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SI PUO’ UCCIDERE LA VERITA’?

Sono bastati pochi giorni, densi di avvenimenti drammatici, a riportarci alla mente l’orrore del 7 gennaio 2015, quando 12 persone persero la vita nella redazione francese di Charlie Hebdo. La settimana appena trascorsa ha visto minacciato per l’ennesima volta il principio di libertà di stampa, sebbene con modalità differenti e in parti del mondo molto lontane fra loro.

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Martedì scorso, ad Amsterdam, un furgone si è scagliato contro la facciata d’ingresso della redazione di De Telegraaf, celebre quotidiano olandese. Prima di abbandonarlo e darsi alla macchia, l’ignoto conducente ha introdotto nel veicolo dell’esplosivo, generando un violento incendio che, fortunatamente, non ha causato vittime. Probabilmente ciò non era nelle intenzioni dell’attentatore, che ha deciso di agire ben lontano dall’orario lavorativo, intorno alle 4 del mattino. Sia gli investigatori che i cronisti hanno subito compreso l’intento minatorio del gesto: “Tutto lascia pensare che si sia trattato di un attentato, non ci faremo intimidire” ha dichiarato infatti Paul Jansen, caporedattore della testata. “Questo atto deliberato contro De Telegraaf è uno schiaffo alla libertà di stampa e alla democrazia olandese. – ha denunciato il primo ministro Mark Rutte – Ci sono ancora delle zone d’ombra, ma rimaniamo vigili. La polizia sta facendo di tutto per fermare gli autori”.

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Dopo appena due giorni dal primo episodio, alle 15:15 di giovedì (ora italiana 21:15), un uomo si è introdotto nella redazione di Capital Gazette, ad Annapolis (Maryland, USA), ed ha aperto il fuoco contro i collaboratori presenti, uccidendo 4 giornalisti e un’assistente alle vendite. Armato di fucile e fumogeni, l’attentatore ha raggiunto il quarto piano del palazzo che ospita la sede del giornale e ha sparato all’impazzata, senza neppure identificare le sue vittime. Il suo unico scopo era quello di annientare quanta più gente possibile, salvo poi arrendersi dopo una decina di colpi. All’arrivo della polizia, l’uomo – identificato con il nome di Jarrod W. Ramos – era rannicchiato sotto una scrivania, in attesa dell’arresto. Lui stesso aveva bloccato l’uscita secondaria dell’edificio, strategia che gli ha reso impossibile la fuga.

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Lo stato di fermo è stato ufficializzato ieri, quando è stata appurata la sua colpevolezza. Ramos, a cui è stata negata persino la cauzione in virtù della sua pericolosità, si trova ad oggi accusato di 5 omicidi premeditati: secondo gli inquirenti, avrebbe progettato nei minimi dettagli la strage, come testimoniato anche dagli oggetti rinvenuti nella sua abitazione. Il 38enne, laureato in ingegneria informatica, aveva già rivolto minacce e insulti allo staff del quotidiano da diversi profili Twitter, dando sfogo al rancore che covava ormai da anni. Nel 2009 l’uomo fu accusato di molestie “virtuali” da una ex compagna delle superiori, destinataria di innumerevoli mail e messaggi quotidiani. Ciò gli valse una condanna a 90 giorni di detenzione, che riuscì a evitare intraprendendo un percorso terapeutico e interrompendo le comunicazioni con la donna. Ma la Capital Gazette dedicò un articolo alla vicenda, macchiando irrimediabilmente la reputazione dell’ingegnere: per questo, Ramos intentò una causa contro il quotidiano, denunciandolo per diffamazione. Naturalmente, il giudice non fu in grado di appurare la colpevolezza del giornale, che non aveva in alcun modo violato la privacy del 38enne. Di qui l’intenzione di “farsi giustizia da solo”, che deve averlo portato a fantasticare per lungo tempo sulla sua vendetta.

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Non si sono fatte attendere le reazioni dei giornalisti presenti al momento della sparatoria, salvi solo per via della stanchezza che deve aver sopraffatto l’assalitore. Phil Davis, con grande lucidità, ha riportato in tempo reale su Twitter quanto accaduto in quei 45 minuti d’inferno: “Un solo individuo armato ha aperto il fuoco, colpendo molte persone. Non posso dire molto altro, non voglio fare riferimento esplicito a nessun morto, ma è una situazione terribile. Non c’è niente di più spaventoso che vedere diversi colleghi che vengono colpiti, mentre tu ti trovi sotto a un tavolo e senti che l’arma viene ricaricata” si legge in una serie di concitati messaggi.

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Neppure con le sue munizioni da caccia, dunque, Ramos è riuscito a imporre il silenzio ai cronisti che avevano scatenato la sua ira: molti dei dipendenti del giornale, dopo l’assalto, hanno proseguito il loro lavoro nel parcheggio dell’edificio. Venerdì mattina la Capital Gazette era presente in tutte le edicole, come ogni giorno, quasi a volersi burlare dei suoi oppositori. Il coraggio della libertà non conosce morte né intimidazione: le “penne” cariche di verità hanno battuto, ancora una volta, la forza bruta della violenza.

Data:

30 Giugno 2018