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TEOGRAFIE – La mostra di Daniele Cima sull’arte sacra contemporanea all’Eremo di Santa Caterina del Sasso

Nell’incantevole cornice dell’Eremo di Santa Caterina del Sasso a Leggiuno (VA) “Teografie – un linguaggio diverso per l’arte sacra” sarà visitabile fino al 30 marzo una meravigliosa  mostra  che rivisita l’arte sacra attraverso il linguaggio della grafica, trasformando le tradizionali pale d’altare in opere geometriche e tipografiche, dove le lettere acquisiscono valore visivo e simbolico.

Con la sua secolare stratificazione di rappresentazioni religiose, questa serie esplora il dialogo tra spiritualità, tradizione e modernità, attingendo tanto ai codici espressivi della pop art quanto all’approccio rigoroso del Bauhaus e della grafica elvetica.

Teografie

La mostra stata voluta ed organizzata da Archeologistcis srl impresa sociale in collaborazione con la Fraternità Francescana di Betania e la Provincia di Varese: la condivisione di visione tra istituzione e soggetti gestori dell’Eremo ha permesso non solo di dare vita a questo interessante mostra, ma di far si che spazi espositivi e religiosi si compenetrassero in un unico progetto.

Il legame tra arte e dimensione sacra non è qualcosa di lontano nel tempo: un ampio dibattito sul ruolo dell’arte nella comunicazione della fede si legge tra le parole di Papa Paolo VI, che nel 1964 invitava gli artisti a reinterpretare il messaggio della Chiesa, rivolgendosi loro nel corso della Messa degli Artisti e in seguito con una comunicazione in chiusura del Concilio Vaticano II. Più recentemente, anche Papa Francesco, nel 2023, li esortava a usare la creatività per portare “speranza, verità e bellezza”, indicando come gli artisti abbiano “la capacità di sognare nuove versioni del mondo”.

In questo senso, la mostra di Daniele Cima all’Eremo si inserisce in un contesto territoriale – quello varesotto – che ha dato pienamente corpo a questo messaggio, facendo nascere, nel solco di Paolo VI e del suo segretario personale mons. Pasquale Macchi, un’importante collezione di arte sacra contemporanea al Sacro Monte di Varese, oggi esposta presso il Museo Baroffio e del Santuario.

In Teografie, ispirato in parte dall’esperienza dell’architettura ecclesiastica di Otto Bartning, Cima trasforma la tradizionale pala d’altare in un’opera architettonica e geometrica, espandendosi agli spazi dell’Eremo, appoggiandosi ad altari, cappelle e sale affrescate, in dialogo con le antiche rappresentazioni. Le sue composizioni, caratterizzate da linee pure e dinamiche, rielaborano la scrittura come elemento artistico, andando oltre il semplice testo e creando nuove esperienze visive ed emotive. Le opere di Cima propongono una riflessione spirituale, un’interpretazione gioiosa e positiva del sacro che trascende la narrazione tradizionale. La sua arte invita a una meditazione profonda, con una fusione tra parola, geometria e spiritualità. La mostra Teografie rappresenta un incontro tra passato e presente, tra sacralità e arte contemporanea.

Cima si ispira all’innovativo approccio di Otto Bartning nell’architettura ecclesiastica, trasformando il formato della pala d’altare in uno spazio architettonico dove si esprime con un linguaggio pop che reinterpreta le avanguardie del Suprematismo, del Costruttivismo e del Neoplasticismo. Le sue composizioni sono caratterizzate da linee pure e geometriche, che creano ritmi visivi dinamici e vibranti. Le lettere, in questo contesto, non sono più soltanto segni testuali, ma elementi compositivi che evocano esperienze artistiche e culturali diversificate, dai calligrammi di Apollinaire alla typoetry, fino alle sperimentazioni di artisti come Alighiero Boetti e Robert Indiana.

Attraverso la sua ricerca, Cima supera la funzione puramente testuale della scrittura, mettendo in atto una potente fusione tra tradizione e innovazione, in grado di rendere l’arte sacra accessibile e attuale, al di fuori dei tradizionali spazi ecclesiastici. Il risultato è un linguaggio visivo forte e incisivo, che invita lo spettatore a una riflessione tanto estetica quanto spirituale.

Come sottolineano Giulio Ceppi e Angela Faravelli (Giulio Ceppi, architetto e designer, fondatore di Total Tool, docente del Politecnico di Milano; Angela Faravelli, curatrice e giornalista), nel loro commentario critico, l’arte di Cima ha anche una forte componente sociale, che guida lo spettatore a una riflessione sulla storia del cristianesimo. Il “pop” di Cima, tuttavia, non è provocatorio, ma ispirato a una visione positiva e gioiosa, una gioia che emerge dalle sue composizioni cromatiche e geometriche.

Gli autori si interrogano su quale tipo di gioia presente nell’iconografia cristiana si esprima in questa serie: quella dell’estasi, della resurrezione o dell’adorazione? Luca, l’evangelista che ha maggiormente usato il linguaggio della gioia, descrive l’incontro con Gesù come fonte di gioia, un tema centrale nel Vangelo. Papa Francesco, nell’Evangelii Gaudium, afferma che il Vangelo porta gioia perché Dio ama l’uomo e lo vuole felice di una felicità che va oltre l’effimero.

Nelle Teografie di Cima, la gioia si manifesta come un’esperienza spirituale profonda e una nuova forma di comunione. Una gioia che non è solo figurativa, ma espressa attraverso la scrittura e la geometria. Le sue opere diventano strumenti di una riflessione profonda, pur senza l’uso della narrazione tradizionale, portando a una nuova forma di rappresentazione del sacro.

Nel suo commentario teologico, Giuliano Zanchi (Direttore scientifico della Fondazione Adriano Bernareggi, Direttore della Rivista del Clero Italiano), attraverso il concetto di reductio ad litteram, esplora la dimensione spirituale dell’opera di Cima. Zanchi sottolinea come la tensione tra parola e immagine sia un tema ricorrente nell’arte sacra, radicato nella storia del cristianesimo e nelle dispute teologiche sui ruoli della Scrittura e dell’Icona. L’interpretazione di Cima, pur nella sua modernità, si connette a questa tradizione storica, proponendo una visione dell’arte sacra che trascende la rappresentazione figurativa per arrivare a una sintesi tra parola e immagine, come nel caso della pala d’altare che rinasce nel design di una parola che esprime la sua essenza.

Zanchi riflette sull’iconografia cristiana e sulla gioia spirituale che emerge dall’incontro con Cristo, un tema che permea l’opera di Cima. La sua ricerca cromatica e geometrica, infatti, si apre a una nuova dimensione di spiritualità, sublimando la realtà visibile in un’esperienza sensoriale profonda, che invita alla contemplazione e alla meditazione.

Questa mostra è un incontro tra passato e presente, tra spiritualità e arte contemporanea, che invita lo spettatore a riflettere sulla relazione tra l’arte sacra, la scrittura e la geometria, in un linguaggio visivo capace di travalicare i confini del tempo.

DANIELE CIMA

Daniele Cima (Milano, 1950) è un artista, graphic designer e art director di grande rilievo, discendente da una famiglia di illustri figure della cultura milanese. Suo nonno materno, Marino Parenti, fu un apprezzato pittore e tra gli iniziatori del Premio Letterario Bagutta, mentre gli antenati Otto e Camillo Cima furono protagonisti nella poesia, nella letteratura, nel giornalismo, nella pittura e nella caricatura milanesi, influenzando profondamente la scena culturale della città a partire dalla metà dell’Ottocento.

Cima ha sviluppato la sua carriera professionale nel mondo della pubblicità, lavorando come art director e graphic designer presso agenzie italiane e internazionali. Nel 2000 ha fondato il proprio laboratorio creativo, Officima Communication Arts, dove affianca all’attività professionale la sua esplorazione artistica, creando una fusione tra il suo passato pubblicitario e la passione per l’arte visiva.

Nel panorama grafico e pubblicitario italiano, Cima è riconosciuto come un caposcuola, noto per la sua abilità unica di coniugare rigore, sperimentazione visiva e ironica irriverenza. La sua formazione rigorosa nella grafica di scuola elvetica e la sua affinità con il razionalismo del Bauhaus si riflettono nel suo stile e nella sua continua ricerca di nuove forme e significati. Negli ultimi anni, Cima ha indirizzato la sua attenzione principalmente all’arte pura, sviluppando numerosi progetti caratterizzati da un virtuosismo grafico audace, ma anche da una forte carica emotiva.

La sua ricerca artistica si distingue per il costante superamento delle convenzioni e per l’evoluzione delle lettere come simboli, spingendole oltre il loro ruolo comunicativo e trasformandole in vere e proprie immagini evocative. Un passo importante in questa direzione è rappresentato dalla serie Teografie, un progetto che rivisita l’arte sacra trasformando le tradizionali pale d’altare in opere geometriche e tipografiche. In questa serie, le lettere non sono solo veicoli di comunicazione, ma diventano simboli spirituali che mescolano l’estetica contemporanea con la tradizione religiosa. La mostra, che sarà ospitata all’Eremo di Santa Caterina del Sasso dal 15 febbraio al 30 marzo 2025, esplora questo dialogo tra sacro e moderno, utilizzando la grafica come linguaggio per raccontare storie di spiritualità e arte visiva.

Un altro esempio significativo della sua evoluzione artistica è la serie Artphabet, ispirata ai caratteri tipografici del Bauhaus, ma con un approccio più colorato e creativo. In questa serie, le lettere non sono semplicemente strumenti di comunicazione, ma diventano vere e proprie immagini, create ricombinando forme geometriche in un alfabeto vibrante. Ogni lettera, dipinta su tela, è un’opera unica che permette all’acquirente di personalizzare e comporre parole, frasi e nomi, stimolando la fantasia e l’interazione personale con l’arte.

Tra gli altri lavori significativi, la serie Upcycled Words rappresenta un esercizio di recupero creativo, trasformando slogan pubblicitari obsoleti in nuove opere grafiche che sfidano le convenzioni commerciali. Questa collezione è stata esposta alla Triennale di Milano nel 2024, anno in cui Cima ha anche partecipato alla mostra WHY NOT? La sfida della graphic-art presso Superstudio a Milano. In entrambe le esposizioni, il suo approccio innovativo e provocatorio alla grafica e alla cultura visiva emerge con chiarezza, proponendo un’esperienza che spinge il pubblico a riflettere sulla società e sulle sue contraddizioni.

Il suo lavoro artistico, caratterizzato dall’uso vigoroso del colore e dal richiamo alla pop art, trasmette una forte energia vitale e un senso di ottimismo, confermando il suo ruolo di innovatore nel campo della grafica e dell’arte. Cima continua a esplorare il potenziale delle lettere, non solo come strumenti di comunicazione, ma anche come veicoli di emozioni e significati nuovi, facendo della sua arte un viaggio senza fine verso l’invenzione e l’irriverenza.

Nel corso della sua carriera, Cima ha ottenuto numerosi riconoscimenti per i suoi lavori, raccolti in diverse pubblicazioni: Daniele Cima. Coming Out (2021), My War Versus the Obvious (2020), Daniele Cima Art Director (2011), Altri modi di vedere un rettangolo (1999) e Cento modi di vedere un rettangolo (1995). Le sue opere sono state esposte in gallerie e eventi sia in Italia che all’estero, tra cui Città della Pieve, Ginevra (Galerie Rivoli), Londra (Polystic Children Foundation), Milano, con importanti mostre alla Triennale, Cascina Cuccagna, Spazio Mari&cò, Studio Bolzani, Superstudio, Roma (Galleria La Nuvola) e Todi.

Data:

20 Febbraio 2025