Agli albori dell’informatica era tassativo prevedere una procedura non digitale di riserva nel caso di malfunzionamenti, una cautela oggi dimenticata.
Una delle ultime notizie sulla “digitalizzazione” è che anche le “ricette bianche” firmate dai medici di famiglia dovranno essere inserite sui sistemi informatici degli Enti Pubblici preposti, seguita a ruota dalla notizia che i medici di base sono preoccupati per possibili malfunzionamenti del sistema. Comunque la digitalizzazione anche della ricetta bianca procederà, sicuramente il malfunzionamenti ci saranno, è solo questione di tempo.
Purtroppo i media non tengono il conto dei malfunzionamenti informatici di cui danno notizia, un po’ perché non è il loro lavoro e un po’ perché se ne parlassero la fiducia nella digitalizzazione andrebbe in pezzi.
Tanto per far capire che il problema dei malfunzionamenti dell’infocrazia è annoso, e non sarà mai risolto perché è impossibile risolverlo, ricordiamo un caso di una decina di anni fa, quando la Regione Sicilia si inventò un “click-day” che fu un fallimento.
Il caso del “click-day” siciliano fu solo l’ennesimo esempio di come l’informatizzazione e la digitalizzazione, se gestite con poca attenzione e a costi troppo bassi, possono essere controproducenti. Fatto che ormai è da considerarsi la regola, non l’eccezione.
Anni fa, in Sicilia, l’assessorato regionale alla formazione formulò un progetto, il cosiddetto click-day, per mettere in contatto giovani disoccupati e imprese. Il progetto saltò perché il sistema informatico andò in tilt per l’eccesso di richieste.
Accadde cioè esattamente quel che è accaduto negli USA con il progetto di Obama per l’assistenza sanitaria: il sito saltò per eccesso di richieste.
Accadde esattamente ciò che è accaduto quando la gente voleva sapere quanto costava la TASI: siti bloccati.
Accadde quel che è accaduto quando tutti i sistemi informatici delle Poste Italiane si bloccarono per un giorno intero.
Accadde quel che accade sempre più spesso: i sistemi informatici si bloccano, o rallentano, o rispondono a vanvera.
Un simile quadro inviterebbe a concludere che o i sistemi informatici è normale che si blocchino (esattamente come il traffico si blocca per congestione) o che sono malgestiti (esattamente come le strade intasate per eccesso di traffico privato e troppo pochi vigili adetti a regolare il traffico); o tutt’e due.
Evidentemente però il banale concetto che i sistemi informatici in fondo sono solo ferraglia su cui gira del software è troppo dissacrante. Evidentemente c’è chi crede che i sistemi computerizzati debbano , per chissà quale miracolo, funzionare sempre perfettamente e se ciò non accade è colpa di qualcuno che ha male agito, magari prendendo bustarelle.
E infatti la Procura di Palermo, a suo tempo, aprì una indagine proprio sul “click-day”. Unica indagata, in assenza di altri candidati, fu la dirigente AC, accusata di abuso d’ufficio perché avrebbe affidato direttamente il servizio informatico alla ditta XY, senza passare per un gara. La signora AC fu anche accusata di aver favorito l’azienda in cambio di un contratto per la figlia nella società XY.
Dalle indagini è poi emerso che il “contratto” consisteva in una collaborazione a co.co.pro. di un mese, e non con la società XY, ma con un’altra che partecipava a un raggruppamento temporaneo di imprese di cui faceva parte anche la XY. Ora, se una donna cerca lavoro in una azienda informatica, e le aziende sono poche, può accadere benissimo che questo accada. Cosa che in effetti può capitare a chiunque, anche senza scambi di favori.
La scelta della azienda, poi, sarebbe stata consentita dalla legge che permette l’affidamento diretto in presenza di servizi che richiedono particolari competenze: la XY aveva già predisposto un sistema di software per la Regione e l’affidamento a una terza società KZ sarebbe stato antieconomico; questo per la semplice ragione che una società terza avrebbe dovuto acquisire conoscenza del sistema realizzato dalla XY, che certamente non sarebbe stata collaborativa, e quindi la KZ avrebbe dovuto chiedere una cifra più alta. Questa è poi la ragione perché negli appalti informatici è quasi impossibile cambiare il Fornitore A , a meno che il nuovo Fornitore B riassuma (a stipendio diminuito ) gli stessi dipendenti.
I magistrati, alla luce di quanto emerso, hanno archiviato l’inchiesta.
Quali lezioni si dovrebbero trarre da questo caso, che chiameremo il caso del “click-day siciliano?
In primo luogo , per far incontrare imprese e disoccupati che prima o poi debbono pur parlarsi, non è stato proposto di stampare un libriccino con i dati delle aziende, magari a pubblicazione settimanale. No, troppo semplice e “non digitale”, meglio un sito web.
In secondo luogo nessuno è riuscito a determinare il perché del blocco. O meglio, probabilmente era inevitabile, a meno di non predisporre una quantità di risorse tecniche antieconomica; anche qui nessuno ha avuto il coraggio di affermare che forse usare i computer per una cosa del genere era un tantino eccessivo; magari creare un ufficio “reale” con telefoni, fax (adesso i fax sono proibiti per legge, così per mandare un foglio invece di un fax da 60 euro serve un PC da 1.200) e, non sia mai, delle persone, sarebbe stato più efficace.
In terzo luogo l’unica reazione che è stata attivata è mettere sotto accusa il dipendente che ha gestito l’affidamento, che ha dovuto sostenere lo stress e le spese legali. Dipendente che d’ora in poi gestirà sempre ogni affidamento tramite gara pubblica, con i tempi e i costi conseguenti, e pazienza se ogni gara (magari europea ) richiederà 36 mesi. Poi ci saranno altre gare per la manutenzione, e così via. Non stupiamoci quindi se i tempi nella Pubblica Amministrazione diventano di anni. Paradossalmente, più il dipendente è onesto e più sarà cauto, perché non ha alcun vantaggio a rischiare di trovarsi invischiato in un procedimento giudiziario da cui magari sarà assolto, ma dopo anni di stresse e migliaia di euro di spese legali non rimborsabili.
Ovviamente la ditta XY cerca anch’essa di risparmiare, e poiché il posto fisso non c’è più, accadrà quel che sta già accadendo in molte aziende informatiche: il personale esperto viene espulso perché costa troppo, e ne viene assunto altro che costa poco, ed è inesperto. E magari, tanto il posto fisso non c’è più, cambia lavoro andando a lavorare in un agriturismo, dove prende uguale ma si stressa meno. E la XY si trova a dovere gestire un sistema che il suo personale non conosce più.
Che cosa accadrà? Che allo scadere del contratto la XY riterrà indispensabile un aggiornamento del sistema, con ulteriori costi e malfunzionamenti.
Se poi, a volte accade, tutto andasse bene qualche azienda di informatica USA rilascerà una ulteriore versione dei software di base, che richiederà ulteriori aggiornamenti dei software applicativi, e così via…
Alla fine l’azienda XY, disperata, attaccherà un annuncio alla bacheca (cartacea, quindi economica e immune da virus) di qualche Istituto di Formazione, farà i colloqui con giovani appena diplomati quindi aggiornati al nuovo “pacchetto” software, e li assumerà, facendo ripartire lo sviluppo del software da capo. Con ulteriori costi di aggiornamento del software per l’Assessorato.
E’ la realtà: esattamente come accade che le città siano congestionate e malfunzionanti per troppa motorizzazione, le organizzazioni iperdigitalizzate sono congestionate e malfunzionanti per troppa digitalizzazione.
Un esempio eclatante? La metro C di Roma, dove le vetture dovevano essere senza autista. Infatti lo sono, soltanto è prevista una persona in Centrale per controllare la guida del convoglio..
Un altro esempio? L’invio on line dei 730 ai pensionati. Lo Stato ha risparmiato ben 5 euro a pensionato, e i pensionati hanno speso dieci volte tanto presso un commercialista da cui hanno dovuto recarsi per farsi scaricare il 730.
La risposta classica quando si manifestano questi fatti a qualche manager, ingegnere o consulente, è che ” poi impareranno!”, o “tutto si aggiusterà!”. E’ talmente vero che esistono sempre più corsi, tenuti da esperti, per insegnare a usare i vari siti web, in teoria concepiti per essere usati da chiunque.
Un esempio ancora più triste è quello delle iscrizioni scolastiche esclusivamente “on line”. Lo sono, infatti la segreteria effettua l’iscrizione “on line” insieme ai genitori, quando questi non sanno come fare o non possono accedere on line perché non possono sostenere i costi dell’informatica domestica, compilando i moduli on line insieme a loro. Però quel che risulta è che sono i genitori a farlo, grazie alla digitalizzazione, perché l’impiegato scolastico in teoria non dovrebbe farlo; e se non lo fa i genitori debbono recarsi in un CAF e pagare per l’assistenza informatica, spendendo ben di più di quello che avrebbero speso compilando un modulo cartaceo.
Ormai è chiaro che se la digitalizzazione procura un grosso risparmio alle amministrazioni, questo avviene a un costo molte maggiore per l’utenza, perché anche se non paga nessuno questo richiede un sacco di tempo a carico del malcapitato che deve attuare una procedura informatica.
Lo stesso accade con gli sportelli postali o bancari o con i call-center: l’Ente ha tutto l’interesse a mettere meno impiegati possibile, tanto il tempo di coda dell’utenza non è a suo carico.
Così come dopo decenni di crescita della motorizzazione adesso è di moda scoraggiarla per spingere a usare mezzi di trasporto non motorizzati, e questo viene spacciato come innovazione, rischiamo che dopo decenni di “digitalizzazione” occorrerà andare oltre, e scoraggiarla per spingere a usare i moduli cartacei.
Certamente le tecnologie informatiche offrono dei vantaggi notevoli e per molti servizi sono insostituibili, ma per esse vale sempre l’acronimo GIGO.
Che significa GIGO? Significa Garbage In Garbage Out, traduzione “se entra immondizia esce immondizia” , non importa quanto sia raffinato il sistema.
Immondizia non sono solo i dati, è anche cattiva gestione ridotta all’osso, è offrire solo contratti precari sottopagati e a tempo determinato, è non offrire sicurezza del posto di lavoro; in sostanza Garbage è applicare all’informatica gli stessi (cattivi) meccanismi operativi e retributivi usati in altri settori, come ad esempio l’autotrasporto. Quel che accade sono i danni economici, e a volte i morti, ma sicuramente non si tratta di fatalità inspiegabile.
Allo stesso modo la “digitalizzazione” va benissimo, ma solo quando non peggiora affidabilità e usabilità delle procedure.
Il caso delle Carte di Identità a Roma è esemplare di come si possa peggiorare drasticamente un servizio digitalizzandolo.
Prima della digitalizzazione si andava presso gli Uffici Comunali con foto e marca da bollo, si compilava un modulo cartaceo, ci si metteva in fila e si otteneva la carta di identità il giorno dopo. Con la digitalizzazione occorre perdere ore per prenotarsi on line, fissare appuntamenti ammesso che sia possibile, appuntamenti che poi è difficilissimo spostare, ci si deve recare allo sportello esattamente quel giorno e a quell’ora, e comunque si deve passare a ritirare la tessera plastificata giorni dopo.
Tempo impiegato prima della digitalizzazione: due viaggi presso gli Uffici comunali, e 60 minuti di coda.
Tempo impiegato dopo la digitalizzazione: decine di ore a scervellarsi sul PC, e a tentare di ottenere una prenotazione (chi scrive è riuscito a farla solo aspettando mezzanotte e beccando “al volo” un posto libero), due viaggi presso gli Uffici Comunali, e 10 minuti di coda.
Meglio prima!