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SCOMPORRE E RICOMPORRE IL MONDO CON L’INFORMATICA (I)

cms_29497/1.jpgCondivido con i lettori di IWP il pensiero di Marco Pozzi, ingegnere gestionale, attualmente dottorando al Politecnico di Torino dove si occupa di storia e filosofia della scienza, con particolare attenzione al tema della trasmissione della memoria e della conoscenza.

Insieme a Vittorio Marchis Marco Pozzi ha curato i sette volumi “Incontri con la macchina” pubblicati dall’editore Mimesis.

In occasione delle Olimpiadi di Tokyo 2020 realizza il podcast “Il respiro della palla” sulla storia dello sport.

Introduzione

Il Web e i sistemi informatici hanno velocemente radunato in modo nuovo masse di persone; si sono istituzionalizzati come dal XVI in Europa hanno fatto gli Stati moderni, i quali si basano su popolo (elemento personale), territorio (elemento spaziale) e sovranità (elemento formale, per cui lo Stato produce un ordinamento giuridico) (Giannuli, Cursioni, 2019, 10). Web e sistemi informatici non hanno un territorio sulle cartine, ma si espandono in maniera mutevole e indefinita nella dimensione immateriale creata e costituita dai bit.

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Secondo il report ICT Impact study, pubblicato nel 2020 dalla Commissione Europea, nel 2018 sono presenti nel mondo 18,4 miliardi di device connessi al Web, con una stima di 29,3 miliardi nel 2023 (European Commission 2020, 23); secondo il report Digital 2022 di We are social e Hootsuite, sui 7.91 miliardi di abitanti sul pianeta a inizio 2022, il 67,1% (5.31 miliardi, rispetto ai 2,17 miliardi di gennaio 2012) possiede un telefono cellulare, il 62,5% (4,95 miliardi) accede a Internet, il 58,4% (4,62 miliardi, rispetto ai 1,48 miliardi di gennaio 2012) utilizza piattaforme social, con un tempo medio speso online di poco inferiore alle 7 ore (We are social, 2022).

Dentro tale contesto il presente articolo intende studiare l’evoluzione di musei, archivi e patrimonio bibliotecario, quali luoghi deputati nel corso della storia a conservare e trasmettere la memoria delle società. Ci si soffermerà sul caso-studio della Regione Piemonte, dove il CSI-Piemonte, quale consorzio di enti pubblici, è il partner tecnologico della Pubblica Amministrazione per realizzare il sistema informativo dell’Ecosistema dei Beni culturali regionale.

In generale l’articolo analizzerà come la specie umana trasmetta la memoria e come i sistemi informatici impattino sulla diffusione della conoscenza. Con la costituzione dei nuovi principi nei trattati, la sottoscrizione della Convenzione di Faro, anche la coscienza europea passa attraverso questo consolidamento dell’identità individuale e collettiva.

Teogonia dell’Ordine e del Caos

Nessuna società può sopravvivere alla perdita del proprio patrimonio di storia, arte, cultura, perché darebbe avvio a una disgregazione progressiva per mancanza di fulcro attorno a cui costruire l’unità sociale (la parola “patrimonio” ha la sua radice in pater, e in inglese si traduce “heritage”). Non a caso si assegna all’invenzione della scrittura il ruolo di confine fra preistoria e storia.

Così nascono le biblioteche. Dalle prime tavolette del III millennio ritrovate ad Ebla, in Mesopotamia, come prima biblioteca della storia, alla prima biblioteca privata, di Aristotele, dove il filosofo tiene i suoi scritti e quelli di altri autori contemporanei, presso la sua scuola.

Attraverso i secoli (Casson, 2003; Fedeli, 1997; Vivarelli, 2018) arriviamo fino ad oggi, alla più grande biblioteca del mondo: “Il nostro indice di ricerca è come una biblioteca, ma contiene più informazioni di tutte le biblioteche del mondo messe assieme. Tale indice viene continuamente ampliato e aggiornato con dati su pagine web, immagini, libri, video, fatti e molto altro. […] In una frazione di secondo, i sistemi automatici della Ricerca Google ordinano centinaia di miliardi di pagine web e altre informazioni nel nostro indice di ricerca per trovare i risultati più pertinenti e utili per quello che stai cercando” (dal sito Google https://www.google.com/search/howsearchworks/how-search-works – ultimo accesso 26.8.2022).

Il Web, che le ambizioni di Google esemplificano, manifesta oggi quello stesso desiderio di racchiudere l’universo.

Lo stesso desiderio che a inizio dell’età moderna, soprattutto in area germanica, spinge per la nascita delle Kunst- und Wunderkammern, allestite presso sovrani e principe: animali seccati, oggetti d’oreficeria, orologi e strumenti meccanici, ottici e matematici, con cassoni, armadi, mensole e tavoli; ci sono poi voliere, giardini, bacini per pesci e scuderie con animali esotici: è una rappresentazione del mondo, che mescola artificialia e naturalia, qualità dell’uomo e della natura. Poco a poco si fa strada l’idea del museo come porzione di universo, che studia i temi naturali con maggior metodo e più in profondità, con cambiamenti che, soprattutto dopo la Rivoluzione francese, lo avvicinano ai musei attuali (Basso Peressut, 1997; Calveri, Sacco, 2021). Ma la gestione del patrimonio culturale nelle biblioteche e negli archivi non si consolida solo sulla parola scritta nelle varie lingue ma a poco a poco trova nelle immagini un valido supporto per un pensiero che anticipa le multimedialità di Internet. E in questo caso l’esperienza di Aby Warburg e il suo Atlas Mnemosyne è emblematico.

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Aby Warburg, Bilderatlas Mnemosyne – The Original, 2020. Installation view from HKW. Photo: Silke Briel / HKW.

La portata del Web è stata colta fin dall’inizio dal suo fondatore, Tim Berners-Lee, che negli anni novanta del XX secolo fornisce una consistenza materiale al concetto d’ipertesto formulato sin dal dopoguerra: “In questo modo purtroppo la gente continuava a pensare al web come un mezzo in cui pochi scrivevano e molti leggevano. Io invece prevedevo sistema in cui la condivisione di quanto sapevi o pensavi potesse essere altrettanto facile quanto apprendere quello che un altro sapeva. […] Il punto cruciale era l’idea di universalità, la rivelazione che un solo spazio dell’informazione potesse inglobare tutto, regalandoci un potere e una coerenza inauditi. Da qui derivavano molte decisioni tecniche.” (Berners-Lee, 2001, 41-42)

Il nuovo alfabeto digitale dell’informatica – l’aggettivo “digitale” viene dall’inglese “digit”, cioè “numero” -, codificando ogni cosa in “0” e “1”, sancisce un metodo epocale per mettere ordine nel caos del mondo. La conoscenza ha un nuovo linguaggio.

Un Consorzio di enti pubblici

Biblioteche, musei e Web s’inseriscono in un contesto ben più ampio che ricade sotto il nome di memoria, suscitando domande che fin dalle sue origini riguardano l’umanità: come conservare la memoria? come trasmetterla? come proteggerla? Cosa cancellare? cosa tramandare di noi alle generazioni future? perché farlo? come interpretare la memoria del passato? quale evoluzione desiderare per la nostra specie? etc.

Le risposte cambiano da luogo a luogo, da epoca ad epoca, ed oggi non possono prescindere dall’informatica. Questi e altri temi, intorno alla memoria e alla trasmissione della conoscenza, sono stati studiati fin dagli albori del Web dal CSI Piemonte, il consorzio di Enti pubblici fondato dal 1977 per realizzare i sistemi informativi nella Pubblica Amministrazione piemontese.

Nell’intervento conclusivo del convegno La conoscenza come bene pubblico comune: software, dati, saperi, organizzato dal CSI Piemonte nel 2003, Renzo Rovaris, fondatore del CSI Piemonte e direttore fino al 2010, scrive: “un modello di proto-società dell’informazione aperta è rappresentato dall’atto costitutivo del «Consorzio per il trattamento automatico dell’informazione», istituito con la Legge regionale 48/1975 poi trasformato in «Consorzio per il sistema informativo» (CSI-Piemonte). Nel marzo 1978, la Regione Piemonte vara la legge regionale n. 13 per la «Definizione dei rapporti tra Regione e Consorzio per il trattamento automatico dell’informazione». È interessante rileggere l’articolo 2, ricordandoci che stiamo parlando e decisioni prese ventisei anni fa: «Il sistema informativo regionale, strumento dell’azione di indirizzamento di programmazione della Regione, si realizza nello sviluppo della collaborazione e dell’integrazione di cui all’articolo 1 della presente legge. Con la realizzazione del sistema informativo, la Regione, attraverso il Consorzio, persegue le seguenti finalità: a) il coordinamento tecnico e operativo delle iniziative degli Enti pubblici degli Enti locali, in particolare, nel settore dell’informatica, anche attraverso lo scambio di informazioni e di conoscenze e la standardizzazione delle procedure; b) la formazione dell’aggiornamento del personale degli Enti pubblici per l’utilizzo di tecniche informatiche; c) la messa a disposizione di dati concernenti i problemi socio-economici, come supporto della ricerca della programmazione; d) lo sviluppo e la gestione di procedure autorizzate nell’ambito della organizzazione regionale e dei settori di interesse regionale; e) lo sviluppo della ricerca e della didattica rivolte alle esigenze della Pubblica Amministrazione e all’attività programmatoria, in collaborazione con gli Atenei.»

Il CSI nasce quindi con l’obiettivo di rendere possibile la condivisione dell’informazione e della conoscenza tra gli Enti piemontesi, avendo sin da subito i suoi promotori compreso la portata di una simile operazione. Nessuno, allora, poteva immaginare che da lì a qualche lustro la tecnologia avrebbe reso ordinaria la circolazione a livello planetario di dati, suoni, immagini, e che anche il mondo della PA avrebbe mutuato concetti quali la cooperazione applicativa, la condivisione della conoscenza, il riuso di componenti.” (Rovaris, 2003)

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“CSI 40° – Storia Persone Futuro”, la mostra fotografica che ha celebrato i 40 anni di attività del CSI Piemonte

Debutto per un Ecosistema

Uno dei progetti creato ultimi anni è Mèmora (Brunetti, 2018; Brunetti, 2018a), un progetto pubblico della Regione Piemonte di cui CSI-Piemonte è partner tecnologico. Dal sito (https://www.memora.piemonte.it) è possibile leggerne la presentazione: “Mèmora è la vetrina che rende visibile il patrimonio culturale (storico e artistico, fotografico, archivistico, naturalistico, ecc.) di Musei, istituti culturali e archivi storici del territorio piemontese. È il luogo dove agevolare, attraverso approfondimenti tematici, la lettura del patrimonio da parte di un pubblico ampio e non di soli specialisti, e dove condividere risorse. L’accesso ai dati dei diversi ambiti è facilitato attraverso diverse possibilità di ricerca: quella google like, quella territoriale, quella cronologica e quella per ente detentore del patrimonio. Mèmora è alimentato dai beni culturali che gli enti partecipanti al progetto descrivono: è un work in progress continuamente incrementato dagli aggiornamenti.”

Mèmora è una piattaforma web libera e gratuita per catalogare e valorizzare il patrimonio di musei, archivi, istituti culturali del territorio piemontese; ed è parte del nascente progetto informatico dell’Ecosistema dei beni culturali della Regione Piemonte, sempre realizzato dal CSI-Piemonte, il quale include anche gli Opac che gestiscono il patrimonio bibliotecario piemontese, e il Portale dei giornali del Piemonte (https://www.giornalidelpiemonte.it; Brunetti, 2019), che offre la possibilità di consultare gratuitamente i giornali locali pubblicati in Piemonte dal 1846 ad oggi (al momento le pagine consultabili sono oltre quattro milioni)

Inoltre diventano importanti gli archivi del territorio, non solo i cataloghi dei musei; possono essere archivi di Enti pubblici – Stato, Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni – oppure altri Enti d’interesse pubblico – università, ospedali, scuole – oppure enti legati all’amministrazione pubblica, aziende partecipate; possono essere archivi di privati cittadini, o ordini professionali – notai, architetti, ingegneri – oppure di famiglie che nel tempo hanno accumulato carteggi privati, fotografie, documenti, araldica; possono essere archivi ecclesiastici, storicamente molto ben forniti e legati alla storia delle comunità.

Testimonianze orali, corrispondenza privati, e musei del lavoro, brevetti industriali, archivi sindacali e di piccole e grandi imprese, enti pubblici locali, proloco… fino allo studio delle marmellate di Marc Bloch, il quale, quando insieme a Lucien Febvre nel 1929 a Strasburgo pubblica il primo numero delle “Annales d’histoire économique et sociale”, intende proporre un nuovo modo di studiare la storia: “Realtà concreta e vivente, restituita all’irreversibilità del suo slancio, il tempo della storia, invece, è il plasma stesso in cui nuotano i fenomeni e quasi il luogo della loro intelligibilità. […] Questo tempo reale è per natura un continuum. Ma è anche continuo cambiamento.” (Bloch, 2009, 24)

L’Ecosistema dei beni culturali si muove in tale “continuo cambiamento”.

(Continua)

Data:

24 Febbraio 2023