Quello che sta accadendo in Spagna è senz’altro un sintomo che la democrazia dovrebbe rivedere qualcosa. Il governo spagnolo, dal canto suo, considera il referendum illegale e si appella ai principi democratici di unità e coesione. Mariano Rajoy, il premier, ha sottolineato che la democrazia e la Costituzione debbano essere rispettate. Gli indipendentisti, invece, sostengono che lo Stato di diritto abbia oltrepassato la linea rossa che lo separa dai regimi autoritori e repressivi.
Cerchiamo di capirne di più. A Barcellona si sono formati due schieramenti opposti: da una parte coloro i quali sono a sostegno dell’autonomia della Catalogna, per garantirne i diritti e gli interessi; dall’altra coloro che propendono per l’unità della Spagna. I politici dell’indipendentismo, sia di destra che di sinistra, hanno cercato di formulare un tipo di autonomia federale per riformare la Spagna in un senso plurinazionale. La Catalogna, c’è da dire, ha comunque un suo inno, una sua bandiera, una sua lingua parlata e utilizzata in atti ufficiali. Francesc-Marc Alvaro, editorialista del quotidiano La Vanguardia, ci informa che “nel 2010 il Tribunale Costituzionale della Spagna decise di non riconoscere più lo statuto di autonomia della Catalogna in quanto nazione e ciò ha fomentato nel corso degli anni le richieste indipendentiste, espressione di una profonda sfiducia nei confronti del governo di Madrid, nonché la necessità di collegare la Catalogna direttamente con l’Ue e il mondo globale”. Il governo spagnolo non solo ha espresso il proprio disappunto in merito al referendum indipendentista, ma ha addirittura inflitto una vera e propria censura online.
Il fondatore di Wikileaks (un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro che riceve documenti coperti da segreto in modo anonimo grazie ad un contenitore protetto da un potente sistema di cifratura, per poi caricarli sul proprio sito web), Assange, sostenitore della partecipazione democratica e dell’autodeterminazione dei popoli, si è detto invece favorevole all’utilizzo della rete per bypassare la censura governativa e liberare così l’informazione e l’azione politica. “La prima guerra mondiale della Rete – ha riferito Assange – sembra essere iniziata fra chi censura link ed occupa edifici delle compagnie telefoniche, chiude siti e protocolli Internet e chi tenta invece di usare la Rete per organizzare un referendum sull’indipendenza della Catalogna”. Intanto, lo spazio aereo su Barcellona è stato chiuso a voli privati e ad elicotteri . Sabato sera alcuni cittadini hanno occupato pacificamente diversi seggi e trascorso la notte in scuole e centri civili indicati come seggi per le votazioni del referendum. Risultano ad oggi occupati 160 seggi. Su mandato di un giudice, la Guardia Civil ha preso il controllo di Telecom Ctti della Generalità, per staccare le applicazioni che consentono il conteggio dei risultati, ma anche un possibile ricorso al voto elettronico. Sono state arrestate inoltre persone legate al governo locale. La polizia spagnola in tenuta anti-sommossa ha sfondato a Girona, dove era previsto votasse il presidente catalano Puigdemont, le porte del seggio. Gli agenti avrebbero invece fatto uso di proiettili di gomma contro le persone che protestavano. Il sindaco di Barcellona, Ada Colau, ha detto che ci sono stati “più di 700 feriti in Catalogna” per via della dura reazione della polizia. Tuttavia, le votazioni si sono svolte nell’arco temporale previsto.