Il volume scritto da Romano Benini con Vincenzo Scotti offre un contributo scientifico importante ed originale alla ricostruzione di aspetti, momenti, problemi e protagonisti molto controversi del- la storia della Prima Repubblica italiana.
Il libro si avvale di una consistente documentazione resa disponibile da istituzioni pubbli- che e private statunitensi, inglesi e anche italiane. In particolare, la documentazione conservata nell’archivio riservato della Fondazio- ne Mattei a Matelica ha dato modo agli Autori di scrivere pagine che, allo stato attuale delle conoscenze e delle ricerche sulla figura e sulla morte di Enrico Mattei, possono definirsi definitive, ovvia- mente nel senso che tale aggettivo ha nell’attività storiografica.
Particolarmente estesa e criticamente puntuale è stata l’utiliz- zazione di articoli a stampa, memorie, testimonianze di numero- si protagonisti delle vicende trattate, ma un ruolo fondamentale nell’accrescere il tasso di originalità del libro assume la testimo- nianza autorevole, profonda, meditata e, in alcuni passaggi, acu- tamente sofferta e toccante, di Vincenzo Scotti, uno dei maggiori protagonisti della vita politica italiana del secondo dopoguerra.
La linea interpretativa di fondo di questo periodo della storia d’Italia che emerge dal volume si colloca in una posizione mediana tra i due opposti modi di ricostruirla e giudicarla che connotano la storiografia contemporanea: l’uno rappresentandola come in- dipendente da ogni «condizionamento o pressione» tanto da non ritenervi «rintracciabile un filo conduttore tra gli eventi, i delitti, le stragi e i diversi episodi della nostra storia recente», e quindi giudicandola sostanzialmente non influenzata da poteri più o meno occulti sia interni che internazionali, totalmente sovrana, espressio- ne genuina e fedele della volontà dei suoi cittadini espressa attra- verso il voto; l’altro giudicandola, al contrario, del tutto eterodi- retta, connotata dall’esistenza di un doppio Stato, quello ufficiale democratico e quello «occulto e responsabile di stragi e delitti, fautore di un disegno eversivo delle libertà democratiche, in una nazione che non poteva dirsi libera e sovrana» (p. 386).
A fronte di queste contrapposizioni estreme, marcatamente ideologizzate, Benini e Scotti sostengono che la storia della Prima Repubblica italiana è stata, sia pure con intensità e incidenza va- riabili a seconda dei tempi, costantemente soggetta a tentativi di forze e organismi, sia interni sia soprattutto internazionali e più o meno occulti, di condizionarla politicamente, economicamente e socialmente al punto da indurli a qualificare nel titolo del libro l’Italia della Prima Repubblica come «sorvegliata speciale». Tut- tavia, per gli Autori ciò non significa che la nostra storia repub- blicana sia stata prevalentemente, e tanto meno esclusivamente, il prodotto di quei condizionamenti. Essa fu spesso condizionata ma mai completamente dominata da potenze straniere e/o da mafie e lobby interne. Al riguardo la posizione «mediana» del libro è ine- quivocabile:
La nostra sovranità come nazione non è stata piena… [ma] questa condizione non ha impedito all’Italia di avere una democrazia reale e una dialettica politica che si è svolta in buona parte alla luce del sole e rispettando le regole del gioco democratico. La nostra repubblica parlamentare ha mantenuto istituzioni fonda- mentalmente sane, che hanno saputo resistere e reagire nei momenti di maggiore crisi e contribuire allo sviluppo del paese (p. 386).
Questa conclusione di ordine generale va tenuta presente nella lettura di un libro nel quale si analizza sistematicamente una mi- riade di casi e situazioni in cui il ruolo negativo e frenante di for- ze contrarie allo sviluppo democratico, civile ed economico della nostra nazione è messo a fuoco in tutta la sua portata e gravità. È impossibile ripercorrere criticamente in questa sede tutti gli eventi, momenti, problemi e personalità trattati nel libro in modo sempre documentato e incalzante e con stile avvincente. Qui si possono solo richiamare, alla luce delle conclusioni generali qui sopra ricor- date, i passaggi più significativi di una storia altamente comples- sa, contraddittoria e controversa (Ricostruzione, Guerra Fredda, centrismo degasperiano, svolta a sinistra, delitto Mattei, crisi degli anni ’70, terrorismo e assassinio di Aldo Moro, stragismo e lotta alla mafia) e valutare il grado di persuasività dell’interpretazione complessiva e del giudizio storico su di essi formulati dagli Autori.
Dalla ricostruzione della storia delle forze palesi o occulte che intervennero per influenzare l’opera delle istituzioni pubbliche e delle forze politiche e sociali ufficiali, emerge in linea generale una divisione di fondo tra le reti di condizionamento internazio- nali e quelle nazionali, che a volte agirono in piena autonomia, a volte si intrecciarono alleandosi o anche contrastandosi. Per quel che concerne le forze internazionali è pienamente convincente la tesi degli Autori, secondo cui sia quelle ufficiali, sia quelle occul- te, fecero tutto il possibile per ribadire la subalternità dell’Italia alle potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale, subalterni- tà sancita dalle dure condizioni imposte dal Trattato di pace, la cui approvazione nel Parlamento italiano non per caso fu rifiutata da una personalità come Benedetto Croce, che non era certo né un nostalgico fascista, né un fanatico nazionalista, né un fautore del regime sovietico. L’avversione delle compagnie petrolifere so- prattutto franco-inglesi ai piani di autonomia energetica progetta- ti e in parte attuati da Enrico Mattei fu originata non solo dal- la volontà di difesa dei loro specifici interessi monopolistici nella gestione delle risorse petrolifere mondiali, ma fu espressione an- che delle preoccupazioni internazionali destate in linea generale dall’impetuosa crescita economica dell’Italia, una crescita che, con pochi eguali su scala planetaria, poteva costituire la premessa di una maggiore autonomia politica.
Le pagine dedicate alla figura di Enrico Mattei, al pericolo- sissimo contesto nel quale egli si trovò ad operare, alla sua mor- te e alle conseguenze di essa, sono tra le più efficaci ed originali del libro, forti dell’utilizzazione delle carte riservate dell’archivio della famiglia Mattei e delle indagini della procura di Pavia del 1994-2003. Col rinvenimento delle prove materiali di un’esplosio- ne a bordo dell’aereo che trasportava Mattei avvenuta prima della caduta di esso, si scioglie secondo gli Autori qualunque dubbio sulla natura dolosa della catastrofe di Bascapè (p. 81). Su chi pos- sa poi essere stato il mandante dell’attentato non sono state rac- colte indicazioni e prove giudiziariamente decisive. Appare però oggettivamente inconfutabile l’accurata disamina delle forze eco- nomiche, sociali e politiche internazionali per le quali il creatore e Presidente dell’ENI era divenuto un personaggio troppo scomodo e praticamente incontrollabile ai fini del mantenimento del qua- dro degli interessi energetici oggettivi della rete petrolifera anglo- franco-americana e indirettamente anche degli equilibri di poten- za stabiliti a Yalta. E parimenti ineccepibile è l’analisi dei cam- biamenti intervenuti in materia di autonomia energetica italiana a seguito della tragica scomparsa di Mattei e dell’ascesa di Eugenio Cefis alla presidenza dell’ENI. Pertanto, è difficile immaginare ipotesi esplicative riguardo ai mandanti diverse da quelle avanza- te nei cinque scenari disegnati nel libro; quanto agli effetti dell’e- liminazione di Mattei sulla storia economica e politica d’Italia è impossibile negare e neppure minimizzare la natura enormemente negativa di essi sulla storia dell’economia e dello sviluppo demo- cratico del Paese.
Benini e Scotti non fanno comunque di tutt’erba un fascio nel giudizio sull’apporto estero allo sviluppo economico e politico ita- liano del secondo dopoguerra, e se lo giudicano molto negativamente nell’intricata vicenda dell’assassinio di Enrico Mattei, per quanto riguarda l’insieme delle relazioni economiche e politiche internazionali dell’Italia il giudizio è molto più articolato ed equilibrato, soprattutto per quel che concerne il ruolo degli USA ne- gli anni ’50 e ’60, visto largamente positivo ai fini dello sviluppo dell’economia e della democrazia in Europa e in Italia grazie al piano Marshall e al Patto atlantico (pp. 63-66). Né viene ignora- ta la grande problematicità creata dal legame del PCI con l’Unio- ne Sovietica staliniana e il suo carattere potenzialmente eversivo dell’equilibrio tra le superpotenze nell’età della Guerra Fredda. Il giudizio su Alcide De Gasperi e l’estrema prudenza, coraggio e saggezza con cui egli seppe gestire, da un lato, il rapporto con gli Stati Uniti e, dall’altro, l’estromissione dal Governo dei parti- ti frontisti, è largamente positivo, pur nella piena consapevolezza che l’appartenenza dell’Italia al Patto atlantico in posizione subor- dinata era uno stato di fatto che sarebbe stato difficile sovvertire e che in altri tempi e in altre congiunture politiche avrebbe avuto effetti non positivi sugli interessi economici e sullo sviluppo de- mocratico nazionale.
Meno comprensivo, in effetti, il giudizio degli Autori sulle ra- gioni dell’atteggiamento statunitense rispetto alla crisi politica ita- liana degli anni ’70, sulle loro palesi interferenze contrarie all’ipo- tesi di compromesso storico e sulla loro ostilità al disegno di un Governo di solidarietà nazionale elaborato e promosso da Aldo Moro. L’analisi degli eventi è, anche in questo caso, molto pun- tuale e documentata, confermando però quel che per lo più già si sapeva circa l’avversione al compromesso storico da parte ameri- cana e sovietica. Quello che ora viene meglio messo in luce e do- cumentato è l’intreccio mai così stretto sino ad allora tra fattori di condizionamento internazionali e fattori interni e, in questo con- testo, l’importanza del ruolo svolto da Vincenzo Scotti nel lavorio diplomatico volto a convincere il Governo USA dell’impossibili- tà di avere in Italia una maggioranza parlamentare stabile senza l’appoggio comunista. Una valorizzazione del ruolo di Scotti che si ripete anche a proposito del suo ruolo di primissimo piano avu- to nella lotta alla mafia negli anni successivi, una lotta culminata nella sua opera da Ministro dell’Interno nel 1990-1992.
Le reti di condizionamento interne occupano nell’economia del libro uno spazio non inferiore a quello dedicato ai condizio- namenti internazionali e il giudizio negativo su di esse, a differen- za dei punti problematici segnalati nei condizionamenti interna- zionali, non trova attenuanti di sorta per l’intero arco della storia repubblicana. Criminalità organizzata, logge massoniche e servizi segreti deviati, secondo gli Autori, continuarono a tessere un di- segno conservatore e reazionario che mosse con continuità, dalla strage di Portella della Ginestra fino a quella di Via d’Amelio, un disegno sempre contrario a qualunque processo riformatore e di sviluppo democratico. Personalità coraggiose e progressiste come Mattei, Moro, Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino che lottarono contro l’antistato per lo sviluppo economico e per la democrazia furono lasciate sempre nella solitudine e nella sconfitta e per que- sto la storia della Prima Repubblica fu molto peggiore di quel che avrebbe potuto essere. Va tuttavia ribadito che secondo gli Autori la lotta dello Stato alla mafia e alle altre forme di criminalità orga- nizzata, a differenza di quella contro il terrorismo, le logge mas- soniche e i servizi segreti deviati, non ebbe mai partita veramente vinta. È anche vero però che la negatività dell’azione dell’antistato riuscì solo a rallentare e non a bloccare lo sviluppo economico e democratico della Prima Repubblica, la quale, come abbiamo già ricordato, riuscì a mantenere istituzioni fondamentalmente sane, «che hanno saputo resistere e reagire nei momenti di maggiore crisi e contribuire allo sviluppo del paese» (p. 386). E ciò per me- rito anche di uomini di Stato, come Claudio Martelli e Vincenzo Scotti, al cui impegno nella lotta alla mafia questo libro rende fi- nalmente, sulla base di una indagine storica scientificamente inap- puntabile, quella piena giustizia che la storiografia sino ad oggi non aveva loro reso.
(Guido Pescosolido)
Guido Pescosolido, Università degli Studi di Roma «La Sapienza», guido.pescosolido@uni- roma1.it