Una economia sostenibile è tale se ogni generazione lascia a disposizione della seguente almeno le stesse risorse naturali che ha ricevuto dalla precedente; questa è la definizione rigorosa, e anche molto antipatica perché è una sentenza di morte per le strutture economiche e sociali come le conosciamo oggi.
Il voler realizzare una economia sostenibile si dovrebbe tradurre in azioni pratiche, e le proposte sull’argomento abbondano; e poiché la sostenibilità è considerata un bene, i comunicatori di professione la infilano dappertutto.
Ad esempio, cosa fare degli umidi? Ovvero dei rifiuti organici che non si possono riciclare? Una risposta possibile è che troverete sui media è che il Compostaggio è la soluzione migliore. Si può facilmente (mica tanto, provate a separare con attenzione l’organico da carta e altro!) raccogliere questo tipo di scarti in un contenitore in cui si fanno decomporre grazie all’inserimento di apposite sostanze naturali. Il risultato è un ottimo concime per le piante e consente di fare un ulteriore passo in avanti perché, utilizzando questo sistema, si può scendere sotto la soglia dei 100 kg di rifiuti annui per famiglia.
Questa proposta però è una soluzione attuabile solo da chi abbia un terreno di dimensioni adeguate, e vicini che accettino la puzza. Occorre spazio per far decomporre questo tipo di scarti; e tempo per gestirli, rivoltarli, ecc. Per i poveri mortali che non possono farlo il servizio funziona solo quando l’azienda comunale facilita al massimo il ritiro, giornaliero, del materiale organico. E sanziona (cioè “multa”) chi non separa correttamente l’organico dal resto. Ci si dimentica troppo spesso che l’Amministrazione Pubblica è pubblica proprio perché…ha il potere di sanzionare, reprimere, arrestare, e piacevolezze del genere! Nessun Ente Privato ha lo stesso potere (quando lo ha, vedi le varie camorre e mafie italiane, esistono leggi che lo proibiscono, promettendo sanzioni, repressione, arresti, ecc.). Nel caso dei rifiuti organici si arriva a dei paradossi: abbiamo visto un negozio di prodotti farinacei gettare ogni sera 2-3 sacchi di cibo ottimo, preparato la mattina ma che non si può donare, e pagare per farlo ritirare, a poche centinaia di metri abbiamo visto una pizzeria che getta tutti i rifiuti annessi alla pizza venduta, cartone, bottiglie, eccetera nell’organico; tanto nessuno controlla.
Ricordiamo ai giovani che non lo possono sapere che solo 60 anni fa, in Italia, ogni famiglia contadina aveva un maiale rigorosamente alimentato con gli avanzi; un perfetto esempio di riciclaggio.
Altra proposta, che è diffusissima sui media e che quasi nessuno segue: aboliamo l’acqua minerale, e si beve acqua di rubinetto, dove è buona.
Ricevere l’acqua a casa direttamente dalle tubazioni dovrebbe costituire un obiettivo di primaria importanza. Si potrebbero eliminare del tutto i 9 miliardi di bottiglie in Pet che vengono utilizzate ogni anno in Italia. Per fare ciò bisognerebbe sistemare le tubazioni e migliorare la qualità dell’acqua del sindaco (un tempo si chiamava così l’acqua dell’acquedotto comunale, e ci piace usare termini desueti per riportarli in vita), che a volte, nelle bollette, può assumere il nome poco rassicurante di acqua per uso domestico.
Anche dove l’acqua del sindaco è ottima (come a Roma) è inesorabile il meccanismo del disinteresse pubblico e dell’interesse privato: mentre il settore pubblico non ha alcun interesse a promuovere il consumo di un prodotto economicissimo (1 cent/litro, e anche meno) il settore privato ha tutto l’interesse a promuovere il consumo di un prodotto economicissimo (per chi lo pompa dal suolo) ma con un ricarico spaventoso. E per convincere il pubblico ad acquistare acqua in bottiglia si spendono cifre folli in pubblicità.
Mezzo secolo fa, forse ricordiamo male, gli studenti o i militari che avessero sete bevevano l’acqua del rubinetto, e nessuno ha mai accusato problemi. Adesso in tutte le scuole sono presenti distributori di bottiglie di acqua minerale, perché “è più igienica”!
Esclusi i casi in cui l’acqua minerale è necessaria per ragioni di salute (ma per tali casi esistono le farmacie!) qui si potrebbe inventare una Finanziaria: ad esempio consentendo alle Regioni di imporre sull’acqua minerale una accisa (e senza porre limiti superiori! In fondo è un bene assolutamente di lusso!) crescente al crescere della distanza della fonte dalla Regione dove l’acqua viene venduta.
Ogni centesimo di incremento dell’accisa su ogni bottiglia di Pet frutterebbe ogni anno all’Erario italiano milioni di euro!
Altre proposte? Produrre a km zero diventa importante! La distanza degli impianti di produzione da quelli di distribuzione deve essere, idealmente, azzerata. Bisogna consumare quello che si produce in loco e dare spazio a rivendite eco-solidali e a costruzioni bioenergetiche. Ma anche evitare di mangiare fragole e ciliege nei periodi invernali e consumare la frutta e verdura di stagione può essere un inizio.
Purtroppo queste sono solo (in parte) belle illusioni! Oggi quasi tutta l’agricoltura italiana è in crisi proprio per la disponibilità di prodotti a costo inferiore, quasi sempre provenienti addirittura da Paesi esteri. Il costo di trasporto che viene ad aggiungersi è infatti talmente basso che il differenziale di costo resta quasi immutato. E qui si va a toccare una problematica (il costo dei trasporti superflui e lo spreco di energia connesso) ben più ampia.
Purtroppo l’unica soluzione semplice, e rigorosa, è introdurre la “bolletta stradale”, installando su ogni vettura un “contatore”. A seconda dei km percorsi, del carico trasportato, del consumo specifico della vettura, dell’orario, della velocità massima, e di tanti altri parametri, il contatore accumulerebbe “punti”. Dopodiché si tratterebbe solo di fissare il prezzo di un punto-trasporto … e incassare. Questo provvedimento potrebbe essere inserito in una delle prossime Finanziarie.
Darebbe introiti certi, regolabili con finezza. E offrirebbe infinite possibilità di modulazione, soprattutto nella redistribuzione degli introiti tra Enti sul territorio. Ma parlarne è da fantascienza!
Altra proposta che ci viene ripetuta a ogni mail? Eliminare la carta, nell’era del cloud storage, sembra possibile. Basta con i volumi che ogni anno accumuliamo nelle nostre stanze, basta con gli sconfinati archivi cartacei, la cancelleria degli uffici e tutta quella serie di documenti che vengono prodotti dagli antiquati meccanismi della burocrazia. Archivi digitali, quotidiani online e ebook sono dei più che degni successori dei loro predecessori. Così viene scritto.
Questo è un argomento molto “popolare” e molto “alla moda”. Ma chi lo porta avanti manca assolutamente di una visione “olistica” del mondo reale. Il cloud storage implica il funzionamento (e il relativo spaventoso consumo di energia elettrica) di enormi Data Center che mantengono i documenti disponibili “on line”, senza distinguere tra i file che vengono consultati quotidianamente, e quelli che giacciono da anni senza essere più stati letti. E più passano gli anni, più cresce la percentuale di dati conservati on line inutilmente, poiché non esiste una politica di “pulizia” periodica. Inoltre i Data Center non hanno alcun obbligo di conservare i dati a tempo indeterminato, quindi non c’è da stupirsi se un bel giorno accadrà che decideranno di cancellare tutti i dati prime del 20…, a meno che non paghiate una piccola cifra. E a meno che un fenomeno (una piccola scossa tellurica, o troppa acqua sui cavi eletrici, o un ratto che rosicchia l’isolante, o una bomba) non provveda prima a far spegnere il tutto.
Si continuano anche ad usare i fogli di carta perché … sono pratici e leggibili anche dopo decenni. A differenza del PC sono subito operativi appena li apro (e non devo aspettare che l’antivirus si aggiorni, si aprano le icòne, e così via), il software di consultazione è semplice da imparare (basta conoscere l’alfabeto e saper girare le pagine), lo schermo è ad altissima risoluzione (circa 5.000 x 6.000 pixel, almeno), la frequenza di quadro è altissima (praticamente infinita), posso esplorare decine e decine di pagine al secondo (usando un solo dito) senza che lo schermo si blocchi. E soprattutto posso trovare i nomi che cerco anche se non li conosco esattamente, e scoprire informazioni a cui altrimenti non sarei mai arrivato. E conservare disponibile tutta quella mole di informazioni non mi costa un solo Joule di energia.
Io leggo ancora libri di carta, perché sono energeticamente risparmiosi. Supponiamo che per leggere un piccolo libro io impieghi otto ore. Il mio PC sarà acceso per otto ore. Consumerà circa 0,2 kWh di energia elettrica, per un costo di pochi centesimi.
Ma io leggo praticamene 14 ore al giorno. Questo equivale a bruciare, con i prezzi attuali dei carburanti, tanti cc di gasolio o benzina, producendo un peso circa triplo di biossido di carbonio. Gli idrocarburi hanno un potere calorico circa triplo di quello del legno, quindi per leggere il mio libro al PC qualcuno ha fatto bruciare, per me, il triplo del peso in legno. Fate i vostri calcoli, e scoprirete quanta legna equivalente deve essere bruciata. E questo “ogni volta” che leggo!
Certamente il Web rende disponibile in tempi rapidissimi una quantità sterminata di informazioni, ma questo ha un costo energetico. Lo scrivere e il leggere di economia “verde” sul web di centinaia di milioni di persone sta probabilmente richiedendo più energia di quella risparmiata (ammesso che ciò abbia indotto un risparmio concreto) usando le stesse informazioni.
Escluse le riviste tecniche usate dai tecnici (gli unici “costretti” a fare qualcosa), quasi sempre l’uso di carta sarebbe evitabile. Intere foreste sono abbattute per consentire di stampare riviste ecologiche patinate che fa tanto cool leggere. Riviste vendute in prevalenza nei quartieri delle classi più agiate, con case ben illuminate (elettricamente, con lampade a basso consumo), ben riscaldate (bruciando combustibili fossili) e ben raffreddate (sempre bruciando combustibili fossili). Riviste con una pagina di testo e tre di pubblicità. Pagine che stimolano i consumi di vestiti, automobili potenti, vacanze di lusso, gadget elettronici. Tutti prodotti energivori, e superflui al 100%.
Non occorrono troppi consigli per inquinare meno. Uno è essenziale: eliminare il superfluo. Ma questo significherebbe far diminuire la domanda interna (così come è strutturata oggi) e causare una diminuzione del PIL. Come può raggiungere l’equilibrio una società (quella europea) che pretende di far continuare a crescere indefinitamente il PIL, e contemporaneamente ridurre i consumi di energia e di materie prime?
Il PIL in realtà non misura la ricchezza prodotta, ma i passaggi di ricchezza “misurati”. Se vostra nipote viene a vigilare tutti i pomeriggi i cuginetti, mentre voi siete al lavoro, e voi ricambiate aiutando in casa la madre, il PIL non cambia. Ma se voi pagate un baby-sitter, che poi spende gli stessi soldi per pagare una badante, il PIL aumenta. Se c’è inflazione il PIL aumenta. Introdurre un deposito-cauzione sui contenitori, che viene rimborsato da un altro negozio, fa aumentare il PIL perché incrementa le contabilizzazioni, il costo dei controlli amministrativi prima inesistenti, eccetera.
Introdurre la bolletta-stradale implica l’installazione e la verifica annuale di decine di migliaia di contatori elettronici, con l’emissione di decine di milioni di fatture. Implica l’installazione sul territorio di sistemi elettronici che consentano di “comandare” i contatori secondo le regole di contabilizzazione progettate.
Implica anche la possibilità di avere un campo totalmente nuovo da “arare” per la fiscalità. E senza possibilità di evasione, o elusione: ogni veicolo è immatricolato al PRA e se ne conosce il proprietario. Di ogni veicolo si saprebbe (quasi, nasceranno trucchi infiniti) esattamente dove è stato, a che velocità, eccetera. E certamente è difficile sostenere che per andare da Roma a Napoli si sono percorsi 10 km di strade! Come è poco sostenibile percorrere 100.000 km in un anno dichiarando al contempo un reddito di 6.000 euro.
Ognuna di queste proposte, se si volesse passare alla fase di realizzazione, incontrerebbe ostacoli, barriere, interessi contrari di coloro che vedrebbero ridurre i propri guadagni. E anche le proteste di chi non vuole cambiare abitudini e apprezza un tipo di vita in realtà insostenibile per il pianeta Terra, e cerca di scaricare il costo sui poveri.
Perché il problema di fondo è proprio questo. Negli ultimi due secoli in Europa le condizioni di vita sono spaventosamente migliorate per tutti. Per i poveri un po’, per i ricchi tantissimo (basta considerare che nel mondo ci sono circa 30 milioni di barche usate per piacere, quindi assolutamente superflue). E ogni provvedimento per ridurre lo spreco di energia e materie prime va sempre a colpire prima i poveri. Come si può essere sostenibili scaricando i costi solo sulla classe ricca? E’ questa la questione sociale di oggi.