Traduci

SOMALIA, TERRORE IN UN PAESE ESAUSTO

Appena tre giorni fa, sabato 28 dicembre, l’ennesimo attentato terroristico ha colpito un Paese dilaniato ormai da decenni, la Somalia. Sembra quasi superfluo ricordare gli eventi del 2006, quando il governo di transizione fu attaccato dall’Unione delle Corti Islamiche – la Somalia è stato, dopo il governo islamista del generale Bashir in Sudan, l’unico Paese in cui si tentava di istaurare uno stato islamico nel continente africano – e spinse, appena due anni più tardi, l’Etiopia a intervenire militarmente per ripristinare la sovranità somala sul territorio, che portò in breve tempo alla costituzione dell’attuale governo federale. Una storia ricca di episodi di questo genere, con il Kenya nel 2011 a lanciare l’operazione “Linda Nchi” (che in lingua swaili significa pressappoco “proteggere il Paese”), forte dell’appoggio diretto delle forze di difesa nazionale etiopi sul campo e delle forze armate francesi e statunitensi a fornire copertura aerea; l’obiettivo, già da allora, era contrastare gli al-shabaab, cellula terroristica affiliata al gruppo al-Qaeda, operante in tutto il corno d’africa. Da allora, con una straordinaria regolarità (più di un attacco di grande portata all’anno) gli jihadisti somali hanno compiuto attacchi in ogni parte della federazione, con particolare attenzione alla capitale Mogadiscio. Appena qualche mese fa la capitale è tornata alla ribalta con l’attacco compiuto ai danni di un convoglio militare italiano, senza, fortunatamente, provocare vittime; ed ecco tornare il terrore per le vie di Mogadiscio, dove nell’ultimo attacco hanno perso la vita quasi 100 persone, secondo il bilancio ufficiale, e oltre settantasono rimaste ferite dall’esplosione di un’autobomba. Lo ha riferito la polizia, parlando di «un’esplosione devastante», in cui sarebbero morti 30 studenti dell’università della capitale Benadir. Il deputato Abdirizak Mohamed, ex ministro della Sicurezza Nazionale, su Twitter ha sostenuto di essere stato informato della morte di oltre 90 persone. Tra questi “17 agenti di polizia, 73 civili e 4 stranieri”, secondo la stampa ingegneri turchi.

Immediata la reazione del ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu, che su Twitter ha affermato “Saremo sempre al fianco della Somalia. La nostra lotta al terrorismo continua con determinazione”, confermando la morte di due cittadini turchi. Secondo la ricostruzione del portavoce del governo, Ismael Mukhtar Omar, il kamikaze si è fatto saltare in aria vicino a un ufficio delle imposte, in una zona affollata in un sobborgo sud-occidentale della città. Obiettivo del kamikaze sarebbe stato un checkpoint lungo Afgoye Road, come ha spiegato all’agenzia Xinhua. Esplosione avvenuta durante l’ora di punta, per creare effetti devastanti tra la popolazione che affollava le strade. Tre ore dopo la strage, ecco arrivare le rivendicazioni ufficiali dei qaedisti.

Tempestiva anche la reazione del Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, con un messaggio inviato direttamente al Presidente della Repubblica federale di Somalia, Mohamed Abdullahi Mohamed. “Seguo con partecipazione e profonda tristezza le notizie sul gravissimo attentato che ha colpito poche ore
fa la città di Mogadiscio causando un ingente numero di vittime. In questa luttuosa circostanza giungano a Lei e all’amico popolo somalo le espressioni del nostro più sentito cordoglio
”. Quello a cui stiamo assistendo sembra essere un risveglio degli al shabaab, che in passato avevano più volte abbandonato le proprie postazioni nelle regioni della Somalia, spostandosi a più riprese tra Kenya, Etiopia, Sud Sudan ed Eritrea, più volte accusata dai vicini di fornire assistenza e rifugio agli jihadisti. L’augurio per l’anno venturo non può non contemplare una risoluzione decisiva della questione, magari sotto l’egida dell’UA e di tutta la comunità internazionale, per porre fine una volta per tutte alle fibrillazioni di radicalismo islamico in un Paese che sta cercando di uscire dalla crisi congenita di cui pare soffrire ormai da trent’anni, dalla caduta del generale Siad Barre.

Data:

31 Dicembre 2019