M5S, la deputata venezuelana in Italia: “Soldi dal regime? Non mi sorprende”
“Si tratta di un’inchiesta giornalistica, ma non ci sorprende, perché sappiamo che è una pratica del regime di Nicolas Maduro finanziare alcuni movimenti, politici, dirigenti e candidati”. Mariela Magallanes, la deputata dell’opposizione venezuelana arrivata in Italia il primo dicembre scorso insieme al collega Amerigo De Grazia grazie all’impegno di Pierferdinando Casini, dopo mesi passati nella nostra ambasciata a Caracas in seguito alla revoca dell’immunità parlamentare, commenta così le rivelazioni del quotidiano spagnolo Abc su un presunto finanziamento di 3,5 milioni di euro al M5S da parte del regime chavista. Rivelazioni che sono state smentite dal governo di Caracas e dal Movimento, che minacciano querele.
“Penso che le autorità italiane dovrebbero comunque aprire un’indagine”, sostiene Magallanes, parlando con l’Adnkronos e chiarendo tuttavia di “non voler entrare in una discussione di politica interna italiana”. “Il nostro lavoro – sostiene la deputata di Cambio Radicale, che dal 6 marzo scorso è la rappresentante a Roma dell’Assemblea nazionale – è quello di ottenere il riconoscimento da parte del governo italiano di Juan Guaidò come presidente ad interim. Noi speriamo che ci sia consenso politico per appoggiare il nostro percorso verso la democrazia, che ha già fatto progressi importanti”. Magallanes ha poi definito “terribile” la situazione attuale in Venezuela, dove, “il regime usa pandemia per controllare e perseguitare sempre di più l’opposizione e chi la sostiene e i cittadini che protestano per la mancanza di acqua, benzina e servizi essenziali”.
M5S soldi da Maduro? le reazioni del centrodestra
LEGA- “Non commento quello che non è certo, anche perché sono mesi che inseguono soldi russi che non esistono, quindi non voglio gettare la croce addosso ad altri. Se ci fossero riscontri concreti o evidenze sarebbe un problema perché il Venezuela è uno degli ultimi regimi comunisti, sanguinari, dittatoriali che ci sono al mondo” dice il leader della Lega, Matteo Salvini, durante una conferenza stampa a Castelli Calepio in provincia di Bergamo.
“Non entro nel merito di finanziamenti che non conosco quindi non spetta a me dare giudizi – ribadisce il leader del Carroccio – L’atteggiamento amichevole di parte dei Cinquestelle nei confronti del regime venezuelano mi ha sempre sconcertato, ma questo anche se fosse gratis. Se non fosse arrivata una lira, il fatto che parlamentari Cinquestelle andassero in Venezuela, si facessero fotografare con carnefici e sanguinari della dittatura venezuelana, secondo me è surreale”. “Vedo un problema in questo governo, al di là di eventuali finanziamenti: l’amicizia con alcuni regimi, penso a Cina, Venezuela e Iran – conclude Salvini – mi fa vergognare di essere italiano. Cina, Venezuela e Iran sono regimi sanguinari e dittatoriali con cui non si dovrebbe andare a braccetto”.
FdI- “Il M5S ha sempre avuto una incomprensibile simpatia per il regime venezuelano, tanto da isolare l’Italia a livello europeo e occidentale su questo delicato dossier – afferma Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia – Ora emerge una notizia sconcertante: secondo i documenti pubblicati dal quotidiano spagnolo ABC l’attuale presidente del Venezuela Maduro, allora ministro degli Esteri di Chavez, avrebbe fatto arrivare una valigetta con tre milioni e mezzo di euro in contanti a Gianroberto Casaleggio, guru del Movimento 5 Stelle. Se confermata, la notizia sarebbe di una gravità inaudita e spiegherebbe la particolare indulgenza dimostrata dai Cinquestelle nei confronti del regime di Maduro. Fratelli d’Italia chiede che il governo chiarisca immediatamente in Aula su questa gravissima ipotesi e che la magistratura sia celere nell’indagare sulle numerose ipotesi di reato”.
FI- Il vicepresidente di Forza Italia e del Ppe Antonio Tajani ha presentato un’interrogazione prioritaria alla Commissione Europea, e in particolare all’Alto Rappresentante Josep Borrell, con richiesta di risposta scritta, per chiedere “quali azioni intende avviare la Commissione per verificare se partiti nazionali ed europei abbiano ricevuto finanziamenti dal regime venezuelano e per quanto tempo”. Tajani ricorda che “le ingerenze elettorali straniere sono una minaccia per le democrazie europee e gli unici a beneficiarne sono i movimenti anti-Ue e le forze estremiste e populiste”. L’esponente di Fi chiede anche “quali azioni intende intraprendere il vicepresidente della Commissione e Alto Rappresentante per tutelare la democrazia ed i cittadini europei e garantire elezioni libere negli Stati membri”. Tajani chiede infine quali azioni intenda intraprendere Borrell, “di concerto con il Consiglio Europeo, se tali finanziamenti illeciti si fossero verificati”.
“Risponderemo all’interrogazione, non possiamo rispondere alle interrogazioni in sala stampa”, ha detto il portavoce capo dell’esecutivo Ue Eric Mamer, durante il video briefing con la stampa a Bruxelles.
Election day a settembre?. Decreto ora passa al Senato
Election day a settembre per Suppletive in Parlamento, referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari, elezioni regionali e comunali. Alla fine è questa la norma che sintetizza e caratterizza il decreto legge approvato dalla Camera e che ora passa all’esame del Senato, disposizione inserita durante l’esame del provvedimento a Montecitorio e contestata dai comitati referendari, per i quali la consultazione sulla riforma istituzionale non andrebbe confusa con quelle amministrative. Ma a dividere è anche la data che dovrà essere scelta per le urne, non esplicitamente prevista dal decreto, che indica soltanto una finestra, ma che potrebbe essere quella del 20 e 21 settembre.
SUPPLETIVE – Diversa e più articolata tuttavia la genesi del testo, emanato a causa dell’emergenza coronavirus che ha reso necessario il rinvio di alcune elezioni. In primo luogo, in riferimento alle suppletive, il decreto ne fissa il termine per lo svolgimento per i seggi dichiarati vacanti alla Camera e al Senato entro il prossimo 31 luglio, in 240 giorni dalla dichiarazione della vacanza, rispetto ai 90 previsti dalla legge elettorale.
Attualmente è stato dichiarato vacante il 18 marzo scorso il seggio del Senato del collegio 3 della Sardegna. Senza l’emanazione del decreto legge si sarebbe quindi dovuto votare entro ieri. A questa vacanza potrebbe aggiungersi, sempre a palazzo Madama, quella del collegio 9 del Veneto, dopo la morte ieri del senatore di Fdi Stefano Bertacco.
REGIONALI – Per quanto riguarda le elezioni regionali, viene prolungata di tre mesi la durata in carica dei consigli regionali, il cui rinnovo era previsto entro il prossimo 2 agosto 2020 e si stabilisce che le elezioni si svolgano nei 60 giorni successivi o nella domenica compresa nei sei giorni ulteriori. In pratica la legislatura che in Liguria, Veneto, Toscana, Marche, Campania e Puglia scadeva lo scorso 31 maggio viene prolungata al 31 agosto e le elezioni potranno svolgersi a partire dal 6 settembre.
COMUNALI – Passando alle Comunali, il turno annuale ordinario del 2020 viene spostato ad una domenica compresa tra il 15 settembre e il 15 dicembre, anziché tra il 15 aprile e il 15 giugno. Nello stesso periodo si voterà anche per l’elezione dei consigli comunali e circoscrizionali che devono essere rinnovati per motivi diversi dalla scadenza del mandato, se le condizioni che rendono necessarie le elezioni si sono verificate entro il 27 luglio 2020. Si stabilisce tuttavia che quest’ultima disposizione non si applica alle elezioni degli organi circoscrizionali nei Comuni, come ad esempio Roma, dove il Consiglio comunale rimarrà in carica fino alla scadenza naturale prevista nel 2021.
PROVINCIALI – Previsto infine che le elezioni dei presidenti di Provincia e dei Consigli provinciali in scadenza nel 2020 si svolgano entro 90 giorni dalle elezioni dei Consigli comunali, con la conseguente proroga della durata del mandato fino al rinnovo degli organi.
RIDUZIONE FIRME E PAR CONDICIO – Per l’emergenza sanitaria è stato ridotto ad un terzo il numero minimo di sottoscrizioni richieste per la presentazione delle liste e candidature per le elezioni comunali e regionali, salvo diversa disposizione adottata, per queste ultime, dalle Regioni. Viene poi stabilita l’applicazione delle norme sulla par condicio.
REFERENDUM ED ELECTION DAY – Come detto il nodo che ha suscitato maggiori polemiche nell’esame del decreto legge è quello relativo all’election day e conseguentemente alla data in cui si svolgeranno le elezioni, considerando che in alcuni Comuni potrebbe essere necessario il ballottaggio.
Già a marzo il cosiddetto decreto ’Cura Italia’ aveva prorogato il termine di indizione del referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari portandolo da 60 a 240 giorni dalla comunicazione di ammissibilità. Quindi il governo avrà tempo fino al 19 settembre, ma la consultazione dovrà svolgersi in una data compresa tra i 50 e i 70 giorni successivi. Per votare il 20 settembre occorrerebbe perciò indire il referendum entro il primo agosto.
Il decreto legge prevede infatti l’applicazione del principio dell’election day anche per lo svolgimento del referendum, mentre l’orientamento del governo sarebbe quello di votare per regionali e amministrative il 20 e 21 settembre. Due questioni che come detto sono oggetto di polemica, con componenti del comitato referendario che contestano l’accorpamento, mentre in generale sulla data del voto le opposizioni, in particolare Fratelli d’Italia, hanno manifestato contrarietà, unitamente ad alcune Regioni.
Tuttavia durante il dibattito parlamentare sono arrivate aperture da parte del governo. “Appare auspicabile -ha affermato il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese- che nella prosecuzione del dialogo si individui una data da parte di tutti i soggetti deputati a farlo, dal governo come dalle Regioni, che rappresenti un punto di equilibrio per lo svolgimento delle elezioni nelle migliori condizioni. Una data che ritengo auspicabilmente unitaria, al fine di conciliare, con modalità uniformi, le esigenze di tutela della salute con quella della ripresa economica”.
Con il parere favorevole del governo, è stato inoltre approvato a larghissima maggioranza un ordine del giorno, presentato da Simone Baldelli, di Forza Italia, che nello stabilire la data del referendum impegna il governo a “valutare la volontà del comitato promotore”.
Di Battista: “Se mi candido leader? Prima congresso, poi valuterò”
“Prima vengono congresso, Stati Generali e assemblea. C’è un momento in cui tutte le anime del Movimento fanno delle proposte perché c’è da contrastare il marciume come abbiamo fatto bene in questi anni, con dei normalissimi limiti. Io quindi quello che farò, quando ci sarà questo spazio, è presentare una proposta politica. A seconda di come andranno questi Stati Generali – questo congresso – farò la mia valutazione, perché per me prima viene il cosa e poi il chi”. Lo ha detto ai microfoni di Quarta Repubblica, su Rete4, Alessandro Di Battista, riguardo a una sua ipotetica candidatura a capo politico.
Conte leader del M5S? “Qualora volesse fare il capo, si dovrebbe iscrivere al M5S”, risponde quindi l’ex parlamentare del Movimento 5 Stelle che, sulla richiesta di un ’congresso’ M5S, sottolinea: “Questa è una proposta soltanto di uno spazio politico che chiedono tutti i nostri iscritti in cui costruire il M5S dei prossimi 10 anni, tra l’altro, ribadisco, essendo un cittadino libero, faccio delle critiche quando lo reputo opportuno”.
Di Battista assicura poi che “la storia che io sia contro Conte è una stupidaggine totale”. Alla provocazione ’sembra che lei stia dicendo a Conte di stare sereno’, l’ex deputato M5S risponde così: “Mi date troppa importanza. Le imprese stanno male, l’ambiente è un dramma, io non parlo più di questa roba qui. Ho detto e ribadisco ciò che penso: sono le mie idee e adesso mi dedico ad altro. Sto facendo proposte per contrastare la disoccupazione, per contrastare il dissesto idrogeologico, l’acqua pubblica e per creare delle imprese con programmi di Stato a sostegno dei giovani disoccupati. Io mi sto dedicando a presentare delle proposte al M5S e al Paese. Questo è quanto”.
L’ex deputato M5S ha poi ricordato di aver “detto che serve uno spazio di confronto, chiamatelo come volete. E’ la mia idea, ieri Beppe mi ha mandato a quel paese su questa idea… Perché ha risposto così? Ah non lo so… E’ una proposta in cui credo e siccome sono una persona riconoscente, anche se manda a quel paese una mia proposta, se ho avuto l’opportunità di farla, è merito suo e di Gianroberto”.
In merito alla questione del vincolo del doppio mandato, Di Battista, spiega: “Credo in quella regola e se qualcuno vuole modificarla può proporlo in questo spazio politico (al congresso, ndr). Io però non penso che la politica sia una professione. Non campo di politica. La politica la adoro ma si può fare anche senza stare nei palazzi”.
Renzi: “Di Battista? All’estero lo pagano per stare zitto…”
“Il problema di Di Battista è che nessuno lo paga all’estero per ciò che ha da dire, secondo me lo pagano per stare zitto…”. Così a ’L’aria che tira’ il leader di Iv Matteo Renzi replica alle critiche di Alessandro Di Battista, il quale aveva affermato che “andrebbe vietato a Renzi di fare conferenze pagate”. “Di Battista ha detto che Obama è un golpista. Uno del genere, in tutti i Paesi civili, non si intervista, si aiuta…”, ha aggiunto Renzi.