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SE QUESTA E’ MUSICA… – Siamo divenuti sordi o incompetenti? O entrambe le cose?

cms_33564/foto_E.jpgE’ tornato il Festival. E’ tornato il baraccone delle meraviglie (o no?…)

L’ho seguo poco. Per carità, anche quest’anno ho guardato qualche segmento delle varie serate, generalmente troppo lunghe per reggere fino alla fine.

Il discorso è che ogni anno mi avvilisce sempre di più.

Obiettivamente la kermesse sanremese è uno dei frutti dei nostri tempi.

E’ uno dei figli naturali della quasi assoluta mancanza di educazione musicale presente nel nostro Paese. Soprattutto per quel che riguarda la nostra tradizione classica o canzonettistica, che ha fatto scuola per secoli. Siamo imbevuti, tartassati, inebetiti da musica estera (e anche italiana) di pessima qualità. Tutto il giorno. Tutti i giorni. Abbiamo dimenticato le origini, le nostre meravigliose origini. Si canta ormai soltanto secondo un mood afro-americano che non ci appartiene, a noi lontano. Le voci sono tutte uguali. Tutte lo stesso modo, lo stesso stile, gli stessi abbellimenti, gli stessi melismi a fine frase. Stento a riconoscere a chi appartenga quella voce che sto ascoltando alla radio. Idem se chiudo gli occhi davanti al televisore. Ai bambini e ai ragazzi non si insegnano le basi del linguaggio musicale, niente ascolti, pochissima pratica, spesso realizzata da maestre che a malapena la musica l’hanno sommariamente avvicinata.

Come materia di studio, essa arriva faticosamente alla scuola media, per poi scomparire completamente in tutti gli ordini di studi superiori (a parte, ovviamente, i licei musicali). Della nostra tradizione dalle mille sfaccettature e sfumature presenti nel ricchissimo mondo regionale, poco o nulla.

Eppure lì ci siamo noi, quello è il nostro DNA. Chi perde le proprie radici non ha futuro, è preda del primo avventuriero che incrocia la stessa strada e che presto comprende che lì può far man bassa. Questo ci ricorda qualcosa?

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Stessa sorte è toccata alla storia dell’arte. Se ne fa poca, pochissima. Con tutto il patrimonio che abbiamo dovremmo vedere colonne continue di ragazzi in giro per le città ad osservare, studiare, carpire, fotografare, respirare quelle opere d’arte che tutto il mondo ci invidia. No. Lezione in classe, teorica, sul libro, in mezzo ad un devastante, annoiato disinteresse da parte dei discenti. E si studia – poco, molto poco – commentando pessime immagini su testi mediocri (che altrimenti risulterebbero cari, quando per le scarpe di ultimo grido non si lesina di certo…). Oggi i ragazzi utilizzano strumenti didattici che li allontanano inesorabilmente dalla vera bellezza, dal sapere autentico. Abbiamo acquisito un’ignoranza imbarazzante rispetto alla media degli altri paesi. Abbiamo perso il buon gusto in ogni campo. Perfino nel mangiare. Parlo sempre, e soprattutto, dei giovani. Noi! Il Paese dove si mangia meglio in assoluto nel mondo, che insegna le regole di una sana alimentazione, che vanta i migliori prodotti alimentari, vere eccellenze del pianeta!

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E pensare che le radici della nostra cultura artistica e musicale risalgono al mondo greco. A quel popolo che riconosceva alla musica un ruolo fondamentale nell’educazione dei suoi ragazzi. Platone e Aristotele ne esaltavano l’importanza morale e civilizzatrice, la capacità di educare l’animo al bello, alla grazia, all’armonia. La musica era materia portante ed imprescindibile per la crescita totale della personalità, oltre allo studio della grammatica, della matematica e alla pratica della ginnastica (per costruire un corpo sano). Il maestro deputato a tale insegnamento si chiamava kitharistés. Gli allievi, con lui, imparavano a suonare gli strumenti e a usare la voce attraverso i testi dei poeti lirici, accompagnandosi con la kithara o con la lyra (da cui l’appellativo di poesia lirica, usato ancora oggi). Di ciò abbiamo molte testimonianze attraverso le arti figurative, i poemi omerici e la letteratura.

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Tutto ci comunica quanto la musica fosse fondamentale per l’educazione dei fanciulli sin dai primi anni di vita. Essa, inoltre – come ho già scritto in articoli precedenti – era utilizzata come mezzo terapeutico. In altre parole si poneva grande attenzione alla tipologia di musica eseguita e proposta. Sbagliare melodie voleva dire causare problemi, anche seri, a chi ne fruiva!

Se passiamo poi all’età medievale, troviamo anche lì la musica in posizione privilegiata. Faceva, infatti, parte del Quadrivium (le materie fondamentali di studio) anche come scienza dei suoni.

Ora, invece, per ignoranza, superficialità, involuzione sociale ed umana, non si conosce o si sottovaluta (nella migliore delle ipotesi) l’eccezionale potere formalizzante della musica. Troppo spesso, direi quasi sempre, si propone musica schizofrenogena, cioè non idonea ai nostri ritmi biologici e cellulari. In una parola patologica. Con danni soprattutto nei giovani che si trovano in evoluzione, non solo fisica, ma anche psico-emotiva.

E allora?

Allora rassegniamoci e buttiamoci nel mucchio…

In che senso? (alla Carlo Verdone…)

Mi avete capito…

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Data:

18 Febbraio 2024