’Ue dovesse bocciare il programma economico del governo sarà ’’il popolo’’ a decidere. “Cosa succederebbe se l’Unione europea si mettesse in una posizione conflittuale verso questo programma del governo cosi’ cauto e moderato? Io non lo so, deciderà il popolo non io, io mi metto da parte”, afferma Savona. ’’Alcune provocazioni, con un certo stile” sono “piuttosto pesanti” afferma, in riferimento al botta-risposta tra il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker e il vice premier Matteo Salvini. Tuttavia, sottolinea, “il messaggio che ’il mercato insegnerà agli italiani come votare’ io lo trovo molto più insultante di quello che risponde ’non è sobrio quando parla’’.
Quanto ai rischi dell’impatto della fine del Qe per l’Italia, il ministro Savona dice di non aver “perso fiducia”. “Draghi resta lì fino al 2019 – conclude -. Non credo che nessuno abbia interesse che l’Italia entri in una grande crisi”.
Pensioni, con quota 100 addio al cumulo
Potrebbe essere vietato sommare i contributi per chi intende andare in pensione con quota 100. Il governo starebbe infatti valutando l’ipotesi di vietare il ricorso al cumulo gratuito dei contributi. Introdotto dalla legge di bilancio 232/2016, il cumulo contributivo permette agli assicurati che hanno maturato periodi contributivi in diverse forme di previdenza obbligatoria di accedere al pensionamento di vecchiaia o di vecchiaia anticipata, sommando i periodi non coincidenti. Una possibilità che potrebbe essere negata dall’esecutivo giallo-verde per rendere la nuova misura previdenziale contenuta in manovra meno onerosa possibile.
Stando alle cifre contenute nel Def, infatti, per l’introduzione di ’quota 100’ saranno stanziati 7 miliardi, la somma necessaria per consentire a migliaia di lavoratori di lasciare il lavoro quando la somma della loro età anagrafica e contributiva arriva, appunto, a quota 100. Una misura che, si legge sempre nella nota del Def, mira a “garantire il superamento degli squilibri dell’attuale sistema previdenziale per agevolare il ricambio generazionale e consentire ai giovani di poter avere accesso al mercato del lavoro”. Per usufruirne, però, bisognerà avere un’età minima di 62 anni e nel contempo almeno 38 anni di contributi.
Reddito a rischio se vivi con mamma e papà
Dovrebbe partire nel 2019 eppure sono ancora tante le incognite che ruotano intorno al reddito di cittadinanza, il sussidio da 780 euro destinato a chi vive sotto la soglia di povertà previsto dalla prima manovra targata M5S-Lega. La stessa definizione della platea dei beneficiari del nuovo contributo statale resta uno dei passaggi più delicati. Stando a quanto annunciato finora dal vicepremier Luigi Di Maio, per beneficiare del sussidio sarà necessario rispondere a determinati requisiti: essere cittadini italiani, aver compiuto almeno 18 anni, essere disoccupati o percepire un reddito considerato al di sotto della soglia di povertà. Tuttavia ad essi potrebbero aggiungersene altri legati alla situazione familiare del richiedente.
Si potrebbe decidere di tenere in considerazione, ad esempio, il valore Isee del nucleo familiare della persona interessata al sussidio, così come previsto per ottenere il reddito di inclusione introdotto dal governo Gentiloni. A quel punto, quindi, verrebbero esclusi dal beneficio coloro che vivono con i genitori, o comunque che risultano a carico e presentano un reddito familiare superiore ad una certa soglia. Tra questi vi sono soprattutto i cosiddetti ’Neet’, ovvero tutti coloro che non studiano e non cercano lavoro.
Secondo il rapporto 2018 dell’Istat, in Italia sono oltre 2 milioni (il 24,1% della popolazione) i giovani di 15-29 anni che nel 2017 non sono stati inseriti in un percorso scolastico e/o formativo né impegnati in un’attività lavorativa. Una quota che potrebbe rappresentare un problema in termini di coperture finanziarie se tutti i ’Neet’ richiedessero il reddito. I 7 miliardi stanziati finora dal governo giallo-verde per sostenere la misura (cui vanno aggiunti 2 miliardi per le pensioni di cittadinanza e 1 destinato al potenziamento dei centri per l’impiego) sarebbero infatti insufficienti a coprire una platea così vasta. Da qui l’ipotesi che a breve vengano inseriti parametri più stringenti per poter beneficiare del sussidio.