‘Secondo uno studio scientifico l’idrossiclorochina, un farmaco anti-malaria, è estremamente efficace nella terapia dei pazienti adulti con COVID-19’ … “La cura con la clorochina è efficace se assunta allʼinizio della malattia”… Durante la pandemia da COVID-19 abbiamo assistito alla pubblicazione di innumerevoli articoli accademici, anche su testate di alto profilo giornalistico, presto ritirati. Nel frattempo, circa 17.000 persone potrebbero essere morte causando sfiducia e divisione nella società.
La scienza da sempre considerata portatrice di verità granitiche, infallibili e indiscutibili, oggi affronta una delle più gravi minacce alla sua credibilità. La libera circolazione di dati non singolarmente verificabili e di notizie, anche attraverso il fenomeno detto di “preprint”, ovvero la pubblicazione online di ricerche non ancora sottoposte al vaglio della comunità scientifica (conosciuta come peer-review), ha determinato un sovraccarico di informazioni false o fuorvianti. Questo fenomeno è stato definito “infodemia” e ha contribuito alla visione della scienza come inaffidabile, in virtù della sua prassi schizofrenica di affermare e al contempo ritrattare.
In assenza di sicurezze scientifiche si corre indubbiamente il rischio di interpretare i risultati di un lavoro scientifico al pari di semplice opinione. In questo clima di incertezze, una parte dell’opinione pubblica preferisce le teorie pseudoscientifiche di stampo complottistico come quelle intorno alle scie chimiche, al paranormale o agli ufo. La stessa OMS/Europa, per arginare il problema e rispondere a narrazioni sanitarie pericolose, è intervenuta sulla questione pubblicando un nuovo kit di strumenti operativi che riporta una vasta gamma di tattiche e approcci sistemici.
Come fa una persona ‘non addetta ai lavori’ a recuperare quell’effetto tranquillizzante insito nell’espressione ‘Lo dice la scienza!’? Chi sarebbe, questa fantasmagorica “scienza” così arrogante?
Rispondere non è affatto semplice, ma un buon suggerimento per orientarsi potrebbe essere: recuperare fiducia nella scienza, piuttosto che nella voce del singolo scienziato. L’idea che essa sia un sapere esatto è un antico retaggio del passato perchè, indubbiamente, rappresenta la più vicina approssimazione alla verità. Secondo Karl Popper, la scienza, in quanto attività umana e contingente, non offre risposte definitive e immutabili, quanto processi di ricerca e riflessione che, per loro natura, sono soggetti a revisione e aggiornamento. In altre parole, una continua azione di verifica, falsificazione e correzione: è scientificamente corretta una proposizione che non può (più) essere confutata. La chiave per contrastare la sfiducia nella scienza risiede nella sua comunicazione trasparente, nella promozione di una cultura tesa al controllo critico delle sue asserzioni.
Naomi Oreskes, storica delle scienze e docente presso l’Università di Harvard, autrice dell’opera “Merchants of Doubt”, è una delle voci più influenti nella battaglia contro la disinformazione e la fabbricazione di finte evidenze per fini economici e politici. Il concetto di “mercanti del dubbio” è coniato in riferimento ad un gruppo di scienziati ‘a pieno titolo’ retribuiti da potentati economici per confondere l’opinione pubblica, far passare ciò che è frutto di ideologia per verità oggettiva, ritardare l’attuazione di politiche urgenti, alimentando un clima di incertezza. Basti pensare alla famigerata Big Tobacco che, attraverso accreditati scienziati e un’asimmetria informativa, ha ostruito l’approvazione di provvedimenti legislativi che avrebbero potuto frenarne la crescita e i cospicui introiti. In questa narrativa del dubbio, la Oreskes attribuisce un ruolo fondamentale ai network dell’informazione e alle stesse Istituzioni. Se da un lato, infatti, la scienza deve fare i conti con la disinformazione, dall’altro i media e le politiche pubbliche svolgono un compito cruciale nel garantire una adeguata conoscenza e nella programmazione e attuazione di proposte e azioni legislative il più possibile trasparenti. In un’epoca in cui le crisi ambientali e sanitarie sono sempre più urgenti, comprendere e combattere i mercanti del dubbio è più importante che mai. Ipazia di Alessandria, vissuta quasi 2.000 anni fa, ci avrebbe sicuramente suggerito: “Salvaguardate il vostro diritto di pensare, perché anche pensare male è meglio di non pensare affatto”.
Bisognerebbe colpire immediatamente e duramente gli scienziati falsi o venduti, perché chi ha una qualche disposizione a credere ai complotti o alle fandonie cercherà proprio questi, si attaccherà e si appellerà a quei pochi, cercando di confutare la maggioranza degli studiosi che dicessero il contrario. Lo abbiamo visto molto chiaramente con la pandemia. Se poi ci aggiungiamo la poco diffusa cultura scientifica, il poco tempo a disposizione per verificare le notizie, spesso poco o malamente filtrate dai mezzi di comunicazione, se non addirittura riportate ad arte per fare spettacolo ecco che il piatto caotico da cui ci nutriamo giornalmente sarà bello e apparechiato. Poi è chiaro che anche gli scienziati non sono infallibili. Nemmeno i nostri orologi più costosi misurano il tempo in maniera precisa, ma se devo prendere un treno che parta alle otto, col mio orologio posso arrivare in stazione con un minuto di ritardo, senza potrei anche perdere il treno.