Le ricerche e gli studi sugli effetti delle nuove tecnologie sulle persone sono ormai diventati una costante dell’attività di accademici e professionisti di tutto il mondo. La mole di indagini e analisi indica un dato di fatto: la rete ha conseguenze evidenti e importanti sugli utenti. Al contrario degli old media, i new media, tra cui internet e i suoi derivati, sono strumenti cognitivi, in grado cioè di incidere sulle nostre vite, abitudini e comportamenti, i cui motivi e i cui modi sono ancora oggetto di studio per la forte influenza che le piattaforme di condivisione hanno sulle relazioni personali. Mai prima d’ora l’essere umano si è imbattuto su artefatti tecnologici in grado di incidere su temi come lo sviluppo cognitivo (di adulti e bambini), privacy, sorveglianza, dipendenza, odio, paura e nuove forme e contesti di discussione.
A questo proposito vi è un nuovo studio, pubblicato sulla rivista The Lancet Child & Adolescent Health, che ha evidenziato nuovi e interessanti informazioni sulle conseguenze dell’uso dei social sulla salute mentale e sulla qualità della vita degli adolescenti. La ricerca ha coinvolto ben 10.000 ragazzi di età compresa tra i 13 e i 16 anni residenti in Inghilterra, ed è impostata su questionari fatti compilare dai ragazzi a partire dal 2013 fino al 2015, chiedendo loro con quanta frequenza hanno controllato o utilizzato i social. Le conclusioni sono interessanti per gli effetti che avrebbero i social media sulle nostre vite: essi non sono dannosi in sé, ma sono pericolosi perché possono far aumentare fattori di rischio, come per esempio la riduzione delle ore di sonno e la mancanza di attività fisica. I social network dunque secondo quanto affermano i ricercatori, non causerebbero danni in generale, ma un loro uso frequente potrebbe interrompere una serie di attività con un impatto negativo sulla nostra salute mentale, come appunto il sonno e l’esercizio fisico.
Le conseguenze inoltre porterebbero a un aumento dell’esposizione dei più giovani a contenuti nocivi come il cyberbullismo. Le piattaforme di condivisione che quotidianamente usiamo per i più svariati scopi e a cui affidiamo ogni tipo di soluzione ai nostri problemi, non sarebbero la causa diretta di problemi di salute mentale, ma avrebbero una causa solo indiretta, come sottrarci quelle preziose ore di sonno necessarie al nostro cervello per rielaborare tutte le informazioni raccolte durante la veglia ed eliminando dalle nostre abitudini una sana attività fisica in grado di sottrarci a posture deleterie per il nostro apparato scheletrico.
La nuova mission da parte del corpo insegnate e da parte dei genitori sarebbe dunque quella di insegnare ad affrontare nel giusto modo una serie di nuove patologie connesse all’uso smodato dei social, come il cyberbullismo, e nello stesso tempo coltivare nei teenager l’interesse verso un corretto e sano stile di vita, tralasciando invece il luogo comune che insisteva nel vigilare sugli adolescenti affinché riducessero le ore passate sui social.
Patricia Wallace nel suo libro La psicologia di Internet (Raffaello Cortina editore) cita un meme che come un virus tempo fa si propagava in rete; si tratta dell’hashtag #Ilostsleepbecause con cui si invitavano gli utenti ad aggiungere un possibile finale. Tra i tanti follower, ce n’era uno in particolare che scriveva: «Non riesco a posare il telefono». È proprio qui il nocciolo della questione, lo spunto decisivo da cui poi partire per analisi approfondite: il forte impatto delle tecnologie di rete hanno dato linfa vitale a un determinismo tecnologico in cui, come ebbe a rimarcare Robert Heilbroner, «i cambiamenti […] hanno preso il sopravvento, ma gli organi deputati al controllo e alla regolamentazione della tecnologia (tra cui gli utenti stessi, ndr) sono ancora rudimentali».