I primati, affetti da lesioni del midollo spinale, sono tornati a camminare grazie a dei chip wireless impiantati dai ricercatoriLe lesioni al midollo spinale risultano ad oggi irreversibili. Lo sanno bene coloro che hanno perso totalmente o parzialmente l’uso degli arti. Ma tra qualche anno, con un pizzico di fortuna e un massiccio lavoro di ricerca, questo problema potrebbe finalmente trovare una soluzione. A far ben sperare, uno studio condotto a Pechino (Cina) da un’equipe internazionale, coordinato da Grégoire Courtine, professore associato e neuroscienziato del Politecnico di Losanna (Epfl). Tra i ricercatori che hanno offerto il loro contributo alla sperimentazione, anche gli italiani Silvestro Micera, bioingegnere della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, e Marco Capogrosso, biofisico dell’Epfl.
Gli scienziati sono riusciti a far camminare due esemplari di Macaco Rhesus,rimasti paralizzati proprio in seguito a lesioni spinali, grazie a dei chip impiantati nell’area del cervello che controlla il movimento e nel midollo spinale, collegati ad alcuni computer tramite un comune microimpianto wireless.
“Quando camminiamo il nostro cervello invia, attraverso il midollo spinale, dei comandi per attivare i muscoli. Ma, se c’è una lesione nel midollo, la trasmissione si interrompe e le indicazioni dal cervello non raggiungono i muscoli. Quello che siamo riusciti a fare è stato ripristinare il collegamento in modo artificiale” ha commentato Micera. L’elettrodo ubicato nel cervello, quindi, ha fatto da bypass, consentendo all’impulso elettrico generato dalle aree motorie della corteccia cerebrale di raggiungere la parte “sana” del midollo spinale, oltrepassando la lesione. L’esperimento prevedeva che i messaggi in arrivo dal cervello fossero registrati dal chip e trasmessi a un computer che, a sua volta, li inviava al midollo, facendo sì che l’impulso potesse raggiungere i nervi motori delle gambe. Grazie a questa procedura, simile alla stimolazione cerebrale profonda usata per curare il morbo di Parkinson, dopo sei giorni dall’esperimento i primati hanno riacquisito il controllo degli arti inferiori, tanto da riuscire a camminare in linea retta su un tapis roulant.
La ricerca ha fornito i risultati sperati ed è stata pubblicata sul settimanale Nature, una delle riviste più prestigiose e influenti nell’ambito della comunità scientifica internazionale. Un decisivo segnale di speranza per i paraplegici che, tra qualche anno, potrebbero ripristinare l’uso delle gambe. Il processo per bypassare le lesioni spinali è certamente più complesso nel nostro corpo piuttosto che in quello delle scimmie, ma alcuni dei dispositivi impiantati in questi animali sono già stati approvati per l’utilizzo sull’uomo. Le probabilità di una buona riuscita anche sugli esseri umani è abbastanza alta.
“Impiantare elettrodi direttamente nel cervello e nel midollo spinale richiede attenzioni extra che sono allo studio, ma in linea di principio traslare sull’uomo il lavoro già fatto non richiederà molto tempo. Già sono stati autorizzati studi clinici per alcuni aspetti del lavoro”, queste le dichiarazioni di Micera in merito alle eventuali applicazioni sull’uomo. Più caute le parole di Courtine, in un’intervista rilasciata alla BBC: “Questa è la prima volta che la neurotecnologia ripristina la locomozione nei primati. Il movimento era vicino al normale modello di camminata di base, ma finora non siamo stati in grado di testare la capacità di governarlo. Il nostro modo di camminare è diverso da quello dei primati. Siamo bìpedi, e questo richiede modi più sofisticati per stimolare il muscolo. Ci sono molte altre sfide davanti e potrebbero volerci vari anni prima che tutti i componenti di questo sistema possano essere testati sulle persone”. Il neuroscienziato ha dato avvio a dei trial con un paio di pazienti in Svizzera, avendo l’accortezza di riprodurre in scala minore le componenti impiantate nelle scimmie, in modo da renderle meno invasive.
“Il legame tra la decodifica del cervello e la stimolazione del midollo spinale è completamente nuovo. Per la prima volta, posso immaginare un paziente completamente paralizzato in grado di muovere le gambe attraverso questa interfaccia cervello-spina dorsale” ha affermato con entusiasmo Jocelyne Bloch, neurochirurgo dell’University Hospital di Losanna. Secondo Andrew Jackson, neuroscienziato dell’Università Britannica di Newcastle, i primi dispositivi per annullare gli effetti della paralisi nell’uomo potrebbero vedere la luce già tra cinque anni.
Negli ultimi decenni, la scienza ha fatto passi da gigante nell’ambito delle neurotecnologie per la locomozione, progredendo a ritmo sostenuto. Già nel 2006 fu condotto uno studio in cui alcuni elettrodi, in collegamento con l’attività cerebrale, trasmettevano l’impulso a un braccio robot, permettendo al paziente di muoverlo a proprio piacimento. Tale sperimentazione ha aperto la strada alle prime interfacce neuronali, le BCI (Brain-computer interfaces)o BMI (Brain-machine interfaces), capaci di convertire gli impulsi del cervello in segnali elettroencefalografici da trasmettere a dispositivi esterni. Moltissime le applicazioni, dalla sintesi vocale alla possibilità di “guidare” la sedia a rotelle. Una compagnia americana, in collaborazione con un team di scienziati provenienti dall’Ohio State University Wexner Medical Center, ha dato vita al dispositivo NeuroLife, in grado di collegare direttamente cervello e muscoli, senza che l’impulso attraversi il midollo spinale. NeuroLife è stato testato solo su un 24enne quadriplegico di Dublino, il quale ha ripreso a compiere movimenti anche molto complessi (come far passare una carta di credito nel lettore o girare il caffè nella tazza con un cucchiaino) nel giro di due anni, tempo necessario affinché l’algoritmo alla base del dispositivo imparasse a decodificare gli impulsi del suo cervello. Un’invenzione del genere sarebbe rivoluzionaria se solo il dispositivo fosse più “snello”: NeuroLife è totalmente inadatto alla vita di tutti i giorni, a causa della pesantezza del sistema e della notevole quantità di cavi. Anche in questo caso, gli scienziati si stanno attivando al fine di perfezionare la loro invenzione e permettere a milioni di persone afflitte da paralisi di condurre una vita più autonoma e dignitosa.