Traduci

TELECOM ITALIA – Sindacati e i piccoli azionisti chiedono impegni precisi

In queste ore febbrili per il Governo, che ha appena incassato la fiducia al Senato, c’è anche chi sta lavorando al dossier Telecom Italia, in attesa di conoscere gli esiti in cui dovrebbero essere ufficializzate le dimissioni del presidente esecutivo Franco Bernabè.
Il vice ministro allo sviluppo economico, Antonio Catricalà ha affermato stamani di essere a lavoro affinché la Cassa Depositi e Prestiti entri nella società che gestisce la rete di Telecom Italia.
Risponde così, il viceministro, al j’accuse di Bernabè, che in una lettera inviata ai presidenti delle Commissioni Industria e Lavori Pubblici aveva sollecitato un’accelerazione dei tempi dell’operazione di scorporo della rete e l’ingresso di CDP nel capitale, che consentirebbe a Telecom Italia di “considerare in una prospettiva più favorevole in termini di flessibilità temporale, la necessità di un aumento di capitale originata dalla necessità di garantire una struttura patrimoniale idonea a sostenere un prolungato sforzo di investimenti”.
Quanto invece al varo dei regolamenti della golden share e alla riforma della legislazione in materia di OPA, che dovrebbe obbligare Telefonica a un’offerta pubblica di acquisto su Telecom Italia, Catricalà ha riferito che “al momento non c’è ancora un gruppo che lavora alla modifica della legge sull’Opa e non si prevede una prossima discussione in Consiglio dei ministri, ma è possibile”.

cms_87/sindacati.jpg
“Vediamo come sarà il Dpcm e il decreto sui poteri speciali che sono di prossima emissione. Il Dpr va in Consiglio dei ministri, mentre il Dpcm che riguarda le infrastrutture strategiche per la sicurezza e la difesa non deve passare per il Cdm e questo facilita l’iter”, ha concluso.
I sindacati e i piccoli azionisti sono sul piede di guerra: i primi hanno annunciato l’attivo nazionale delle RSU di Telecom e un presidio sotto la sede di Piazza Affari a Milano, dove si svolgerà il CdA dell’azienda, accompagnato da un primo sciopero di quattro ore dei lavoratori della Lombardia che confluiranno alla manifestazione.
“Le due iniziative hanno lo scopo di sensibilizzare i vertici aziendali e l’opinione pubblica sulla difficile situazione di Telecom Italia, che, se non vincolata a precise scelte di politica industriale, rischia di indirizzare il futuro della compagnia telefonica nazionale su una strada di non ritorno che vedrà la scomparsa dell’azienda”, ha denunciato Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil, sottolineando che non è questione di difendere l’italianità dell’azienda o “utilizzare pretestuose minacce di pericoli per la sicurezza nazionale”. Il punto, ha aggiunto, è “vincolare l’operazione a precisi impegni sugli investimenti e sul futuro dell’azienda”.
Per Azzola, dunque, è essenziale una ricapitalizzazione di Telecom Italia, così da garantire gli investimenti e scongiurare il declassamento del debito.
L’intervento dovrebbe realizzarsi “attraverso la partecipazione di Cassa Depositi e Prestiti per superare l’anomalia italiana che vede lo Stato assente da un settore strategico le decisioni sul quale sono fondamentali per gli interessi del Paese.”
Anche i piccoli azionisti riuniti nell’associazione Asati denunciano che la reale strategia di Telefonica, come emersa dalla rinegoziazione dei patti Telco, è quella di indebolire la società italiana.

“Mantenere per il tempo più lungo possibile lo status quo, non acquisendo tutte le quote di Telco, al fine di non consolidare il debito di TI, avere tempo sufficiente per vendere Tim Brasil (9-12 mesi), non cedere la rete, altro tema sostenuto da Bernabè e Patuano, non effettuare forti investimenti in Italia, disinteressarsi del mantenimento dei livelli occupazionali del Gruppo, oggi 82.000, danneggiare l’85% del capitale (ordinario e di risparmio di TI le famose minorities anche con il passaggio fuori mercato di azioni riconosciute a 1.1 euro) soprattutto rendere più debole la stessa Società”, spiega il presidente dell’associazione, auspicando che l’avvenuta fiducia al Governo Letta possa far riesaminare la questione nella sua intera gravità
I piccoli azionisti aspettano pertanto indicazioni sul nuovo piano industriale e sull’eventuale vendita di Tim Brasil, che – se fosse realizzata – dovrebbe avvenire a un prezzo di 9-10 mdi di euro, “valore oggi che si può ottenere a premio ma di difficile ottenimento se i contendenti sono solo i locali Vivo, Claro e OI Brasil”.
Telecom Italia, con o senza Franco Bernabè, sembra destinata a procedere quanto prima a una riorganizzazione in Sudamerica e a muovere sul possibile scorporo della rete, chiesto dal governo.

cms_87/AGCOM .jpg
Due operazioni che non necessariamente eviteranno un immediato downgrade sul debito, peraltro già scontato nei prezzi dei bond, ma che dovrebbero dare al gruppo la flessibilità finanziaria necessaria per nuovi investimenti e per un successivo miglioramento del merito di credito.
Sono attese le dimissioni di Bernabè e l’inizio di un nuovo indirizzo strategico, che sarà formalizzato dai prossimi cda.
Il presidente del Consiglio Enrico Letta, subito dopo l’accordo tra Telefonica e i soci italiani, ha detto che il Paese non deve perdere il controllo della rete telefonica considerata strategica.
Fin dalle prime comunicazioni ufficiali, era chiaro che il gruppo spagnolo di fatto non rafforzava la presa su Telco, ma acquistava un’opzione che la poteva portare al controllo di Telecom Italia.
Telco detiene il 22,4% di Telecom Italia, e in termini di diritti di voto, è partecipata da Telefonica al 46,18%, Intesa Sanpaolo e Mediobanca con l’11,62% ciascuna e Generali con il 30,58%.
Di sicuro il governo vuole intervenire sul tema rete e guarda a Telecom Italia, come una possibile attore nell’ambito del consolidamento del settore a livello europeo.

Telecom in Sudamerica controlla Tim Participacoes e Telecom Argentina.
MINUCCI PRESIDENTE PRO TEMPORE, SI GUARDA A SARMI
La decisione di Bernabè di dimettersi è legata alle difficoltà a portare avanti un aumento di capitale destinato al mercato. I soci italiani, non hanno nascosto a più riprese la loro contrarietà e anche in consiglio non sarebbe stato facile trovare una maggioranza.
L’AD Marco Patuano sarà il capo azienda, Massimo Sarmi presidente, dice una fonte a conoscenza della situazione.
Una seconda fonte conferma, aggiungendo che la decisione su Sarmi, attuale presidente delle Poste “attualmente sembra essere al vaglio di ambienti politici”.
In seguito all’uscita di Bernabè, in mancanza di un sostituto, la funzione di presidente viene ricoperta dal vice Aldo Minucci, in caso di sua indisponibilità dal consigliere anziano Jean Paul Fitoussi.

Il responso di Agcom sulle telecomunicazioni Telecom Italia e Vodafone perdono quote (-0,7%), a vantaggio di H3g (+0,3%) e soprattutto di Wind (+1,1%). Sul mobile è questo il responso dell’Osservatorio trimestrale Agcom sulle telecomunicazioni con dati aggiornati a giugno 2013. Su fisso e banda larga, ma anche sul mobile per l’attività che ha come operatore virtuale (Mvno), i dati sono risultati particolarmente favorevoli per Fastweb.
Linee fisse. I dati contenuti nella pubblicazione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni confermano alcune tendenze. Innanzitutto il calo degli accessi complessivi sul fronte delle linee fisse. Il caro vecchio telefono è insomma sempre meno nel cuore degli italiani visto che le linee sono scese a 21,33 milioni: 500mila in meno rispetto giugno 2012 e 210mila rispetto a marzo 2013 . In questo quadro la quota di Telecom Italia negli ultimi dodici mesi è scesa di 2 punti percentuali, collocandosi al 63,5%, a fronte di un un significativo incremento fatto registrare da Fastweb sia su base annuale (+1,4%) sia trimestrale (+0,3%). L’operatore controllato da Swisscom è così salito al 9,1% del mercato, posizionandosi dopo Wind (13,6%) e Vodafone Italia (9,5%). Sia Wind che Vodafone Italia hanno dal canto loro registrato flessioni contenute (-0,1 punti percentuali su base annua), al contrario di Tiscali, passata dall’1,7 all’1,9% di quota di mercato in 12 mesi.

Banda larga e digital divide. Gli accessi a banda larga sono saliti di 310mila unità, mentre a marzo la customer base risulta in crescita di 80mila accessi. La quota di mercato di Telecom Italia è scesa nel contempo da 51,8 a 49,9 per cento. Ad avvantaggiarsene è stata sostanzialmente Fastweb (+1,3%) mentre Wind è passata dal 16,5 al 16,4 del mercato e Vodafone dal 12,2% all’11,9 per cento. In tutto questo però Agcom ha fatto anche un focus particolare sul digital divide, evidenziando come a fronte di una banda larga che cresce, ci sono ancora ben 2,4 milioni di italiani (il 4% del totale) a secco, non avendo accesso a linee con velocità di almeno 2 mega.
Mobile.

Al contrario delle linee fisse, sono cresciuti gli accessi nel mobile, saliti a 92,68 milioni in aumento sia su base annua (+334mila) sia trimestrale (+140mila). Telecom Italia è rimasta leader di mercato con il 34,2% di quote (dal 34,9% di un anno prima), mentre Vodafone è scesa al 31,4% contro il 32,1% di giugno 2012. Wind è invece salita al 24,1% e 3 Italia al 10,3 per cento. Gli sms (43,1 miliardi a fine giugno) sono risultati in flessione del 10% rispetto alla prima metà del 2012, sempre più sacrificati sull’altare di Whatsapp e della progressiva diffusione delle app di messaggistica mobile.
Operatori virtuali. Gli abbonati Mvno a fine giugno erano in crescita (+810mila su base annua) con sim salite oltre quota 5,1 milioni. Poste Italiane è al 52,4% (2,7% del mercato complessivo), in arretramento (-4,0%) rispetto a giugno 2012. Anche in questo caso Fastweb ha visto salire la quota dal 13,9 al 15,9% del mercato in un anno.

Pubblicità

Autore:

Data:

1 Giugno 2014