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Storie di ordinaria follia: quando a pagare sono i bambini

La piccola Nadia, defenestrata dal padre al culmine di una lite familiare (una delle tante) è uscita dal coma, mentre Marco, 11 anni, è morto soffocato dal fumo dell’incendio appiccato dal padre, il quale non aveva accettato la separazione dalla moglie.

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E poi ancora Nissen e Vivien, rispettivamente di sette e nove anni, uccisi con un’iniezione letale dalla madre (poi suicidatasi) per una sorta di “dispetto” al marito: “Sono stanca di soffrire, adesso soffri tu”, aveva scritto sul biglietto di addio.

Sono solo alcune delle piccole vittime della follia umana.

Sono nomi di bambini rimbalzati alla cronaca in quanto protagonisti di fatti estremamente gravi, episodi in cui il più delle volte hanno pagato con la stessa vita per colpe che non hanno.

Un capitolo a parte meriterebbero i milioni di bambini morti durante i tanti conflitti nel nostro bel pianeta, anch’essi vittime innocenti dell’umana follia. Di essi non conosciamo i nomi (sarebbe una lista infinita), ma sappiamo che avrebbero potuto essere i nostri figli.

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E poi ci sono i bambini usati come arma di ricatto nelle separazioni problematiche, i bambini che muoiono per malnutrizione, quelli che vivono in stato di estrema indigenza e piccoli che annegano durante i viaggi della speranza (o della disperazione, sarebbe la definizione più appropriata) … in una parola, sono bambini dimenticati poiché trasformati in oggetti. E in quanto tali dimentichiamo i loro diritti, anche i basilari: quello alla vita, ad esempio.

Gli adulti si fanno i dispetti, fanno i conti con la frustrazione e la rabbia per la fine di un rapporto conflittuale, ma anziché trasformare l’esperienza in un’occasione di crescita o quantomeno di riflessione, sfogano la propria disperazione in ciò che pensano sia una loro proprietà: i figli, appunto.

Così facendo pongono se stessi ed il proprio dolore al centro dell’esistenza, mentre i bambini sono usati come merce di scambio, armi da usare per fare del male all’altro.

Quando la situazione è più grave si arriva a sopprimerli, come i recenti episodi di cronaca testimoniano: si reputa, in questi casi, che il bambino sia l’oggetto più prezioso per l’ex coniuge e distruggendolo (come solo per un oggetto si può fare) si crea dolore all’altro, ci si vendica per un amore finito.

Quali potrebbero essere i provvedimenti atti ad arginare questi drammatici episodi? Sicuramente, al minimo segno di squilibrio in uno dei componenti della coppia, sarebbe opportuno intraprendere un efficace percorso di mediazione familiare che sappia ristabilire il dialogo, fondamentale anche dopo la separazione, dal momento che si può smettere, con il divorzio, di essere moglie e marito, ma la coppia genitoriale non cessa di esistere, per il bene dei propri figli.

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Se la conflittualità degenera, è fondamentale tutelarsi rivolgendosi alle autorità competenti. Queste ultime dovranno attivare tutte le procedure che si ritiene siano idonee alle singole situazioni e fare in modo che i provvedimenti vengano rispettati.

Nel recente episodio di Sabbioneta, se suo padre fosse stato realmente allontanato dalla casa coniugale, Marco non sarebbe morto per il fumo respirato nell’incendio, perché il fuoco non sarebbe mai stato appiccato.

Ma i braccialetti elettronici sono troppo pochi ed hanno un costo decisamente elevato… Peccato che la vita di un bambino, la vita in genere, abbia un valore inestimabile…

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Data:

25 Novembre 2018