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TABLET AL MUSEO COME STRUMENTO PER ATTIVITA’ EDUCATIVE INCLUSIVE

Il contributo che condivido per gli appassionati lettori della rubrica IWP dedicata alle Culture Digitali descrive in modo chiaro ed esaustivo quali potenzialità recano le tecnologie digitali se opportunamente valorizzate in funzione di progetti educativi culturali inclusivi. L’analisi concerne il progetto “Ritratto d’artista” – proposta educativa del Museo Horne (http://www.museohorne.it/) di Firenze svoltosi nella Sala Grande della casa fiorentina di Giorgio Vasari e focalizzato sul tema del ritratto – si è avvalso delle strategie proprie della pedagogia del patrimonio culturale e, in particolare, dell’educazione museale, supportate dall’uso di strumenti digitali, quali tablet dotati di uno specifico software di disegno.

A descriverlo sono Marianna Di Rosa,educatrice museale e al patrimonio culturale, presidente dell’Associazione Italiana Educatori Museali (AIEM) e dottoranda all’Università degli Studi di Firenze in Pedagogia insieme a Emma Matteuzzi dello stesso Museo Horne di Firenze, educatrice museale e al patrimonio culturale, membro del consiglio direttivo dell’Associazione Italiana Educatori Museali (AIEM).

L’articolo è frutto di una ricerca e di una riflessione condivisa fra le due autrici: in particolare, i paragrafi 1, 2 e 3 sono da attribuire a Marianna Di Rosa mentre i paragrafi 4, 5 e 6 a Emma Matteuzzi, la quale, ha condotto le attività di seguito descritte in qualità di educatrice museale e al patrimonio culturale.

La pedagogia del patrimonio culturale

L’educazione al patrimonio culturale adotta strategie partecipative, attive, mirate a creare un legame con le espressioni e gli oggetti del patrimonio, costruendo una relazione significativa nell’esperienza di ognuno che possa durare nel tempo. La definizione di pedagogia al patrimonio, elaborata per la prima volta a livello europeo con la Raccomandazione R (98) 5 agli Stati Membri in tema di educazione al patrimonio[1] amplia il significato della locuzione di educazione al patrimonio che non si limita all’educare al patrimonio, ponendo la conoscenza del patrimonio come obiettivo esclusivo dell’intervento educativo. La definizione di pedagogia del patrimonio, in una prospettiva olistica (Bouchenaki, 2007) ed ecosistemica (Del Gobbo, Torlone, Galeotti, 2018), è chiaramente ripresa da Tom Copeland, inquadrandola come disciplina trasversale che adotta una global strategy (2005). Il presente approccio supera il limite di un’educazione esclusivamente al patrimonio, comprendendo in sé una educazione per il patrimonio che educa e coinvolge la cittadinanza chiamata a rappresentare la propria identità, locale e globale (Tilley, 2006), con il patrimonio: patrimonio che dunque diviene esso stesso strumento di educazione attraverso il patrimonio nell’esercizio di cittadinanza e di costruzione identitaria. La stessa “espressione ‘Educazione al patrimonio’, ormai universalmente accettata, tanto da essere anche da noi normalmente utilizzata, non è del tutto soddisfacente perché trascura un aspetto fondante, dal momento che implica non solo un’educazione ‘a’, ma anche ‘con’, ‘per’ e ‘attraverso’ il patrimonio”. (Branchesi, 2020, 23).

Per far sì che tale pedagogia al patrimonio venga diffusa ed entri a tutti gli effetti nella pratica educativa e nell’educazione continua, fondamentale è la ratifica ed esecuzione della cosiddetta Convenzione di Faro promulgata dal governo italiano con la legge 133/2020[2]. In particolare, nell’art.13 viene approfondito il rapporto tra patrimonio culturale e conoscenza, dove le nazioni firmatarie si assumono l’impegno:

a. a facilitare l’inserimento della dimensione del patrimonio culturale a tutti i livelli di formazione, non necessariamente come argomento di studio specifico, ma come fonte feconda di accesso ad altri ambiti di conoscenza;

b. a rinforzare il collegamento fra l’insegnamento nell’ambito del patrimonio culturale e la formazione professionale;

c. a incoraggiare la ricerca interdisciplinare sul patrimonio culturale, sulle comunità patrimoniali, sull’ambiente e sulle loro interrelazioni;

d. a incoraggiare la formazione professionale continua e lo scambio di conoscenze e competenze, sia all’interno che all’esterno del sistema educativo”.

Alla luce di tali premesse, occuparsi di pedagogia del patrimonio, in quanto educazione al, con, per e attraverso il patrimonio, è necessario confrontarsi con i cambiamenti in atto della società ma soprattutto impegnarsi a creare spazi di condivisione e dialogo per sviluppare un senso di cittadinanza attiva. Ciò è possibile grazie ad approcci educativi innovativi al fine di mantenere i luoghi del patrimonio culturale (Bortolotti, Calidoni, Mascheroni, Mattozzi, 2008), rilevanti in una società che è già in profondo cambiamento (tecnologico, sociale, ambientale, geopolitico) e fornire ai propri pubblici, di tutte le età, strumenti utili alla lettura critica della realtà che li circonda (Cutler, 2010). La pedagogia al patrimonio si caratterizza per la sua poli-multi-transdisciplinarietà, fondamentale per la riforma del pensiero in campo educativo che porti ad interpretare la complessità, in risposta alle trasformazioni del dinamismo della società in relazione alla conoscenza, attraverso strumenti e strategie didattiche che rinnovino l’educazione che permettano ad ogni bambino e bambina, ragazzo e ragazza di imparare a diventare un cittadino attivo (Morin, 2001).

La pedagogia del patrimonio dunque dovrà occuparsi del patrimonio culturale nel complesso delle sue declinazioni, come già accennato, nella sua globalità (Satta, 2013) e considerando, allo stesso tempo, le specificità nelle sue manifestazioni, pur non incasellandolo in un’interpretazione strettamente tassonomica e divisoria (Baldacci, 2014).

Strumenti digitali e educazione museale

L’obiettivo di questo articolo è la presentazione di una proposta educativa a cura di un luogo della cultura, il museo, che utilizza strategie proprie della pedagogia del patrimonio, stimolando un processo di inquiry based learning, formulazione ipotesi e creazione di nuovi significati arricchiti dalla condivisione delle differenti prospettive (Hein, 1998), attraverso l’utilizzo di strumenti digitali. L’utilizzo di strumenti e tecnologie varie e diversificate per la relazione educativa con, per e attraverso il patrimonio culturale è fortemente sostenuta da più documenti internazionali. La Raccomandazione del Parlamento Europeo e del consiglio del 18 dicembre 2006[3]individua e chiariscele competenze chiave per l’apprendimento permanente, tra le quali segnaliamo in particolare, ai fini di questa trattazione, la competenza digitale e la consapevolezza e l’espressione culturali.

La competenza digitale, è definita come “saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelle TIC: l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet” (p. 15). La Raccomandazione sottolinea che “Le persone dovrebbero anche essere capaci di usare strumenti per produrre, presentare e comprendere informazioni complesse” e “essere capaci di usare le TSI a sostegno del pensiero critico, della creatività e dell’innovazione. L’uso delle TSI comporta un’attitudine critica e riflessiva nei confronti delle informazioni disponibili e un uso responsabile dei mezzi di comunicazione interattivi. Anche un interesse a impegnarsi in comunità e reti a fini culturali, sociali e/o professionali serve a rafforzare tale competenza” (p. 16). Per quanto riguarda la dimensione della consapevolezza e della espressione culturali, la Raccomandazione specifica che “Le abilità hanno a che fare sia con la valutazione sia con l’espressione: la valutazione e l’apprezzamento delle opere d’arte e delle esibizioni artistiche nonché l’autoespressione mediante un’ampia gamma di mezzi di comunicazione facendo uso delle capacità innate degli individui. Tra le abilità vi è anche la capacità di correlare i propri punti di vista creativi ed espressivi ai pareri degli altri e di identificare e realizzare opportunità sociali ed economiche nel contesto dell’attività culturale. L’espressione culturale è essenziale nello sviluppo delle abilità creative, che possono essere trasferite in molti contesti professionali.» Inoltre «Un atteggiamento positivo è legato anche alla creatività e alla disponibilità a coltivare la capacità estetica tramite l’autoespressione artistica e la partecipazione alla vita culturale” (p. 18). La citata Raccomandazione è ripresa nel 2018 inserendo alcune precisazioni tra le quali si evidenzia l’impegno alla promozione di “molteplici approcci e contesti di apprendimento, anche con l’uso opportuno delle tecnologie digitali, nell’istruzione, nella formazione e nell’apprendimento” (p. 5).

L’European Cultural Heritage Strategy for the 21st century[4] ricorda: “A broad spectrum of methods and techniques is available for developing the heritage experience, and mechanisms involve both human participation and augmented reality. Digital tools and networks – particularly the internet – offer unprecedented possibilities for new access paths encouraging interactivity”.

In ambito nazionale, riprendendo esplicitamente la Convenzione di Faro, il Primo piano nazionale per l’educazione al patrimonio culturale 2015-2016 suggerisce di “utilizzare gli strumenti del digitale per garantire una maggiore efficacia di alcune delle azioni previste dal Piano” (p. 2). L’ultimo Piano presentato nel 2021, inoltre, individua le principali linee di intervento del Sed (Centro dei Servizi Educativi, afferente al Ministero della Cultura) in cui troviamo, accanto alla progettazione educativa, all’attività di formazione e il miglioramento dell’accessibilità, il potenziamento del digitale. Viene ribadita nel più recente documento redatto dal Sed, l’esigenza di “rafforzare le attività educative per la conoscenza di patrimoni, territori e tradizioni in modalità flessibili e con l’apporto di contenuti digitali”, in linea con gli intenti espressi dal Protocollo d’Intesa Interventi volti alla promozione dell’educazione alla cultura delle arti, della musica, della creatività, del cinema, del teatro e delle attività progettuali delle istituzioni scolastiche del 11 giugno 2021 a cura del Ministero dell’Istruzione e Ministero della Cultura.

Il presente contributo non si pone dunque nella prospettiva di indagare le potenzialità dell’educazione al patrimonio negli ambienti digitali (Luigini, Panciroli, 2018) ma quanto nella presentazione di un percorso educativo che utilizza gli strumenti digitali come strumento per una pratica educativa attiva, che promuova l’interazione tra le persone e il patrimonio, affiancata dalle metodologie proprie dell’educazione al patrimonio in ambito museale (Hein, 1998; Hooper Greenhill, 2007; Kolb, 1984). Il progetto che viene presentato si inserisce nell’ottica di una Hybrid Museum Experiences (Waern, Løvlie, 2022), ossia un approccio che si alimenta grazie alle risorse e agli strumenti digitali oltre alle pratiche attive proprie dell’educazione al patrimonio: esperienze ibride che riescono a cogliere i peculiari bisogni e interessi delle persone da un lato e dei punti di forza della molteplicità degli approcci della pedagogia del patrimonio (così come esplicitato nella precedentemente citata con la Raccomandazione europea 1998 No. R 5).

L’esperienza descritta in queste pagine è un esempio di pratica innovativa, in quanto utilizza strumenti digitali accessibili impiegati per attività partecipative e coinvolgenti e progettate a partire da metodologie e strategie proprie dell’educazione museale e al patrimonio culturale.

Ritratto d’artista: obiettivi e metodologie.

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Ritratto d’artista è un percorso di scoperta della Sala Grande della casa fiorentina di Giorgio Vasari, luogo della cultura non formalizzato reso fruibile grazie alla collaborazione con il Museo Horne a Firenze.

Il progetto è stato proposto dal Museo Horne e selezionato nell’ambito del bando pubblico de Le Chiavi della Città (https://www.chiavidellacitta.it/): una piattaforma del Comune di Firenze, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (INDIRE) proposta a insegnanti, studenti e loro famiglie che promuove l’offerta di percorsi educativi e formativi integrativi della didattica rivolti alle scuole della città di Firenze. I progetti ammessi seguono le Linee di Indirizzo per i progetti e i percorsi formativi rivolti alle scuole nell’ambito de “Le Chiavi della Città (https://www.chiavidellacitta.it/wp-content/uploads/2021/04/All.-1-Linee-di-Indirizzo.pdf) e vengono valutati e monitorati, in un costante rapporto fra l’amministrazione comunale e i soggetti proponenti, al fine di garantire che progetti siano “qualificati e significativi che sviluppino argomenti interdisciplinari a sostegno di una più completa dimensione educativa” (p.1).

Il dipartimento educativo del Museo Horne, a cura de L’Immaginario Associazione Culturale (http://immaginar.io/), in quanto ente responsabile dei servizi educativi[5] partecipa ad ogni edizione del bando comunale proponendo progetti educativi nella categoria “Musei e beni culturali”.

Ritratto d’artista si è svolto per quattro anni, a partire dall’anno scolastico 2017-2018, e s’inserisce tra le proposte progettuali del Museo Horne pensate per valorizzare Casa Vasari. Nell’ambito de Le Chiavi della Città il progetto viene proposto alle classi della scuola primaria e secondaria di primo grado, poiché la tecnologia prescelta è di facile utilizzo e al tempo stesso di appeal (Peria, 2013), permettendo il coinvolgimento di fasce d’età molto diverse.

Il percorso mira a stimolare l’osservazione attiva dell’arte, in particolare degli affreschi alle pareti della Sala Grande della casa che Vasari stesso ha realizzato, che rappresentano tredici ritratti di artisti. Il percorso ha inoltre come obiettivi la promozione di un’esperienza trasformativa dell’arte (Mezirow, 2003; Garner, Kaplan, Pugh 2016) e un uso creativo della tecnologia e dei linguaggi contemporanei (Di Palma, Fusco, 2022), attraverso strumenti quali tablet dotati di software di disegno virtuale. Il tema del ritratto permette poi di approfondire la riflessione su se stessi e su gli altri partecipanti all’attività, promuovendo la conoscenza di sé attraverso l’arte.

La metodologia proposta è inquiry-based (Ritchhart, Church, Morrison, 2011) e punta a mettere ogni partecipante al centro dell’esperienza conoscitiva suscitando la riflessione individuale e offrendo l’opportunità di condividere le prospettive di ognuno attraverso l’espressione di se stessi. La tecnologia viene utilizzata in maniera creativa per coinvolgere i partecipanti e creare un ponte con il passato delle opere osservate. Ognuno è protagonista di un’esperienza profonda e al tempo stesso divertente e coinvolgente.

L’attività di disegno stimola la creatività (Kai-Kee, Latina, Sadoyan 2020) e l’educatrice museale favorisce il ricorso a linguaggi anche non verbali per offrire a ciascuno la possibilità di esprimersi in modo inclusivo (Franceschini, 2023).

Il dispositivo scelto per l’attività creativa è stato individuato in base alla sua accessibilità. I tablet sono dotati di un supporto in gomma che migliora la maneggevolezza dello strumento e facilitandone l’uso (foto 1). Sono impostati in modo da avere accesso diretto e esclusivo alla app usata per l’attività, garantendo così sicurezza e immersione nell’esperienza.

L’accessibilità dei tablet è anche in termini economici; stando al report Riscriviamo il Futuro: una rilevazione sulla povertà educativa digitale[6], la presenza e l’utilizzo di dispositivi digitali nei contesti familiari è fortemente condizionato dalle condizioni socio-economiche di provenienza degli studenti. Dunque il Museo offre agli studenti di entrare in contatto con strumenti che la scuola non può fornire, perché troppo onerosi, e che non sempre la famiglia possiede.

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Le fasi del progetto

Il progetto prende avvio con il coinvolgimento dei docenti delle classi che prenderanno parte al progetto. All’inizio dell’anno scolastico il Museo organizza una presentazione, in cui Elisabetta Nardinocchi, direttrice del Museo Horne, Cristina Bucci e Chiara Lachi, responsabili del Servizio Educativo, gestiscono un momento di confronto sui bisogni delle classi partecipanti e di condivisione di pratiche educative. In questa occasione i docenti hanno anche la possibilità di sperimentare in prima persona il dispositivo digitale previsto per il percorso, per comprenderne le potenzialità e l’uso creativo previsto. Contestualmente, ai docenti viene fornita una serie di risorse da utilizzare per preparare la classe prima della visita ma anche per integrare l’esperienza nel curricolo scolastico: una guida sugli affreschi di Casa Vasari, la scheda dettagliata del progetto corredata di tutte le informazioni pratiche e una proposta per proseguire a scuola il percorso iniziato al Museo.

Il giorno dell’attività gli insegnanti hanno quindi già a disposizione tutte le informazioni per supportare i propri studenti nell’esperienza e soprattutto divenire anch’essi protagonisti.

L’attività proposta agli studenti e alle studentesse ha inizio con un’attività di accoglienza grazie ad un circle-time nella Sala Grande dove l’educatrice museale presenta ai partecipanti le fasi dell’attività dando loro le informazioni su quello che accadrà nel tempo che condivideranno al Museo per metterli a proprio agio (Foto 2). In seguito i partecipanti sono invitati a presentarsi uno alla volta e viene chiesto loro di dire il proprio nome, mettendo a fuoco una loro caratteristica peculiare, fisica o caratteriale.

Si passa poi all’osservazione del luogo: “Che cosa vedete?” (Ritchhart, Church, Morrison, 2011) è la domanda fulcro della prima esplorazione della sala e degli affreschi. Il racconto della sala è costruito dall’educatrice in base alle risposte ricevute dai partecipanti, mettendo in evidenza ciò che ha colpito di più l’attenzione (Foto 3).

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Nella prima versione del progetto proposta nel 2017, quindi prima delle disposizioni varate a seguito della pandemia da Covid-19, l’approccio iniziale al tema del ritratto era proposto tramite un gioco, che stimola la relazione e il coinvolgimento (Huizinga, 1938). Un partecipante veniva bendato, l’educatrice chiedeva agli altri di descrivere un secondo partecipante in modo che il primo potesse indovinare di chi si stesse parlando. Prima di togliere la benda poteva toccare il volto del compagno o compagna descritta. Dopo aver fatto il gioco più volte, l’educatrice invitava a i partecipanti a riflettere su quali erano gli elementi usati nella descrizione.

Dopo il 2020, il percorso è stato cambiato per rispettare le distanze interpersonali imposte della pandemia. Il tema del ritratto viene quindi introdotto a partire da un’osservazione autonoma dei tredici ritratti presenti sulle pareti della Sala Grande. Ogni partecipante è libero di osservare gli affreschi alla ricerca del ritratto più interessante ai suoi occhi. Una volta trovato prende posto nella sala in corrispondenza di questo: si vanno così a formare dei piccoli gruppi per discutere le caratteristiche delle figure ritratte a partire dalle scelte fatte dai partecipanti.

Spetta poi all’educatrice traghettare la riflessione verso le diverse modalità con cui si possono realizzare dei ritratti, a partire dalle parole, alla rappresentazione visiva dell’arte tradizionale, in pittura e scultura, fino alle tecnologie più moderne. Una di queste viene sperimentata in prima persona. I partecipanti sono divisi in coppie e viene dato loro un tablet sul quale è installata l’app Line Brush per il disegno virtuale (https://www.apk4fun.com/apk/1777/). Uno dei due partecipanti assume la posa che più lo rappresenta, l’altro scatta una foto.

L’applicazione permette di disegnare sopra alla foto con una serie di strumenti diversi, matite, pennelli, cere ma anche timbri e spatole.

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La gamma dei colori è infinita e la componente cromatica può essere arricchita modificando saturazione e luce. Attraverso lo zoom si possono definire meglio alcuni dettagli e attraverso la gomma è sempre possibile modificare il proprio lavoro, grazie alla duttilità dello strumento impiegato.

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Con le classi della scuola primaria, il disegno viene guidato dall’educatrice museale: si usa prima una matita sottile per fare i contorni, si passa poi a segni più grossi per evidenziare alcuni dettagli e infine si aggiunge il colore (foto 6). Con le classi della scuola secondaria di primo grado invece il percorso è più libero e guidato dalla creatività individuale. In ogni caso non è mai richiesto che il ritratto sia necessariamente verosimile, totalmente o parzialmente fedele alla foto; i partecipanti possono rielaborare il proprio ritratto in base ai propri gusti e desideri.

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Una volta completato il disegno, la fotografia sottostante viene tolta e si ottiene il ritratto finito (foto 7). Tutto il percorso viene ripetuto in modo che il modello diventi artista. Il percorso si conclude con la condivisione dei ritratti al resto della classe; questi poi sono inviati in formato .jpg tramite email ai docenti (foto 8 e 9).

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La valutazione è parte integrante del progetto, come peraltro richiesto da Le Chiavi della Città, e si esplica mediante l’uso di un questionario proposto a fine attività ai docenti coinvolti. Lo scopo della valutazione proposta dal portale del Comune è quello di verificare l’efficacia e la qualità dei singoli progetti, oltre ad indagare le motivazioni che hanno portato i docenti a preferire una determinata tematica o tipologia di intervento educativo. Il Museo Horne ha elaborato anche una propria azione di monitoraggio, organizzata in due fasi: una valutazione ex ante con l’analisi dei bisogni che si concretizza nell’incontro iniziale con i docenti, e un questionario sottoposto alla fine del percorso. Quest’ultimo è concentrato sull’efficacia degli strumenti e delle metodologie adottate ed è usato come valutazione in itinere per poter monitorare il gradimento e l’andamento dell’attività durante l’anno.

Nei quattro anni scolastici di attivazione hanno partecipato al progetto Ritratto d’artista 65 classi, il 68% dei quali afferenti alla scuola secondaria di primo grado. La fidelizzazione al percorso è un altro dato interessante: una scuola secondaria, ad esempio, ha aderito al progetto ogni annualità riproponendolo alle classi prime. Dal questionario sottoposto dal Museo Horne emergono le motivazioni che più hanno spinto i docenti a scegliere questo percorso, ossia la possibilità per gli studenti di avvicinarsi ad esperienze non presenti a scuola e l’adozione di approcci metodologici interessanti, in particolare l’uso creativo della tecnologia.

Come elemento di criticità, si evidenzia la necessità di un tempo maggiore per lo svolgimento dell’attività proposta in museo, come rivelato dalla valutazione in itinere a partire dai commenti dei partecipanti che hanno espresso la volontà di avere più tempo a disposizione per sperimentare l’applicazione e lavorare sui ritratti.

Gli sviluppi verso nuovi pubblici

A partire dai risultati emersi dalle valutazioni, il dipartimento educativo del Museo ha ritenuto che vi fossero i presupposti per adattare il percorso a nuovi target.

Il primo naturale sviluppo del progetto è stato verso gradi scolastici non compresi da Le Chiavi della Città, come le secondarie di secondo grado e le università. Il percorso non ha subito sostanziali variazioni, è stato però ricalibrato in base alle abilità e alle capacità critiche dei partecipanti (foto 10).

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Più spesso, rispetto al percorso originale, l’osservazione degli affreschi ha generato riflessioni profonde e strettamente legate al proprio vissuto. Di pari passo, nei ritratti ottenuti è emersa la personalità del modello sia in termini di pose che di segno grafico.

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Interessante la proposta delle attività nella dimensione transgenerazionale e con persone con disabilità cognitive e/o sensoriali. Durante le attività per famiglie il ritratto si amplia nella dimensione di ritratto di famiglia, per stimolare e rafforzare la relazione fra i bambini e gli adulti.

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La reticenza a prendere attivamente parte all’attività creativa, che spesso contraddistingue gli adulti, viene smussata dalla curiosità verso lo strumento proposto che risulta inconsueto e quindi suscita curiosità. Le attività per famiglie proposte dal Museo prevedono sempre che tutti i partecipanti siano protagonisti, in base alle proprie abilità e volontà di mettersi in gioco, in questo caso però l’attivazione è stata ancora più immediata e condivisa.

Un’ulteriore riflessione è stata fatta per proporre l’attività creativa ad un pubblico caro al Museo Horne, la comunità sorda. Ritratto d’artista in lingua dei segni italiana è stato proposto sia nelle classi in cui era presente uno studente sordo, sia come attività per famiglie.

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In virtù della facilità d’uso dei tablet, un’ultima rielaborazione del percorso è stata pensata per le persone nella neurodiversità. Mentre la prima parte di osservazione degli affreschi ha richiesto l’uso di strumenti facilitanti, l’attività creativa non ha richiesto modifiche poiché Line Brush permette diversi gradi di interazione e il tablet è di per sé uno strumento di supporto (Qahmash, 2018). I ritratti realizzati durante queste attività hanno messo in luce il processo creativo stimolato dall’uso del dispositivo digitale e come questo sia il vero fulcro dell’attività (Götz, 1981), (foto 13).

Conclusioni

In conclusione l’esperienza qui proposta pone le basi per una riflessione più ampia sull’apporto positivo e facilitante della tecnologia all’educazione museale a al patrimonio. Gli strumenti digitali, quando accessibili in termini fisici e economici, possono contribuire a rendere l’esperienza di incontro con il patrimonio trasformativa e coinvolgente.

Apparato iconografico

Foto 1. Il tablet con il supporto in gomma.

Foto 2. Il gruppo al momento dell’accoglienza.

Foto 3. Il gruppo partecipa entusiasta all’osservazione degli affreschi.

Foto 4. Divisi in coppie, le bambine e i bambini decidono che posizione assumere per farsi ritrarre.

Foto 5. Gli strumenti a disposizione nell’applicazione.

Foto 6. Il processo creativo inizia delineando i contorni.

Foto 7. Il ritratto ottenuto una volta sottratta la fotografia.

Foto 8. Esempio di ritratto realizzato con Line Brush.

Foto 9. Esempio di ritratto realizzato con Line Brush.

Foto 10. Gli studenti di una classe della scuola secondaria di secondo grado mentre disegnano.

Foto 11. Una studentessa in posa e il suo ritratto.

Foto 12. Un ritratto di famiglia.

Foto 13. Un ritratto fatto da una bambina con autismo.

Crediti foto: Giorgio Magini, Museo Horne, Firenze

Bibliografia e maggiori approfondimenti sulla tematica:

DiCultHer https://www.diculther.it/rivista/, la meta-rivista open access per promuovere l’educazione alla Cultura Digitale e le ricerche sul digitale applicato al patrimonio culturale.

Data:

17 Settembre 2023