La SVIMEZ, l’Associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, lancia l’allarme. “Una valutazione dei possibili effetti della crisi CoViD-19 sulle iscrizioni all’Università per il prossimo anno accademico, basata su quanto accadde nella precedente crisi, fa scattare la preoccupazione soprattutto con riferimento al Mezzogiorno”. Entrando nello specifico dell’annata 2020-2021, si rischia un crollo delle iscrizioni: 10 mila in meno, dei quali due terzi al Sud. La “precedente crisi” è un riferimento a quanto accaduto nel 2008-2009, e il paragone è presto fatto: le stime dicono che, su scala nazionale, nel Centro-Nord ci saranno circa 3200 iscritti in meno e 6300 per il Sud. I dati si fanno più preoccupanti se si considera che sono circa 292 mila gli studenti che, al Centro e al Nord, hanno terminato gli studi delle scuole superiori, mentre il numero scende a 197 mila nel Mezzogiorno.
Non a caso, in effetti, uno dei settori più delicati nella ripartenza dell’Italia dalla crisi “economico-epidemiologica” è quello dell’Università e della Ricerca. Il lockdown è scattato nel bel mezzo dell’anno accademico, costringendo i vari atenei a ricorrere a misure eccezionali in tempi veramente ridotti. In giro per il Paese, infatti, centinaia di migliaia di studenti si sono visti costretti a seguire le lezioni e svolgere gli esami in “modalità remota”. Nonostante qualche piccola difficoltà iniziale, dovuta principalmente all’adattamento ad una situazione completamente inedita, il sistema sembra reggere piuttosto bene, anche se permangono comprensibili difficoltà da parte di docenti e studenti.
Non conoscendo minimamente l’evoluzione del virus nei prossimi mesi, e quindi nemmeno se sarà possibile tornare alle modalità “in presenza”, rimane la possibilità che la didattica a distanza sia il futuro prossimo delle varie università d’Italia. Che quindi dovranno prepararsi a proseguire su questa strada, cancellando il prima possibile tutte le difficoltà riscontrate in questi ultimi mesi. Quando si dice “non tutti i mali vengono per nuocere”: a seguito della mini-crisi post-manovra il MIUR è stato scisso in due dicasteri diversi, uno per le Scuole e l’altro per le Università, quest’ultimo affidato al presidente dei rettori nonché Ministro per la Ricerca e l’Università Gaetano Manfredi. Così si creano due correnti specializzate, e chi ne prende parte può impiegare tutte le proprie risorse per migliorarle. Oltre a ciò, dopo qualche tempo e per alcuni giorni, il futuro dell’istruzione e soprattutto dei luoghi di ricerca italiani è tornato al centro dei vari dibattiti.
C’è una grande differenza tra la didattica telematica avviata a marzo e quella che aspetterà gli studenti ad ottobre: in autunno le varie università accoglieranno le nuove matricole, e già i numeri di cui sopra ne preannunciano una forte riduzione. Ecco perché si deve correre ai ripari. Una delle possibili soluzioni per incentivare le iscrizioni, considerando il non trascurabile aspetto economico, potrebbe essere l’allargamento della cosiddetta no tax area, quella misura che consente agli studenti con redditi bassi di essere esonerati dal pagamento delle tasse. Manfredi annuncia: “Stiamo lavorando per permettere il non pagamento delle tasse a molte più famiglie”. C’è da auspicarsi che questo contribuisca a tenere “in vita” tutti gli atenei del nostro Paese.