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“STORIA DI STORIE DIVERSE” – XXXVI

cms_20430/Foto_1.jpg“Storia di storie diverse”, ovvero storie di alunni disabili, persone con caratteristiche speciali, con limitazioni visibili ed innegabili potenzialità.

Il loro percorso scolastico, le difficoltà incontrate e quanto sia ancora difficile oggi parlare di integrazione nella scuola italiana.

Si affronteranno anche problematiche più generali del sistema scolastico da una visuale privilegiata, quella di chi lavora al suo interno.

“Here you are!” dicono gli inglesi: eccoci qui, da ieri in zona rossa, non si sa con quale consapevolezza. È senza dubbio inferiore rispetto al primo lockdown, che fu vissuto con prudenza, circospezione e paura: ricordo che anche fare la spesa mi terrorizzava, mentre ora non più. Percepiamo e, al tempo stesso, non percepiamo la gravità di ciò che stiamo vivendo. Sappiamo che il virus esiste, che è reale ma, in fondo, vorremmo che non lo fosse, perché ci toglie tutto e ci rende soli, condizione insopportabile per l’essere umano.

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Il numero di decessi giornalieri è un monito inconfutabile: muoiono mille persone ogni due giorni e ormai una città come la mia, Molfetta, che conta 70.000 abitanti, è scomparsa dalla faccia dell’Italia.

La pandemia è percepita come un tunnel senza fine; l’immunità di gregge, che si dice raggiungeremo, grazie al vaccino ma tra molti mesi, sembra un miraggio. Gli sforzi di tutti, soprattutto delle istituzioni, contrastano con un bollettino di guerra insopportabile e con un marito che ha trasportato sua moglie Anna, gravemente malata, adagiandola sul Piaggio Ape a tre ruote.

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La signora era irriconoscibile e tutta bardata, tra lenzuola e coperte, in una barella che il mezzo sembrava quasi non riuscire a contenere. Trasportata scoperta, in inverno, fino al luogo in cui l’ambulanza era ferma.

Un’immagine che in me ha evocato pietas, sconfitta. È stata subito ed ingiustamente fatta circolare come storia di malasanità calabrese: ma così non è stato. Erano solo strette e ripide le vie del paesino calabrese e vi era la necessità di trasportare, urgentemente e con qualsiasi mezzo, la signora, che era in insufficienza respiratoria, all’ambulanza.

Queste ed altre storie, che siano vere o meno, ci colpiscono. Non siamo più nelle condizioni di ascoltarle. Questo è lo stato d’animo attuale, caratterizzato da stanchezza e senso di impotenza.

Le scuole sono ormai e finalmente chiuse, c’è stata massima mancanza di rispetto verso il nostro lavoro, personalmente ho lavorato malissimo, con continui cambiamenti.

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Non facevo in tempo ad organizzarmi su un determinato orario, su una certa organizzazione didattica, che dopo pochi giorni veniva stravolta a svantaggio dei nostri piccoli alunni, soprattutto disabili, che mal tollerano situazioni di instabilità. La serenità degli insegnanti è, di riflesso, la loro… e noi siamo stati davvero trattati “a pesci in faccia”. Mi sono percepita come inesistente rispetto a chi prendeva decisioni a mio nome.

Basti dire una piccola cosa, se vogliamo insignificante ma emblematica: agli studenti sono stati riconosciuti collegamenti gratuiti sulle principali piattaforme educative, in orario mattutino. Io ho speso decine e decine di euro per potermi collegare con i miei dispositivi, dal computer di casa, all’iPad e al telefonino.

Nessun bonus riconosciuto ai docenti mentre in tanti, pur non avendone prima la necessità, sono stati obbligati, a spese loro, a sostenere i costi di una linea fissa: trenta euro al mese, a famiglia, non è un costo trascurabile.

Quindi, la didattica a distanza è stata proposta a nostre spese anche da un punto di vista dei costi laddove quasi nessuna scuola italiana, compresa la mia, ha retto il collegamento di trenta o più insegnanti che dovevano necessariamente collegarsi in contemporanea ad inizio mattinata. Armiamoci e partite.

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Una scuola che ha avuto la presunzione di essere tecnologica senza mezzi, utilizzando i computer degli insegnanti e mancando loro di rispetto come ha ben fatto il governatore della Puglia, Emiliano. Nella mia classe dieci bambini in presenza e altrettanti a distanza.

Le maestre che impazzivano tra il computer, la condivisione dei documenti, la necessità di scrivere alla lavagna e di seguire gli alunni presenti mentre anche quelli a distanza reclamavano attenzioni.

Come si fa ad essere contemporaneamente nella classe e davanti al computer? Se ci si allontana dal computer chi era a casa non sente né vede più nulla.

L’“oscenità” di far scegliere ai genitori cosa fare, se far frequentare o meno i loro figlioli, è stata intollerabile. Non siamo nemmeno stati capaci di protestare, di unire le nostre forze, tra docenti e genitori. Inutilmente abbiamo pregato i genitori di non adottare sistemi misti di frequenza perché è molto difficile e veramente stressante seguire gli alunni a casa e a scuola contemporaneamente. Abbiamo chiesto loro di consultarsi ma di prendere una decisione univoca, perché l’azione di insegnamento ne avrebbe molto risentito.

Analogamente alla decisione del governatore Emiliano circa la possibilità di scelta da parte dei genitori, ogni regione si è organizzata secondo regole a sé stanti, facendo piombare la scuola nell’anarchia più totale. Ciò ha condotto a seri momenti di scontro con l’amministrazione centrale, come è avvenuto proprio tra Emiliano e Azzolina.

Io lamento molto, nella gravità della situazione, la mancanza di coordinamento, di misure organizzative univoche a livello nazionale ma anche l’inopportunità di determinati provvedimenti di taluni governatori.

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25 Dicembre 2020