Traduci

SVIZZERA: UTILIZZATA PER LA PRIMA VOLTA LA CAPSULA DEL SUICIDIO

È stata utilizzata la Capsula Sarco. Una donna di 64 anni, americana, è stata la prima ad avvalersi della “capsula del suicidio”, in Svizzera, nata da un’idea del dr. Philip Nitschke, noto sostenitore del diritto al suicidio assistito e fondatore dell’organizzazione Exit International. È stato proprio il medico australiano a confermare la morte della donna, affetta da una grave compromissione immunitaria, recatasi in Svizzera per porre fine alla sua sofferenza. Il trapasso è avvenuto in modo “pacifico, rapido e dignitoso”, ha riferito l’unica persona presente all’operazione, Florian Willet, appartenente al circuito della Exit International. Alla notizia, la polizia svizzera ha proceduto con alcuni immediati arresti cautelari, in relazione al procedimento penale che ha aperto la procura del cantone Sciaffusa, ipotizzando reati di istigazione e complicità.

La Capsula Sarco è una macchina per il suicidio assistito, presentata pubblicamente in Svizzera nel dicembre 2021, che consente di porre fine alla propria vita in maniera totalmente autonoma e senza l’uso di farmaci. Il macchinario, dal design futuristico, si chiude ermeticamente e viene azionato dal soggetto che si adagia al suo interno, mediante un pulsante che riduce rapidamente il livello di ossigeno attraverso l’introduzione di azoto. L’operazione porta ad una perdita di coscienza cui fa seguito, in pochi minuti, la morte.

Il gesto, totalmente volontario, supera così le normative che vietano l’aiuto di un terzo; inoltre, questo macchinario, grazie alla sua flessibilità, può essere facilmente trasportato nei luoghi più diversi, quale un ambiente naturale, per offrire un contesto di maggiore serenità nel compimento dell’ultimo atto. Questa è stata proprio la scelta della donna statunitense, che ha raggiunto la morte nei pressi di una baita, immersa nella foresta di Merishausen.

La Sarco ha attirato fortemente l’attenzione mediatica e ha riaperto tutte le note discussioni etiche e legali, sia in Svizzera che nel resto del mondo, nel tentativo di ridefinire quello che sostanzialmente resta un suicidio legalizzato, sebbene i tecnicismi si districhino tra “eutanasia”, “suicidio assistito” e concetti similari.

La legislazione svizzera è sicuramente più permissiva rispetto a tanti altri paesi, tra cui l’Italia, in cui simili pratiche sono severamente vietate.

La polizia, nel caso odierno, non ha fornito i nomi delle persone arrestate. Si ipotizza che, tra queste, ci sia un fotografo del giornale Volkskrant, che ha seguito da vicino il caso e che avrebbe scattato alcune foto della donna, oppure lo stesso Florian Willet.

Secondo Nitschke, scrive il Volkskrant, la morte della signora è stato un passo importante per il movimento del “diritto di morire”, che la sua Exit persegue da diversi anni. Le persone che entrano nella capsula e azionano il sistema “continuano a respirare. Dopo mezzo minuto, iniziano a sentirsi disorientate. Non sono davvero consapevoli di ciò che sta accadendo loro. Questo è spesso accompagnato da una sensazione di lieve euforia. E poi scivolano via”. Così lo stesso attivista descrive il momento del trapasso, sereno, disteso, privo di sofferenza.

In Svizzera, spesso associata al fenomeno del “turismo della morte”, il suicidio assistito è legale, ma regolato con grande attenzione. A differenza di molti altri Paesi dove è vietato, qui è permesso, a patto che chi assiste lo faccia senza scopi egoistici.

Illegale è invece l’eutanasia attiva, che prevede l’intervento diretto di una persona, come un medico, che somministra un farmaco letale. Tuttavia, il tema è ancora molto dibattuto, sia in Svizzera che nel resto del mondo. Organizzazioni come EXIT e Dignitas si occupano prevalentemente di suicidio assistito e non di eutanasia attiva, ma le definizioni di “suicidio” e le sfumature etiche e legali variano molto a seconda dei Paesi e delle loro leggi.

The Last Resort, organizzazione di cui proprio Florian Willet è co-presidente, afferma di voler consentire l’uso della capsula ad altri in futuro, riferendo di possedere una lunga lista di attesa. Ma l’utilizzo sarà soggetto a diverse condizioni, tra cui l’età anagrafica, che deve essere rigorosamente superiore ai 50 anni. Questo strumento “non è per i giovani e non vogliamo incoraggiare il suicidio”, ha aggiunto Fiona Stewart, avvocato, moglie di Nitschke e legale che tra l’altro ha seguito la vicenda della donna americana.

(FOTO DI COPERTINA: Capsula Sarco, fonte Corriere del Ticino)

Data:

26 Settembre 2024

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *