Comincio il mio articolo con una foto perché il personaggio che vi presento oggi lo conosco da bambino, anzi da neonato.
È il figlio di amici carissimi.
Questo ragazzino si chiama Sean Valsecchi e oggi è un ragazzone di 24 anni che gioca come mediano di apertura nella Rugby Roma, serie A.
Praticamente è il regista della squadra.
In passato l’ho visto in campo varie volte e ho capito che non è uno sport per un tipo apprensivo come me, soprattutto se in quella battaglia c’è qualcuno a cui voglio bene.
Come molti atleti, in pubblico è di poche parole, ma quelle che mi ha detto sono sufficienti per questa istantanea.
- Sean, i rugbisti continuano a dire che non è uno sport violento ma io ho visto vari giocatori uscire ammaccati. Tu che mi dici su questo argomento?
Uscire ammaccati non fa del rugby uno sport violento. Come tutti gli sport di contatto è naturale che capiti questo.
E se esci ammaccato significa che hai dato il meglio di te, che non ti sei risparmiato.
- Se giochi in una squadra come la Roma significa che sei bravo. Che cosa ti è costato diventare bravo? Quale fatica, quali sacrifici?
Io faccio rugby ad alto livello da quando avevo 15 anni. Certo che ci sono sacrifici e rinunce. Allenarsi 4 volte a settimana, poi la palestra… e il sabato sera a casa perché la domenica c’è la partita, mentre gli amici escono e si divertono.
Ma credo che riguardi qualsiasi sport se lo si vuole praticare come professionista e ai massimi livelli.
È una scelta e i risultati ripagano i sacrifici.
- C’è un rugbista che hai considerato come un modello da eguagliare?
Si, ed è Owen Farrell. Gioca nel mio stesso ruolo, è un rugbista internazionale.
È il sesto miglior marcatore internazionale e uno degli unici sei rugbisti ad aver marcato almeno 1.000 punti internazionali in carriera.
È un leader, un trascinatore, si prende molte responsabilità.
Abbiamo in comune che i nostri padri ci hanno avvicinato al rugby e sono allenatori.
Il paradosso è che ora suo padre allena la nazionale irlandese e lui gioca per la nazionale inglese; quindi spesso sono antagonisti nelle partite internazionali.
(il padre di Sean, Sven, è stato allenatore delle Fiamme Oro, la squadra della Polizia)
- In ogni sport c’è un aspetto negativo, qual è quello del rugby?
È ai margini dello sport italiano, non è considerato come tanti altri sport, anche se negli ultimi tempi questa situazione sta migliorando ma è difficile che sia valutato come succede in Nuova Zelanda, in Inghilterra, in Irlanda… per esempio. Lo vediamo soprattutto a livello economico, se confrontiamo gli stipendi milionari dei calciatori a quelli miseri dei rugbisti che in campo si spaccano la schiena.
E poi, alla fine di una carriera, i problemi fisici rimangono dopo che il corpo ha subito molti traumi.
- Parlando della nostra società, di questo mondo in cui viviamo, cosa è che non ti piace in particolar modo?
Ho già verificato quanto sia difficile l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. È già difficile per i laureati, figuriamoci per chi non ha voluto proseguire gli studi anche se ha tante altre capacità che però non sono prese in considerazione.
E comunque vale ancora il concetto che se non hai “un pezzo di carta” non sei nessuno.
- Mi dici una cosa che ti ha insegnato la vita finora?
… che nessuno ti regala niente in questa vita, tutto dev’essere guadagnato, sudato. Per ora è l’insegnamento più evidente e sono certo che anche in futuro la penserò così.