Dopo mesi di accuse e pesanti attribuzioni di responsabilità, anche la Cina ha deciso di dire la sua e di tirare fuori gli artigli contro un’America “tiranna”. Lo ha fatto attraverso le parole del ministro degli Esteri Wang Yi, il quale si è così espresso al termine di una sessione parlamentare: “Alcune forze politiche negli Stati Uniti stanno prendendo in ostaggio le relazioni sino-americane, cercando di spingere i due Paesi sull’orlo di una cosiddetta ‘nuova Guerra Fredda’. Gli Usa devono rinunciare a voler cambiare la Cina e rispettare la sua volontà di sviluppo. […] La differenza tra la Cina e alcuni politici americani è come quella tra fatti e bugie, tra scienza e pregiudizio”. Non passa inosservato il riferimento allo storico conflitto “sotterraneo” tra Stati Uniti e Unione Sovietica, risalente al secondo dopoguerra ed oggi attuale più che mai.
L’emergenza coronavirus sta evidentemente acuendo le asperità tra Cina e Usa, ma finora il paese asiatico non aveva assunto una posizione netta rispetto alle calunnie subite, limitandosi a vaghe giustificazioni (accampate in primis dai ricercatori del laboratorio di Wuhan). Cosa ha scatenato, dunque, l’improvviso impeto di orgoglio emerso dalle dichiarazioni di Wang? La goccia a far traboccare il vaso potrebbe essere ravvisabile in un’indiscrezione trapelata dal Washington Post, il quale avrebbe paventato la messa in atto di un test nucleare americano nei prossimi mesi. Stando al noto quotidiano statunitense,i vertici delle agenzie di sicurezza Usa ne avrebbero discusso nel corso di una riunione tenutasi lo scorso venerdì alla luce dei presunti test nucleari condotti da Russia e Cina, denunciati dall’amministrazione Trump. Le due superpotenze chiamate in causa hanno categoricamente smentito tale eventualità, mentre il Consiglio per la sicurezza americano, dal canto suo, non ha ancora replicato all’articolo in questione.
È facile comprendere come la questione Covid-19 sia solo la punta di un gigantesco iceberg, che nasconde complessi intrecci di natura politica ed economica. Gli Usa sono, ad oggi, pesantemente minacciati dall’emergere di una superpotenza in grado di superarli a suon di manodopera a basso costo, innovazione e inventiva. Emblematico, in tal senso, è il trionfo della cinese Huawei, che l’anno scorso ha venduto ben 240.6 milioni di smartphone contro i “soli” 198 milioni di acquisti fatturati dal colosso Apple.
Per arginare il potenziale economico dell’avversario, nel maggio 2019 il presidente Trump ha imposto un sostanzioso aumento dei dazi sui prodotti importati dalla Cina, raggiungendo un valore complessivo pari a 200 miliardi di dollari. Un colpo a cui il Paese del Dragone ha risposto opponendo una forza “uguale ed opposta”, come si suol dire nel gergo della fisica: anche gli asiatici, nel mese di agosto, hanno introdotto il pagamento di imposte sulle merci provenienti dall’America. Eventi che, col senno di poi, sembrerebbero di fatto costituire le battute iniziali di una “guerra fredda”, nonostante l’apparente tregua che le due superpotenze si sono concesse nel dicembre scorso, quando è stato annunciato un accordo riparatore sugli scambi commerciali.
D’altra parte, lo stesso Wang Yi ha concluso la propria dissertazione “tendendo la mano” al gigante d’Occidente: “Cina e Stati Uniti non dovrebbero alimentare conflitti, bensì cooperare in una logica win-win e di rispetto reciproco. Siamopronti a collaborare a un’indagine sull’origine del virus purché sia libera da interferenze politiche e basata su motivazioni scientifiche”. A questo punto, non resta che auspicare l’arrivo di una pace stabile e quanto più proficua tra le due sovranità, accomunate dalla lotta contro il più temibile dei nemici: una pandemia che sta decimando la popolazione mondiale…