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‘Señal de socorro’ Amazzonia

I tronchi degli alberi sono separati, ma le radici si tengono strette le une alle altre e i rami in alto si intrecciano. Sono uniti a livello profondo ed a quello più elevato. Gli uomini dovrebbero essere come un’immensa foresta”, scriveva vent’anni fa Romano Battaglia nel suo libro ‘Sulla riva dei nostri pensieri’, rendendo manifesto lo stretto legame che intercorre e fra uomo e natura. Tuttavia la natura, preziosa forza generatrice universale, è costantemente minacciata dall’uomo, che ha profondamente perso la connessione e il rispetto per il Pianeta che pian piano si sta spegnendo. Per questo, tutelare la biodiversità della Terra è divenuto l’obiettivo della Giornata mondiale della Biodiversità, che ricorre ogni 22 maggio, proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per celebrare l’adozione della Convenzione sulla Diversità Biologica, firmata a Nairobi nel 1992.

Un’altra importante ricorrenza è quella del 5 settembre, giornata mondiale dell’Amazzonia, polmone verde del mondo, divorato dagli incendi dolosi che stanno continuando a distruggere gli ecosistemi naturali e a violare i diritti degli esseri umani, per l’allevamento intensivo sui terreni disboscati illegalmente. Infatti, per il 75% gli incendi che stanno devastando la foresta pluviale in Amazzonia (oltre sei milioni di chilometri quadrati (6,7) di foresta di cui tremila andati in fumo quest’anno), sono responsabilità dell’uomo e del governo Bolsonaro, che più volte ha attaccato le ong che si prendono cura del “polmone verde del mondo”. L’Ong internazionale per la difesa dei diritti degli animali, Animal Equality, ha documentato con immagini catturate da droni la deforestazione in Amazzonia, enfatizzando il collegamento con l’industria alimentare e gli allevamenti intensivi.

Lo scorso ottobre, “Gli incendi – ha spiegato la ong – vengono appiccati come fase finale del processo di trasformazione delle foreste in pascoli o piantagioni di soia. I roghi nella foresta pluviale amazzonica sono destinati agli allevamenti e all’industria della carne, come ad esempio lo spazio per pascoli e per la coltivazione di soia che viene trasformata in mangime per polli, maiali e pesci”. Forse se una tragica notizia, seppur catastrofica, non ci riguarda da vicino non è poi così rilevante. Ma questa volta c’è un legame, un fil rouge che intercorre fra l’Italia e la distruzione dell’Amazzonia, e questo legame è l’agroindustria e l’importazione di carne: nel nostro Paese, fra luglio 2019 e giugno 2020, sono state importate dal Brasile oltre 25mila tonnellate di carne, destinate al rifornimento di ristoranti e alla grande distribuzione.

A tal proposito, l’ong ambientalista Greenpeace chiede alla Commissione europea di presentare rapidamente una normativa “che garantisca che carne e altri prodotti, come la soia, l’olio di palma e il cacao, venduti sul mercato europeo, soddisfano rigorosi criteri di sostenibilità e non siano legati alla distruzione o al degrado degli ecosistemi naturali e alle violazioni dei diritti umani”. Cosa rischiamo di perdere? L’Amazzonia è la più grande foresta al mondo ed ospita molte più specie vegetali ed animali che in qualunque altra parte del mondo, e, inoltre, è anche il bacino fluviale più grande del pianeta e per serve un intervento immediato e concreto per preservarla.

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Data:

6 Settembre 2020