“Capitale e ideologia”, edito dall’economista francese Thomas Piketty, è un libro che sta riscuotendo successo nel mondo. Il manuale, di ben 1200 pagine, analizza con cura la situazione economica e geopolitica del globo; partendo da un passato lontano ripercorre la strada delle disuguaglianze sociali ed economiche giungendo sino ai giorni nostri. Il problema, infatti, comincia tempo fa, quando il clero domina molteplici proprietà spalleggiato dalla nobiltà e, invece, la forza lavoro è costretta a spaccarsi la schiena con il solo scopo di mantenersi. Infatti il Terzo Stato, in cui rientra quasi l’intera popolazione, rappresenta la manodopera mentre la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi (clero e nobiltà).
Non da meno è l’epoca del colonialismo e della schiavitù, in cui la questione è sempre la stessa: la ricchezza per pochi, la povertà per molti. Differentemente accade a cavallo degli anni ’60 e ’80 del Novecento, un periodo in cui la ricchezza viene redistribuita in maniera congrua e le possibilità di aumentare il proprio patrimonio sono effettivamente maggiori. Oggi, secondo Piketty, regna l’ideologia che predica e comanda secondo la logica della proprietà con una forbice tra ricchezza e povertà che si allarga sempre di più. Una tragedia non solo per l’economista ma per tutti, poiché l’unico modo per sbloccare il meccanismo della disuguaglianza è quello di rimettere in moto una economia che distribuisca in maniera efficace opportunità e ricchezze. Le ipotesi sono diverse, in primis una tassazione elevata per coloro che detengono le fette maggiori di ricchezza creando, così, una società di socialismo partecipativo.
Non a caso la Cina, dopo essersi complimentata con l’autore del libro, richiede di poter effettuare più correzioni proprio sulle descrizioni dell’operato cinese, a dimostrare che, in fondo, l’autore ha ragione. La cosiddetta Terra del Dragone, estremamente capitalista, non vuol svelare la verità ai cittadini, l’ideologia della ricchezza di pochi a tutti i costi vince su tutto. Non stavolta però, perché l’economista è deciso a sfidare la Cina pur di non cambiare neanche una parola del libro. D’altronde sarebbe una contraddizione. In definitiva, il libro cristallizza una inquietante verità: non a tutti sono date le stesse opportunità in questa vita e la ricchezza appartiene realmente a pochi.