Il sovraffollamento delle carceri è purtroppo un problema comune a molti Paesi europei, che si ripercuote sulla gestione dei detenuti e sul rispetto dei diritti umani. Recentemente, la Gran Bretagna è tornata a far parlare di sé a causa di questa emergenza, che ha costretto il neo-premier Keir Starmer ad adottare una soluzione controversa per alleggerire la pressione sulle strutture penitenziarie.
Già lo scorso luglio, il governo britannico aveva annunciato un piano per concedere la libertà vigilata ai detenuti che avessero scontato il 40% della pena comminatagli. La misura è entrata in vigore ieri e si applica anche a detenuti accusati di reati gravi, come omicidio, violenza sessuale e terrorismo, categorie originariamente escluse dalla prima bozza del provvedimento. Conti alla mano, si prevede la liberazione immediata di circa 1.700 detenuti.
Questo provvedimento, definito “deflattivo”, ha suscitato polemiche soprattutto dall’opposizione conservatrice, che ha accusato il governo di mettere a rischio la sicurezza di tutti i cittadini britannici. Il Ministro della Giustizia Shabana Mahmood ha difeso la misura, come una necessità urgente per evitare il collasso del sistema carcerario britannico, ormai vicino al limite del 100% della capacità. Il ministro ha poi però sottolineato che il provvedimento verrà revocato non appena i numeri torneranno sotto controllo; tuttavia intanto il dibattito pubblico e politico è esploso.
L’Italia, come noto, affronta una situazione altrettanto critica. Le carceri italiane, con un tasso di sovraffollamento che ha raggiunto il 120%, ospitano oltre 61.000 detenuti, ben oltre la capacità ufficiale di circa 51.000 posti. Il Ministro della Giustizia Carlo Nordio ha recentemente proposto un decreto, divenuto legge il mese scorso, che facilita le procedure di scarcerazione per i detenuti che abbiano maturato tale diritto, con l’obiettivo – tra gli altri – di ridurre la pressione sulle strutture penitenziarie.
Il provvedimento è stato presentato come un intervento di “umanizzazione carceraria”, ma le cifre restano drammatiche: da gennaio ad agosto di quest’anno si sono già registrati 62 suicidi, un ennesimo, estremo segnale di condizioni di vita insostenibili. L’aumento della popolazione carceraria, pari a circa il 9,5% negli ultimi anni, ha colpito soprattutto regioni come il Lazio, dove il tasso di affollamento ha toccato il 149%. La situazione nel resto d’Europa resta altrettanto grave.
In Francia le carceri operano al 120% della loro capacità, similmente all’Italia. Anche la Spagna sta affrontando questo gravissimo problema, pur avendo implementato riforme per favorire misure alternative alla detenzione.
Sono invece il Belgio e la Grecia i Paesi europei più colpiti, con un tasso di occupazione delle carceri che raggiunge il 150%. Entrambi sono stati ripetutamente criticati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per le condizioni disumane cui sono costretti gli ospiti, con Bruxelles sotto particolare lente di osservazione.
In questo contesto, sorprende l’Estonia, che rappresenta una decisa controtendenza in Europa. Considerata una delle nazioni più sicure al mondo, il Paese baltico vanta carceri quasi vuote grazie a un’ampia adozione di misure alternative alla detenzione, promosse dai governi succedutisi negli ultimi anni. Grazie anche ad una criminalità non particolarmente marcata, il governo estone ha recentemente considerato l’idea di “affittare” i posti rimasti disponibili nelle proprie carceri ad altri Paesi europei in difficoltà, non disdegnando un ritorno economico stimato in circa 30 milioni di euro l’anno.
La proposta ha suscitato proprio l’interesse di Londra, che vede in questa soluzione un’opportunità per rendere la permanenza dei detenuti nelle celle più dignitosa e umana.